Salvare vite non è reato
Processo Iuventa, crollano le accuse contro le Ong: storia di un flop tra giornalisti intercettati, spie e dossieraggi
Giustizia - di Carmine Di Niro
Un fallimento colossale. Si conclude con una richiesta al Gup di “non luogo a procedere” da parte della Procura di Trapani nei confronti di tutti gli imputati,perché “il fatto non costituisce reato“, il processo Iuventa, dal nome della nave della Ong tedesca Jugend Rettet sequestrata nel lontano 2017.
L’imbarcazione venne sottoposta a sequestro il 2 agosto 2017 su richiesta della Procura di Trapani: nell’indagine finiranno 21 persone, l’accusa era di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Imbarcazione che, alla luce della decisione odierna, sarà restituita alla Ong tedesca: nel frattempo l’imbarcazione è rimasta, abbandonata, nel porto di Trapani.
L’indagine non riguardava la sola Iuventa, ma anche le Ong Medici Senza Frontiere (MSF) e Save the Children, a loro volte accusate di collusione con i trafficanti.
La sentenza del processo, dopo le arringhe dei legali di parte civile e della difesa, è atteso per il 2 marzo. Il Ministero degli Interni, che si era costituito parte civile, si è rimesso alla decisione del gup, che si è riservato la decisione.
L’inchiesta “anomala” su Iuventa e le Ong
Una indagine durata quattro anni, costata milioni di euro e che ha visto metodi quantomeno “anomali”. A partire dalla scelta della Procura di Trapani di valorizzare le testimonianze inattendibili dei presunti testimoni chiave dell’accusa, secondo cui i soccorritori della Iuventa si sarebbero accordati con i trafficanti in Libia per imbarcare migranti e “condurre in Italia sempre più persone in modo da mantenere la visibilità mediatica e ricevere più donazioni”.
A sostegno di questa tesi la polizia pubblicò video e audio che avrebbero dovuto documentare la collaborazione con gli scafisti e violazioni del diritto del mare, con tre imbarcazioni restituite ai trafficanti nella giornata del 26 giugno 2017 e un dialogo con i trafficanti che poi si sarebbero allontanati a bordo della propria imbarcazione rivolgendo un gesto di saluto verso la nave. Tesi questa negata dalla Ong tedesca e smontata da una inchiesta della Forensic Architecture dell’Università di Londra.
Nel corso dell’inchiesta verranno inoltre intercettati giornalisti e avvocati, tra cui il reporter di Radio Radicale Sergio Scandura, tra i massimi esperti italiani sul tema di immigrazione, e Nancy Porsia, giornalista esperta di Libia, quest’ultima anche durante le telefonate con il proprio legale Alessandra Ballerini. Nelle carte dell’inchiesta di Trapani appaiono infatti nomi di fonti, contatti, rapporti personali, dati che il codice di procedura penale tutela come segreto professionale.
I testimoni chiave “spie” a bordo
Quindi il ruolo dei testimoni chiave della Procura, ovvero gli ex poliziotti Floriana Ballestra e Pietro Gallo. I due erano impiegati dalla Imi Security Service, una società di sicurezza privata ingaggiata per svolgere servizio sulla nave Vos Hestia noleggiata dalla Ong Save the Children.
Gallo tra il 2016 e il 2017 fornì informazioni e dossier sulle ong ai servizi segreti e allo staff di Matteo Salvini. In particolare l’ex poliziotto scrisse allo staff di Salvini e Alessandro Di Battista, all’epoca dirigente apicale del Movimento 5 Stelle, mentre Ballestra, rimasta a terra, inviò una relazione lunga una decina di pagine al Dipartimento di Informazioni sulla Sicurezza, cioè i servizi segreti.
Gallo, Ballestra e un terzo ex poliziotto, Lucio Montanino, accusavano le Ong di essere coinvolti in episodio sospetti. Le accuse più gravi era rivolte proprio alla Iuventa, la nave della Ong Jugend Rettet: i suoi attivisti sarebbero stati in combutta con i trafficanti libici, aiutandoli a trasferire i migranti dalle loro imbarcazioni di fortuna alla nave.
Al Fatto Quotidiano in una intervista del 2019 Gallo si dirà “dispiaciuto” e “pentito” per il ruolo avuto nella creazione sul cosiddetto “scandalo ong”, cavalcato dalla destra e dai 5 Stelle per attaccare le organizzazioni non governative impegnate nei salvataggi di migranti nel Mediterraneo.
La Procura si affiderà in toto alle loro testimonianze nonostante i curricula: Ballestra terminerà la sua carriera in polizia il licenziamento per motivi disciplinari e negli stessi giorni in cui consegnava il dossier a Salvini, il 27 febbraio 2017, Ballestra inviò il suo curriculum al braccio destro del segretario della Lega, Edoardo Rixi, ma non ne ottenne nulla.
“Nella sua memoria, l’accusa ha ammesso la mancanza di credibilità dei principali testimoni e l’assenza di prove che dimostrino l’esistenza di un illecito da parte degli imputati. – si legge in una nota della Iuventa – L’accusa ha osservato che l’udienza preliminare ha fornito ulteriori prove e informazioni rispetto a quelle precedentemente ottenute“. “Sebbene sollevati, gli imputati – prosegue la nota – hanno espresso sconcerto per quella che definiscono un’incapacità dell’accusa. Prove cruciali, come i dubbi sulla credibilità dei testimoni dei pm, avrebbero dovuto essere affrontate durante la fase investigativa, non durante il procedimento preliminare“.