Il fenomeno social

Serena Brancale: “Baccalà” è il tormentone della Liberato levantina, altro che Sanremo: “Mi ha aiutata Pino Daniele”

È diventata una vera e propria hit la canzone in barese della cantante e polistrumentista barese. "E chi se l'aspettava, è come una macchia d'olio che si allarga". L'esperienza a Sanremo, i complimenti di Quincy Jones, l'incontro con Dropkick. "La zia" è il nuovo pezzo dell'artista, presto in tour

Spettacoli - di Antonio Lamorte - 22 Marzo 2024

CONDIVIDI

FOTO DA INSTAGRAM (Serena Brancale)
FOTO DA INSTAGRAM (Serena Brancale)

Quante donne che lo stanno cucinando: quante mgghier che lo stanno suonando, ballando, postando, condividendo, reelando, storiezzando. Serena Brancale un pochino se lo aspettava che Baccalà potesse funzionare: ma un pochino, non così tanto. Lo aveva diffuso al momento sbagliato, all’orario sbagliato. Con un po’ di snobismo, ci ha confidato. È diventato un fenomeno social, un tormentone che suona ovunque. “E chi se l’aspettava. Ogni giorno ricevo più feedback, è come una macchia d’olio che si allarga”. Filastrocca elettronica, in barese stretto e verace. Una hit breve, one shot, un istant classic. Quasi un gioco – funny music, la chiamano alcuni: qualcosa che arriva sull’orlo del trash senza caderci dentro – ma: quanta esperienza, quanto tempo ci vuole per imparare a giocare?

Chi è Serena Brancale

“Il mio primo ricordo della musica: c’è mia madre, nella sua scuola di musica. Mi portava alle prove dei cori. E mia sorella, pianista classica che a casa suonava Rachmaninov”. Barese, classe 1989, Brancale ha cominciato con il violino che aveva sei anni. Dalla musica al palcoscenico: teatro e cinema, nel 2003 una parte nel film Mio cognato di Alessandro Piva con Sergio Rubini e Luigi Lo Cascio. Quando è tornata alla musica ha cominciato a esibirsi un po’ ovunque. “Ai matrimoni cantavo At last, If I aint’ got you, Don’t you worry ‘bout a thing”. Il suo verbo sono il jazz, il nu soul, l’r’n’b. Si è laureata al conservatorio Luisa D’Annunzio di Pescara in canto jazz.

Prima di “U’baccalà”

Simona Ventura, all’epoca coach del talent-show, la eliminò ai provini di X-Factor nel 2009. “Delusa, ma tornai a casa e mi rimisi a studiare”. All’Ariston nel 2015, in un’edizione del Festival di Sanremo diretta da Carlo Conti, riuscì a esibirsi soltanto una volta nel torneo delle Nuove Proposte. “Fui eliminata da Giovanni Caccamo, che poi vinse”. Non bucò lo schermo né l’attenzione del grande pubblico. “Ma era tutto un altro Sanremo, è cambiato tutto”. Galleggiare era un pezzo molto classico, così come molto composto era l’album (Warner Music Italia) omonimo, l’esordio da solista. Jazz con venature soul. Qualche anno dopo il secondo disco: Vita da artista, dopo il passaggio a Isola degli Artisti, più colorato e sfrenato.

Je sò accussì, 2022, è un disco più consapevole: le idee chiare, i testi dritti al punto. È anche un omaggio a Pino Daniele, uno dei suoi punti di riferimento con Alicia Keys ed Erykah Badu. “È stato lui, la sua musica, a darmi la forza di scrivere in barese, di sperimentare e marcare questo carattere. Lui lo faceva nel suo modo geniale con il napoletano. Cerco di imitarlo. Anche le Faraualla sono state decisive sotto questo aspetto”. Già prima della sua partecipazione a Sanremo aveva scritto Sta uagnedd’, che ancora oggi canta. “Con il dialetto posso dire le parolacce: in italiano non sono belle. E invece in dialetto sono quasi patrimonio culturale. Anna Magnani lo cantava, Pasolini lo scriveva in Ragazzi di vita. Funziona”. Donna intanto aggiungeva una sfumatura impegnata: “Un omaggio alle donne semplici, a quelle che si prendono cura della casa e della famiglia, e al mondo del Pride, cui sono molto legata e che mi appartiene”.

Dopo di “Baccalà”

Dropkcik è il nome d’arte di Massimiliano Marchio, romano. È batterista, specializzato in MPC, la finger drum. “Cercavo un batterista per il mio nuovo progetto, ha presente quando si dice che il cellulare ci ascolta? Su Instagram mi è uscito lui, l’ho contattato per chiedergli di prendere un caffè e di collaborare”. Le parole di Baccalà erano già pronte. Le aveva scritte tempo prima sul cellulare in treno dopo che gli amici Emanuele Triglia, bassista, e Federico Romeo, batterista, gli avevano detto di fare qualcosa su questo pezzo che stava spaccando su Tiktok, Baile funk. Per due giorni non ha cantato altro.

 

Due giorni dopo l’incontro con Dropkick il pezzo era pronto. “Quasi mi imbarazzavo a registrare: troppo esplicito, troppo volgare. Con Dropkick è cambiato tutto, suona da dio. L’ho postato in un orario sbagliato e in pochissimo tempo ha fatto numeri assurdi”. Il video postato il primo febbraio ha fatto più di cinque milioni di views su Tiktok. Qualche giorno dopo un nuovo video davanti al Teatro Margherita. Il pezzo è diventato un vero tormentone senza radio, certo grazie ai social, altro che quelli di Sanremo. Suona nei club e nelle discoteche. E ha inaugurato un filone: La zia è stato appena pubblicato. Più elaborato di Baccalà. E più mediterraneo, più arabeggiante.

“La zia” di Serena Brancale

La zia “non è una persona specifica, è la classica donna barese che mi piace immaginare: che porta da mangiare ai bambini gli involtini di carne, gli ngummridd. Questa zia buona, che cucina ma che la sera ha un lato oscuro perché spaccia, una zia che è anche un boss dei maschi”. Un racconto vero, popolare, quasi neorealista. Brancale dice che la zia potrebbe essere di Japigia, periferia sud-est di Bari. Nel video compaiono trulli e signore che fanno la pasta fatta a mano. Un immaginario molto pugliese, da Liberato levantina. “Ma senza maschera”.

Quando il mito della black music Quincy Jones jr. le fece i complimenti per il suo ultimo album, pensava che Serena Brancale cantasse in napoletano. E invece no: è barese. E sta funzionando parecchio anche oltre la Puglia. È sorprendente l’imprevedibilità delle traiettorie: come dopo tanta gavetta, esperienza, studio, X-Factor e Sanremo, album e i complimenti di Quincy Jones il successo possa arrivare da una filastrocca elettronica lanciata sui social al momento sbagliato. “Non ho paura che il successo di Baccalà possa offuscare il resto della mia carriera. Il canto jazz, la ballad, il nu soul sono parte di me. Sono cresciuta con quella musica”. Ci sarà tutto nei concerti che Brancale porterà in tour con il suo nuovo gruppo. Il 27 settembre sarà alla Sala Santa Cecilia dell’Auditorium Parco della Musica di Roma, il resto del Baccalà on tour è ancora da definire. “L’album nuovo è pronto, in tour riproporremo Je sò accussì con i nuovi singoli, in una veste più da club“.

 

22 Marzo 2024

Condividi l'articolo