Il Magister

Comicon Napoli. Intervista a Igort: “Il fumetto è un ponte tra culture, tra tradizione e innovazione. Voglio unire più pubblici e scoprire nuovi talenti”

Artista poliedrico, Igor Tuveri ha dedicato la vita al disegno unendo divertimento e disciplina. Viaggiatore, ha nel Giappone la sua seconda casa artistica. La sua principale qualità è quella di non smettere mai di sperimentare e imparare, aprendo la mente e la matita alle nuove frontiere del disegno. L'omaggio alla città partenopea

Interviste - di Andrea Aversa - 28 Aprile 2024

CONDIVIDI

Intervista a Igort

È passato qualche anno da quando ho visto Igort per la prima volta e di persona. Ero a cena con degli amici a Napoli. Lui sedeva a un tavolo dello stesso locale. A fargli compagnia un docente dell’Università Federico II di Napoli che conoscevo. Anni prima avevo seguito un suo corso e sostenuto l’esame. Erano i giorni di una vecchia edizione del Comicon, rassegna dedicata al fumetto (e non solo) che da ormai 20 anni ha raggiunto una grande notorietà. E stando ai numeri, la kermesse non ha deluso le aspettative neanche quest’anno. Allora non ebbi il ‘coraggio’ di avvicinarmi al Maestro. Non volevo disturbarlo. Posso dire che oggi ho chiuso il cerchio. In occasione di quest’ultima edizione del Comicon, ho avuto il piacere di intervistare Igor Tuveri per l’Unità. Il Magister della manifestazione è stato molto disponibile ed ha dedicato un pò del suo tempo alla stampa.

Igort Tuveri, in arte Igort: il Magister del Comicon 2024

Mi sento un ambasciatore – ha detto Igort riferendosi al ruolo che gli organizzatori dell’evento gli hanno conferito – Il mio obiettivo, oltre che continuare a disegnare, è quello di fare un pò da scout. Cercare di individuare e promuovere dei nuovi e giovani artisti. Il fumetto è un’arte e quindi deve far incontrare culture diverse, la tradizione e l’innovazione e unire pubblici diversi. La creatività non è mai statica, anzi. Qui al Comicon, oltre che avere l’opportunità di svelare me stesso attraverso una mostra tematica, posso svolgere questa sorta di ‘missione’. È una responsabilità che sento di avere. E non è un caso che uno degli incontri che ho organizzato si chiama ‘5 rotte possibili del fumetto contemporaneo’. Vi parteciperanno nuovi e talentuosi autori esponenti di un genere punk e visionario“.

Intervista a Igort al Comicon a Napoli

E l’entusiasmo e l’energia con le quali Igort ha dato impulso a questo suo ruolo, sono state la più sincera dimostrazione di come dalle parole si deve passare ai fatti. L’artista, ‘star’ insieme ad altri autori presso lo stand Oblomov (la seconda casa editrice fondata da Tuveri), si è sempre mosso col sorriso. Non si è mai negato al pubblico ed è sembrato felice della ‘fatica’ che un evento del genere comporta. Ad aiutarlo, forse, l’energia di una città come Napoli. “È un luogo per me molto forte – ha spiegato Igortio vengo qua a fare anche musica perché lavoro con produttori e musicisti napoletani. I miei amici partenopei mi prendevano in giro perché io dopo tre giorni devo andare via perché mi gira la testa. Sento tutta la stratificazione, anche la sovrapposizione di culture che qua è fortissima. Questo per me è, a dispetto dell’idea del cliché di Napoli come città violenta o città distrutta, un regno di cultura, cioè io io li vedo i miei amici musicisti o teatranti che sono duchi, principi, lo vedo come si parlano tra di loro c’è un’aristocrazia del pensiero.

Il rapporto tra Igort e Napoli

Della musica non ne parliamo neanche, però – voglio dire – è proprio questa per me la sfida: venire qua a lavorare con i napoletani, perché sono bravissimi e anche ‘pazzi’. I miei amici musicisti sono estremamente coraggiosi nelle soluzioni, tanto che io a volte devo frenarli. Poi, vabbè, una cosa che dico sempre, è la grazia con la quale questa città affronta il dolore. Questa cosa non smetterà mai di commuovermi. C’è una vera e propria gentilezza. Napoli, poi è una città piena di poesia, non voglio entrare nelle cose che rischiano la retorica. E sono sempre sorpreso, continuamente sorpreso da questa città. Faccio un esempio, stavamo facendo le riprese del film (5 è il numero perfettondr) e sono andato a informarmi, c’era una casa vicino Porta Nolana che volevo prendere. Gli amici dicevano che c’era la puzza di pesce, non la puoi prendere, sei pazzo. Ma c’era quell’aria, quasi sospesa e io veramente ci vivrei. Napoli è una città accogliente, è la risposta migliore e più naturale a tutti questi proclami di separazione, di distanza, di differenziazione per la sua storia. Ci sono degli scrittori pazzeschi che hanno raccontato la città in una maniera che non è mai cartolinesca.

