Il nuovo raid e lo sdegno
Sette morti fanno infuriare il mondo, ma ce ne sono altri 30mila…
L’esercito israeliano ha raso al suolo ospedali e chiese, scuole e rifugi, ha impedito i soccorsi, ha bloccato gli aiuti umanitari e l’arrivo di medicine. Altre 15 mila persone sono state messe a morte dai bombardamenti. E non si è vista l’ondata di sdegno.
Editoriali - di Piero Sansonetti
L’esercito israeliano ha attaccato con tre missili e probabilmente anche con colpi di mitraglia un gruppo di operatori umanitari che appartenevano ad una Ong americana. Ne ha uccisi sette. Di varie nazionalità. Quasi tutti occidentali. Stavano distribuendo cibo ai profughi palestinesi che in questi giorni rischiano la vita assaliti dal cielo dalle bombe e dalla terra dalla fame.
Tutti i paesi occidentali hanno protestato. Londra ha convocato l’ambasciatore israeliano per avere chiarimenti. I giornali di tutto il mondo ieri hanno tenuto la notizia nei titoli di testa delle edizioni online. Il governo israeliano si è giustificato sostenendo che si sia trattato di un incidente, di un errore.
Parla di sfortuna. In che consiste la sfortuna? Hanno mirato contro un gruppo di persone che distribuivano cibo. Forse non sapevano che erano americani ma sapevano che distribuivano cibo. I testimoni dicono di aver visto i corpi dei sette operatori uccisi ancora integri. Colpiti alla testa e al bacino da tiri di precisione. Non da missili che li avrebbero spappolati.
Gli operatori avevano il giubbotto antiproiettile e i colpi sono arrivati in modo da non colpire il giubbetto. se è così volevano colpire proprio loro. È un’azione gravissima. E il governo Israeliano se ne è accorto. E sta tentando di correre ai ripari. Colpisce la ferocia dell’episodio.
Perché uccidere, forse deliberatamente, gli operatori umanitari è un crimine di guerra di inaudita gravità. C’è da dire, sommessamente e non per fare polemica ma per registrare, che non è la prima volta che vengono colpiti operatori umanitari. Ne sono stati già uccisi 197.
Di solito operatori non occidentali. Perciò colpisce anche la sproporzione tra l’ondata di sdegno che si è levata, fortunatamente, stavolta – e anche l’inedita richiesta di scuse di Gerusalemme – e i lunghissimi silenzi dei giorni, delle settimane e dei mesi scorsi.
L’esercito israeliano ha raso al suolo ospedali e chiese, scuole e rifugi, ha spianato una città, ha impedito i soccorsi, ha bloccato gli aiuti umanitari e l’arrivo di medicine. A Gaza i bambini vengono operati senza anestesia. I bambini? Si, quelli che sono sopravvissuti perché circa 15 mila sono stati uccisi.
Altre 15 mila persone, nella stragrande maggioranza civili, sono state messe a morte dai bombardamenti. E non si è vista l’ondata di sdegno. Se nelle città italiane, o inglesi, o americane, sfilano cortei contro Netanyahu i nostri mezzi di informazione parlano di antisemitismo. C’è stato più sdegno per una bandiera israeliana bruciata che per migliaia di ragazzi bruciati dal fuoco delle bombe.
Noi salutiamo con sollievo questa indignazione per l’esecuzione criminale di sette eroici ragazzi delle Ong trucidati dall’esercito israeliano. Questo sdegno è una cosa buona. Non è buono il ritardo. Ci piacerebbe molto se capissimo che la morte o il pianto di un bambino palestinese vale come il pianto o la morte di un occidentale.