La decisione sull'estradizione
Chi è Julian Assange, fondatore di Wikileaks e perché il suo caso è come quello di Navalny
Se i giudici inglesi decideranno per l’estradizione, Assange sarà consegnato alle autorità americane che intendono fargli scontare 175 anni di prigione, che probabilmente saranno molto meno, per le sue pessime condizioni di salute e, se richiuso ancora in una cella, morirà in fretta.
Editoriali - di Piero Sansonetti
Oggi due giudici inglesi stabiliranno che cosa fare di Julian Assange. Non è una scelta leggera. Bisogna decidere tra la vita e la morte di questo giornalista, e anche tra la conferma del diritto o l’annientamento del diritto e il suo sacrificio alla ragion di Stato.
Il caso di Assange assomiglia moltissimo al caso Navalny. Per ora l’unica differenza – importantissima – è che Assange è ancora vivo e Navalny è stato ucciso. Ma questa distinzione potrebbe svanire nei prossimi mesi se i giudici inglesi decideranno di dare il via libera all’estradizione chiesta dagli Stati Uniti. Assange, come Navalny, è innocente. Assange, come Navalny, è stato per anni torturato in carcere. Assange, come Navalny, è un simbolo di dissenso, coraggio e libertà.
Se i giudici inglesi decideranno per l’estradizione, il giornalista Assange (australiano) sarà consegnato alle autorità americane che intendono fargli scontare 175 anni di prigione, che poi probabilmente saranno molto meno, per la semplice ragione che Assange è in pessime condizioni di salute e probabilmente, se richiuso ancora in una cella, morirà in fretta.
Purtroppo in Occidente le mobilitazioni in difesa di Assange, e di denuncia della barbarie giuridica inventata dagli americani e avallata finora dagli inglesi, sono molto deboli. Le opinioni pubbliche, e i governi, si mostrano rassegnati a subire in silenzio l’atto di sopraffazione americano.
Julian Assange è il fondatore di Wikileaks. E Wikileaks diversi anni fa entrò in possesso e pubblicò molti documento segreti, nei quali si violava probabilmente la riservatezza nella vita privata di diversi esponenti dell’establishment degli Stati Uniti, ma si rivelavano anche scenari non conosciuti sulle atrocità commesse dall’esercito americano in Iraq e in Afghanistan.
Il governo e la giustizia americani reagirono con furia, denunciando Assange e processandolo per spionaggio. Giungendo alla mostruosa condanna a 175 anni, che suona come una condanna spietata per tutto il giornalismo mondiale. Per la libertà di stampa.
Assange si è rifugiato per diversi anni nell’ambasciata equadoregna a Londra. Poi è stato arrestato e portato in una prigione inglese nella quale vive da 5 anni in una piccola cella di 6 metri quadrati. Ha 52 anni, ha subito un infarto e altre varie patologie mentre era detenuto. Sua moglie si sta battendo in tutti i modi per salvargli la vita.
La speranza è che i due giudici chiamati a decidere, dopo che molti altri loro colleghi hanno dato il via libera all’estradizione, siano colpiti da un barlume di coscienza e di rispetto per il diritto. E chiudano le porte in faccia a Washington. Altrimenti poi sarà complicato spiegare la differenza tra i giudici americani e inglesi e quelli russi.