Quando io ho fatto ‘5 è il numero perfetto’ che per me era un omaggio, l’ho cominciato a scrivere in Giappone, ho detto ma dove lo posso ambientare questa storia? Io vedevo l’Italia da fuori, stando in Giappone da tanto tempo, abitando lì e lavorando con i giapponesi, capivo che cosa loro pensavano di noi e quando io ho scritto questa storia e l’ho cominciata a realizzare, è emerso il paradosso di come tradurre il dialetto napoletano in inglese. Come tradurlo senza stravolgerne il senso? Perché il napoletano è una lingua. Napoli è una città-isola. Ha la sua cultura, la sua lingua, i suoi principi, i suoi duchi, la sua nobiltà, la sua aristocrazia culturale e non gliene frega niente del resto. E questa è la forza di Napoli.

Qui tramite l’arte è possibile raccontare i problemi, il dolore, la sofferenza. Ecco, questa città è piena di dolore. Quando andavo a girare le riprese al Cavone, mi rendevo conto di che tipo di zona fosse. Ed io ho scelto con criterio le ambientazioni perché volevo raccontarla questa città e non in una maniera pittoresca. Io volevo che venisse fuori anche la bellezza, ma anche la durezza di Napoli. E abbiamo avuto un’accoglienza incredibile. Eppure molte scene sono state girate di notte. Ed io vedevo le persone affacciate al balcone che guardavano con curiosità cosa stessimo facendo. Con un garbo che non finirà mai di commuovermi. Napoli ha una grazia che si vede, si sente. Non è necessario essere un mostro di sensibilità, basta aprire gli occhi, basta vedere. Certo, poi ci sono certe parti della città che sono semi distrutte. Mi fa male vederle così. Per questo capisco anche quei miei amici che vorrebbero andarsene. Non è sempre facile vivere così.

Igort tra cinema e fumetto

Disegnatore, autore, sceneggiatore, regista, musicista, designer (ha realizzato uno degli Swatch più venduti di sempre), direttore artistico ed editoriale, fondatore di due case editrici, curatore e organizzatore di mostre, primo occidentale ad aver realizzato un manga in Giappone. Igort è un’artista poliedrico. Tuttavia, il fumetto è la sua vita. L’espressione d’arte che più lo rende libero, dove può esprimere, con studio e disciplina, la sua passione con autonomia e indipendenza.  “Il cinema è una grande orchestra. Però a me piace anche molto la musica da camera – ha affermato il MagisterQuindi il fumetto nel suo piccolo mi dà la possibilità del controllo…Io mi alzo la mattina, voglio raccontare la storia ambientata a Hong Kong nel 1939. Studio e disegno. Non devo chiedere il permesso a nessuno. Se lo voglio fare nel cinema, cominciano a dirmi, ma perché 1939? E perché Hong Kong? E perché non lo fai in Sardegna? Tu sei sardo? A me me l’hanno detto. Tu sei sardo? Perché non racconti la Sardegna? Perché non me ne frega niente. Cioè, la realtà non è quella, come diceva Madame Bovary. Cioè, lo scrittore è un maschio, però Madame Bovary è lui. Cioè, cosa vuol dire? Che il linguaggio è metafora. Non puoi pensare che perché sei sardo devi raccontare la realtà sarda“.

Igort: un artista poliedrico

E come si riesce ad essere così versatili e creativi, rispetto ai diversi genere artistici? “Mio padre era un compositore – ha dichiarato Igortquindi io ci sono cresciuto in mezzo alla musica. A nove anni lui mi faceva ascoltare i Wiener, i Berliner, l’orchestra filarmonica di Roma, eccetera. Mi faceva sentire tutte le differenze di tocco. I Wiener sono più dolci, i Berliner sono più teutoni. Poi i vari direttori, Toscanini, Furtwangler, Karajan. Quindi sono cresciuto con questa idea. Poi che cosa cercano scrittori, pittori, compositori? Due cose molto semplici. Ritmo e profondità. Punto. Un quadro deve avere un ritmo visivo e la profondità. La steppa, che cos’è? Un fluire continuo. Qualunque scrittore, Stephen King per esempio è ossessionato dall’idea della profondità, di riuscire a raccontare un quadro in tutta la sua prospettiva. La musica, il ritmo e la profondità del suono è quello che tu fai quando mixi, cerchi la dinamica, cerchi gli ambienti. Le regole sono le stesse, ma voglio dire senza tornare indietro ai rinascimentali. Pasolini che cos’era? Pasolini era un poeta, un romanziere e un cineasta e disegnava pure.

