La legge Calderoli
De Luca lancia la rivolta contro l’autonomia differenziata: “No alla secessione”
“Un disastro per l’Italia e per il Sud, Meloni non parli più di nazione: ha deciso di smantellarla”. Nel piano il ricorso alla Consulta e il referendum
Politica - di Vittorio Ferla
“Disastroso per l’Italia e per il Sud”. È quello che pensa Vincenzo De Luca del disegno di legge costituzionale sull’autonomia differenziata appena approvato dal Senato. Il presidente della Campania non gira intorno al problema e, nella conferenza stampa di ieri a Palazzo Santa Lucia a Napoli, lancia un grido di battaglia contro la riforma leghista che spacca l’Italia.
Lo fa parlando “a nome di un altro Sud, quello pronto ad accettare la sfida dell’efficienza e del rigore amministrativo. Siamo del tutto consapevoli che il Sud ha una storia complicata, che ha avuto anche punti oscuri, ma oggi parliamo a tutela di un Sud fatto di amministratori seri, di sacrificio e di impegno nei territori. Contestiamo non in nome del parassitismo, della lamentosità o della clientela, ma nel nome dell’efficienza e del futuro del Sud e dell’Italia”, assicura De Luca.
In sostanza, con la riforma del regionalismo, il governo Meloni cade in una contraddizione insanabile e insopportabile. Da una parte, spiega il presidente della Campania, la legge Calderoli provoca la “rottura dell’unità nazionale”. Dall’altra, si assiste a una “centralizzazione burocratica che si concentra a Roma” dove “la presidenza del Consiglio sottrae sempre più poteri ai territori per gestire un flusso finanziario enorme”.
Un esplicita accusa alla cabina di regia decisa da Raffaele Fitto, ministro per gli Affari europei e le politiche di coesione, con l’obiettivo di gestire in prima persona i fondi europei – Pnrr, sviluppo e coesione, Zes (zone economiche speciali) – bypassando le amministrazioni regionali e locali.
Per De Luca, la Calderoli è una “legge truffa”: nel testo “si parla di definizione dei livelli essenziali delle prestazioni, poi però continui a dire che non ci sono risorse e rinvii nel tempo l’approvazione dei nuovi Lep mentre su altre cose l’autonomia differenziata va avanti da subito”. Insomma, la determinazione dei Lep non serve a nulla se la loro definizione è rimandata di due anni e, soprattutto, se mancano le risorse per attuarli.
Una vera e propria presa in giro che delegittima clamorosamente la retorica nazionalista del governo delle destre. “Oggi abbiamo perlomeno una magra consolazione: la presidente del Consiglio Meloni non avrà più la possibilità di parlare ogni trenta secondi della ‘nazione’. La state distruggendo la nazione, non avete più titolo politico, ideale e morale per parlare di nazione. Questa legge non è per la nazione, è per quello che io chiamo il ‘Controrisorgimento’”, accusa De Luca.
Quindi lancia il guanto della sfida: “Chiedo a Calderoli: siete disponibili a stabilire in maniera esplicita già in questo testo di legge che non è consentito alle regioni di tutta Italia la stipula di contratti differenziati per il personale sanitario e per il personale scolastico?”. Il ragionamento è semplice: appena le Regioni più ricche avranno la facoltà di avviare contrattazioni autonome, “un fiume di medici e infermieri partirebbe dal Sud per andare al Nord”.
Pertanto, spiega il governatore della Campania, “se non viene chiarito in maniera esplicito questo vincolo, è evidente che stiamo distruggendo il sistema sanitario nazionale nel suo complesso e stiamo determinando la distruzione della sanità in tutto il Mezzogiorno di Italia”. Infine aggiunge: “Se una regione che ha disponibilità finanziaria può fare contratti integrativi regionali per il personale medico e infermieristico, organizzarsi autonomamente le scuole di specializzazione, disporre di fondi integrativi per la sanità da destinare al comparto privato accreditato è evidente che la sanità del Sud è morta”.
La conferenza stampa è l’occasione per lanciare una ampia mobilitazione contro la riforma: una serie di iniziative pubbliche con il coinvolgimento di tutti gli amministratori del Sud, al di là dello schieramento politico, ma anche i mondi della cultura, delle imprese e del lavoro. “Riteniamo che ci sia materiale per presentare ricorso alla Corte costituzionale, altrimenti c’è il referendum abrogativo”, promette De Luca.