La manifestazione a Roma

Autonomia differenziata, De Luca assalta Roma e insulta Meloni

Infuriati per i fondi azzerati e l’autonomia i manifestanti assaltano il ministero. “Pensi a lavorare”, è l’attacco di Meloni. Ma il governatore risponde a muso duro

Politica - di David Romoli

17 Febbraio 2024 alle 15:00

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Autonomia differenziata, De Luca assalta Roma e insulta Meloni

Contro l’autonomia differenziata, contro i tagli per il sud del Fondo coesione e sviluppo, contro Giorgia Meloni, contro la polizia che ferma la sua manifestazione sulla porta del ministero della Coesione, a palazzo Chigi. Ma anche, forse soprattutto, contro la sua pochissimo stimata segretaria Elly Schlein.

Vincenzo De Luca dà spettacolo e quanto a senso della scena si sa che il governatore della Campania non è secondo a nessuno. La sua manifestazione dei sindaci campani a Roma è un successone: sono arrivati a decine, incluso Clemente Mastella, primo cittadino di Benevento.

Manca all’appello il sindaco più importante, Manfredi di Napoli, perché si considera, parole sue, “uomo del dialogo”, e diserta la piazza anche il sindaco di Avellino Festa, ma entrambi si fanno rappresentare da un delegato e per Napoli arriva l’assessora Armato, il cui feeling col governatore è senza ombre.

Riempiono via del Corso, chiedono invano di essere ricevuti da qualcuno alla Coesione e di fronte al rifiuto un po’ provano a forzare. La polizia fa muro, De Luca fa il martire: “Ci dovere caricare. Ci dovete uccidere”: sceneggiata salernitana. “Al ministero non c’era nessuno: tutti stakanovisti” ironizzerà poi il presidente della Campania, soddisfattissimo, in Transatlantico.

Ma le scintille sprizzano a distanza tra lui e la premier, in Calabria proprio con Fitto. La informano dell’attacco di De Luca,Meloni deve chiedere scusa perché i Fondi di coesione erano destinati in primo luogo al Sud”. Replica a brutto muso: “Se invece di manifestare lavorasse forse si potrebbe ottenere qualche risultato in più”.

De Luca non si fa pregare e risponde andando giù anche più duro: “Senza soldi non si lavora. Lavori lei, stronza”. Il turpiloquio garantisce massima visibilità, amplifica una manifestazione che, data l’affluenza e l’aggressività, avrebbe trovato comunque posto sulle prime pagine. Per il governatore è missione compiuta.

La missione consiste nell’accreditarsi la leadership della lotta contro l’autonomia differenziata e in difesa del Sud, scippando la bandiera a Elly Schlein. De Luca non si ferma alla denuncia: si appella alla piazza, fronteggia la polizia, insulta la premier.

Vuoi mettere? In questo modo il governatore cala una carta pesante sul tavolo interno al Pd sul quale si sta giocando, in parallelo con quella in corso nella destra e altrettanto duramente, la partita sul terzo mandato. Schlein non lo vuole in buona misura proprio perché tira a liberarsi dell’ingombrante governatore.

Lui fa capire che insistere vorrà trovarselo contro e non in maniera discreta: nei panni sempre popolari in Campania del Masaniello. In Campania uno scontro nel Pd del genere significa sconfitta certa, con ampie probabilità che a vincere non sia un centrodestra inesistente ma proprio il governatore uscente.

La Campania infatti, come la Puglia, non ha recepito la legge che fissa il tetto dei due mandati per i presidenti di Regione. De Luca può candidarsi comunque, la sua è una battaglia più per la terza candidatura, sicuramente vincente, che per il terzo mandato.

È vero che il governo, a fronte del pasticcio per cui le singole Regioni possono decidere se applicare o no una legge nazionale, potrebbe esigere chiarezza e bloccare il sindaco. Però, almeno al momento, non si vede perché dovrebbe fare un simile favore alla rivale e in ogni caso il governatore non avrebbe difficoltà a mettere in campo un prestanome e probabilmente farlo eleggere.

Qualche tempo fa Peppe De Cristofaro, capo dei senatori di Avs e napoletano anche lui, segnalava la particolarità della Campania: probabilmente l’unica regione d’Europa dove la destra ovunque avanzante resta al palo, quasi non esiste. Non è che la Campania sia diventata la regione più rossa d’Europa: è che l’establishment già democristiano e poi berlusconiano oggi sta tutto con De Luca.

Il problema di Elly è tutto qui: ha la forza per ignorare la rivolta di sindaci e amministratori locali a favore del terzo mandato, ma col rischio di perdere le regioni governate dal Pd, perché anche Emilia e Puglia senza Bonaccini ed Emiliano sarebbero in bilico, e con loro anche la segreteria.

Sul terzo mandato le due ladies della politica italiana rischiano entrambe. Anche Giorgia Meloni ha la forza per imbrigliare la Lega, bocciare il suo emendamento sul terzo mandato per governatori e sindaci delle grandi città, strappare al Carroccio, senza più Zaia di mezzo, il Veneto, culla del leghismo.

Ma la ferita non si rimarginerebbe e il momento del conto arriverebbe probabilmente nella seconda lettura del premierato. Non subito, perché la Lega deve prima incassare l’autonomia differenziata che, non essendo legge costituzionale, sarà approvata prima della seconda lettura della riforma costituzionale. Ma un volta raggiunto quel traguardo la Lega, forse ancora guidata da Salvini o forse no, avrà le mani libere.

17 Febbraio 2024

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