Dopo il pfizergate
Ursula von der Leyen scaricata da Vox e dai polacchi, Meloni non sa che fare
Travolta dallo scandalo Covid, von der Leyen perde il sostegno di Vox e dei polacchi del Pis, tra le raffiche nemiche del gruppo Salvini
Politica - di David Romoli
Oggi la Camera vota la mozione di sfiducia contro la ministra Santanché presentata dal M5s ma sottoscritta ieri anche dal Pd. Subito dopo, sempre a Montecitorio, sarà il turno di quella presentata da Azione contro Salvini per tutt’altri motivi: l’accordo del 2017 con Russia Unita.
La Lega sostiene che quella collaborazione è finita automaticamente con l’invasione dell’Ucraina: “I propositi di collaborazione non hanno più valore dopo l’invasione”. Azione, per bocca di Richetti afferma invece che, non essendo stata formalmente denunciata con apposito documento, l’intesa ancora esiste e pertanto conferma la mozione che sarà votata anche da Pd e 5S.
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Solo Iv, dagli spalti dell’opposizione, non voterà né contro la ministra del Turismo né contro il vicepremier. Entrambe le mozioni saranno respinte: il solo senso politico dell’operazione è creare una nuova testa di ponte comune per tutte le opposizioni, a eccezione di Iv.
Ma la notizia, per Giorgia Meloni, è rassicurante solo in parte. Perché il problema Santanché esiste a prescindere dal voto dell’aula e dopo le europee la premier dovrà decidersi a risolverlo. La suggestione di un maxirimpasto che permetta di sostituire la ministra più scomoda nella confusione di un valzer delle poltrone generale nasce anche da qui ma per ora si tratta solo di una suggestione.
La presidente si libererebbe di un paio di presenze che non le piacciono più, oltre a Danielona anche Nordio, ma in compenso si troverebbe alle prese con una marea di problemi, resistenze e appetiti: l’idea di spedire a Strasburgo Giorgetti per fare posto al viceministro targato FdI Leo, per esempio, è facile dirsi ma difficilissima a realizzarsi senza contare l’accordo che c’è sempre stato tra il ministro dell’Economia e la premier.
Tutto è sempre possibile ma probabile proprio. Solo che lasciando tutto com’è resterebbe la spina Santanché, dal momento che la diretta interessata a togliersi di mezzo al momento non ci pensa per niente.
I guai di casa non sono gli unici per la premier. La sua alleanza di ferro con Ursula von der Leyen è diventata un problema serio. I radicali di Identità e Democrazia, con la Lega in testa, non perdono occasione per bersagliare la presidente ricandidata e così direttamente anche Giorgia.
Ma anche nel gruppo dei Conservatori europei, Ecr, sono in pochi quelli disposti ad appoggiare la presidente uscente: gli spagnoli di Vox si sfilano, i polacchi del Pis, che pure la avevano appoggiata a differenza di FdI nel 2019 pure. Il sostegno rischia inoltre di somigliare ogni giorno di più a una puntata azzardata sulla carta perdente.
Il caso dei messaggi tra la presidente europea e l’allora ad di Pfitzer Albert Bourla durante le trattative per l’acquisto dei vaccini contro il Covid, sollevato dal New York Times, non accenna a sgonfiarsi.
Il quotidiano aveva citato già nel 2023 la Commissione europea di fronte alla Corte di giustizia europea per non aver reso noti quei messaggi e in generale la trattativa che portò a una maggiorazione del prezzo dei vaccini nell’ordine del 25%.
È possibile che le decisioni della Corte portino a sviluppi tali da stroncare la candidature von der Leyen, da una parte cospicua dello stesso Ppe, il partito di Ursula, ma in ogni caso la vicenda rende ancora più difficile una marcia già molto difficoltosa e sofferta.
La strada per sfilarsi, per Meloni, potrebbe passare per l’indicazione del candidato dei Conservatori, soprattutto se sarà come la premier si augura Raffaele Fitto, sempre che riesca a vincere le resistenze del Pis polacco che considera Fitto, e in generale FdI, troppo vicino a von der Leyen.
Ma una carta alternativa alla presidente uscente Giorgia Meloni, che sulla partita europea ha scommesso moltissimo, per ora non ce l’ha. Ma due nomi italiani potrebbero offrirle la via d’uscita: uno è quello sussurrato da mesi ma mai messo apertamente in campo di Mario Draghi. L’altro, classico coniglio che potrebbe saltare fuori dal cilindro al momento giusto, è Antonio Tajani. E a quel punto anche il rimpasto in casa diventerebbe molto più facile.