Fellini che cosa era? Fellini disegnava per il Marco Aurelio, era un disegnatore, un caricaturista, faceva fumetti, poi si è messo a fare cinema e il disegno l’ha accompagnato sempre. Lui cercava i personaggi, si inventava i personaggi e poi cercava gli attori che somigliassero a quei disegni. In realtà è normale, cioè è naturale per qualcuno che fa le cose, giocare con questi segni. Poi, certo, bisogna studiare perché devi imparare la notazione musicale sennò quell’alfabeto resta solo delle palline, esattamente come delle formichine su un foglio. Però secondo me è fondamentale ogni giorno darsi una disciplina, io studio tutti i giorni, studio e gioco tutti i giorni.

Il fumetto: futuro e prospettive secondo Igort

E a proposito delle 5 rotte possibili del fumetto contemporaneo, ha cercato di spiegare quali sono – secondo lui – queste direzioni: “Oggi sta ritornando un contesto sperimentale di grande interesse da parte dei lettori nei confronti di un fumetto, di una narrazione non canonica, non convenzionale. Credo che oggi abbiamo una realtà molto complessa, che all’epoca era una impegnata, in cui bisognava che tutti noi cercassimo di trovare un… un impegno reale, no? Cultura, studiare, conoscere, aprire la testa. Musica sperimentale degli anni tedeschi, no? Gli anni ’70 tedeschi, arriva il krautrock, cioè erano tutte cose completamente diverse, completamente nuove. Oggi ci sono serie televisive che hanno una complessità incredibile dal punto di vista narrativo. Arrivano le serie manga che vendono, cioè One Piece è il fumetto più venduto di sempre. Fatto da un autore unico, 520 milioni di copie vendute, una trama molto articolata, un autore che si porta una saga dietro per 25 anni e che pubblica regolarmente vuol dire creare dei miti.

Credo che questi lettori che vengono fuori con questi stimoli siano poi disponibili, così come lo ero io quando avevo dodici, tredici anni. Leggevo i supereroi poi ho visto arrivare Alterlinus e improvvisamente ho capito che esisteva un altro modo di raccontare che poteva essere più adulto, più complesso che poteva contenere elementi che non erano solo quelli quasi così giocosi del mondo degli eroi in calzamaglia. Ho capito che è possibile raccontare anche il malessere di un adolescente.

‘Numbers’: la prossima opera di Igort (già in corso)

Numbers è pubblicato sulle pagine di AlterLinus. Sono tre i capitoli che ho già pubblicato. Sto facendo un libro che uscirà entro l’anno, è il primo volume di una trilogia in cui racconto Hong Kong nel 1939, quindi ci sono le prime scintille di una cosa che poi diventerà la seconda guerra mondiale. È una storia dedicata a Hugo Pratt, è la mia sfida di recuperare il fumetto storico, è una delle cose che noto e che va sottolineato rispetto al fumetto di oggi. Come mai non si fa più tanto il fumetto storico? Per quello che dicevamo prima. Perché bisogna studiare. Io ho i libri sulla storia della Cina, per sapere che c’era la guerra interna tra i rivoluzionari e i conservatori che lacerava il Paese, che c’erano le concessioni, che Shanghai era divisa, concessione francese, concessione internazionale, che i giapponesi imvadevano la Manciuria, facevano lo stato fantoccio del Manchukuo.

E se tu parli del fatto che questo ispettore di Hong Kong è malinconico e sogna di mangiare il maiale brasato alla maniera di Shanghai, tu devi sapere come si fa il maiale brasato alla maniera di Shanghai, devi sapere che esiste, no? E quella cosa lì è il frutto di molto lavoro, perché se poi racconti soltanto la tua pancia, ti guardi e scrivi oggi sono andato alla posta, eccetera. Che non è una critica al fumetto autobiografico, genere importantissimo e fondamentale per demolire il fumetto borghese, però bisogna anche sapere dove siamo. Io ad esempio, sono contrario all’idea di deconizzare Corto Maltese e ci sono alcuni che pensano che oggi siamo lì, cioè sulla decostruzione del mito? No, eravamo alla decostruzione del mito negli anni ’90, oggi siamo nel 2024“.

Comicon Napoli: il video dell’intervista a Igort

28 Aprile 2024

Condividi l'articolo