L'esecuzione in Alabama
Kenneth Smith soffocato con l’azoto in 20 minuti, Biden o Trump non ci sono differenze
Kenneth Smith è stato soffocato con l’azoto. Ci son voluti 20 minuti. Tortura dice l’Onu. Non si usa nemmeno per gli animali. Che fi ne ha fatto l’America di Langstone Higes, di Luther King?
Giustizia - di Piero Sansonetti
Kenneth Smith, 58 anni, forse è un assassino. È accusato di avere ucciso una donna, nel 1988, in qualità di sicario assoldato da suo marito che voleva incassare l’assicurazione. È probabile che sia colpevole, anche se non è mai sicura la colpevolezza. Quasi mai. Di sicuro nella vicenda Smith ci sono un certo numero di assassini che assassini lo sono al di fuori di ogni dubbio.
È un assassino (anche se il meno responsabile) chi ieri all’alba ha legato Kenneth su un lettino e gli ha premuto una maschera sulla faccia. È un assassino chi ha fissato la data dell’esecuzione. Sono assassini i giudici della Corte Suprema dell’Alabama che poche ore prima dell’assassinio di Kenneth hanno votato contro il suo ricorso, nel quale chiedeva la commutazione della pena.
È sicuramente un assassino il governatore dell’Alabama che ha negato la grazia. È un assassino il magistrato che qualche anno fa modificò la sentenza di condanna di una giuria popolare, che aveva deciso l’ergastolo, trasformando quella sentenza in condanna a morte.
Mi sembra che sulla loro colpevolezza non ci siano dubbi. Il fatto che legalmente la loro decisione di assassinare una persona umana non sia perseguibile è un fatto del tutto secondario. Gli assassini non sono necessariamente quelli che sono condannati, gli assassini sono quelli che consapevolmente decidono di uccidere una persona.
Kenneth Smith, dopo avere trascorso in prigione 36 anni, ieri mattina (ora italiana) è stato messo a morte. Nel modo più barbaro. Lo hanno legato e poi l’hanno costretto a respirare l’azoto. L’aria che noi respiriamo per vivere è fatta di ossigeno e di azoto. Ma il gas che ci dà la vita è l’ossigeno.
Se respiriamo solo azoto, l’ossigeno che abbiamo in corpo ben presto si esaurisce. Al cuore e al cervello arriva solo azoto e in breve tempo il cervello e il cuore smettono di funzionare. In breve tempo però non vuol dire immediatamente. Kenneth dal momento nel quale gli hanno applicato la maschera ha iniziato a soffrire ma non ha perso i sensi.
Ci sono voluti alcuni minuti prima che perdesse i testi. Era vigile. È stato soffocato lentamente. Poi è svenuto ma non è morto. Anche quando non era più cosciente lo hanno visto dibattersi e rantolare. Ci sono voluti 22 minuti prima che i medici lo dichiarassero morto. Nel mondo un piccolo moto di indignazione, per fortuna, si è levato. L’Onu ha parlato di tortura, di violazione delle convenzioni internazionali.
Ho scritto che lo hanno visto dibattersi. Già, perché l’esecuzione avviene in una sala di vetro, e dietro il vetro ci sono gli spettatori. C’era anche la moglie di Kenneth. Ha voluto accompagnarlo fino alla fine. Kenneth qualche giorno fa era riuscito a parlare con un giornalista del Guardian. Aveva espresso tutta la sua disperazione. Aveva detto che lui non era pronto a morire. E aveva raccontato dell’esecuzione di un anno fa.
Quando lo portarono nella sala della morte, gli dissero che erano i suoi ultimi istanti, gli consentirono di pronunciare le ultime parole, poi lo legarono anche quella volta coi lacci di cuoio e iniziarono a iniettare nella vena del braccio il liquido mortale. Ma lui non moriva, non moriva.
E allora provarono con un ago sul collo, uno sulla gamba uno nel ventre, ma il liquido non funzionava, Kenneth fremeva, tremava, soffriva ma continuava a vivere. E dopo due ore dovettero smettere e rimandarlo in cella. E però erano accaniti, accaniti, accaniti. Non accettarono nemmeno a quel punto, i giudici, di commutare la pena. Dissero: “Troveremo un modo, vedrai, riusciremo a ucciderti, ci riusciremo perché così dice la legge”. E anche il governatore rifiutò di nuovo la grazia: “Troveremo un modo”, disse anche lui.
Ma le iniezioni letali non funzionano più, anche perché le case farmaceutiche non ne vogliono più sapere di fornire farmaci che producono la morte. Saranno pure “big farma”, spietata e capitalista, ma persino loro hanno uno scrupolo, non vogliono partecipare a un assassinio.
Così è uscita fuori l’idea dell’azoto. Una volta questo metodo lo usavano per uccidere i maiali. Poi fu proibito, perché, sembra, i maiali hanno il diritto di non essere torturati. Kenneth è considerato un gradino al di sotto degli standard dei maiali.
Prima di morire ha smozzicato solo una frase. Ha detto: “Vi amo tutti, addio, vi amo”. C’è una bella differenza morale, mi pare, tra uno che sul punto di morte grida all’amore, invece che all’odio, e non ha nemmeno una parola di condanna per chi lo ha torturato, e lo spirito dei suoi torturatori.
Ora Kenneth non c’è più. Restano vivi i suoi assassini. Oggi mangeranno da McDonald, taglieranno l’erba del giardino, giocheranno coi ragazzi, forse scherzeranno, leggeranno i giornali, commenteranno sui social.
Ma è possibile che un grande paese come l’America, possibile che il sogno di tutti i liberali, di tanti giovani, di intere generazioni, l’America di James Dean, di Elvis Presley, di Kennedy, di Luther King, di Lincoln e di John Brown, di Hemingway, di Steinbeck, e di Lagstone Huges, possibile che si riduca a riti così barbari! Possibile che quando una giuria e un giudice applicano la legge diventino delle belve assetate di vendetta? Possibile che le sue carceri ospitino 3 milioni di persone (in proporzione quasi dieci volte più dell’Italia e della Francia) e che i tre quarti dei carcerati siano neri?
Alle volte mi chiedo che differenza ci sia tra i repubblicani e i democratici. Tra Biden e Trump. Sento che circola una grande paura tra le persone per bene e colte, la paura che vinca Trump. Il barbaro. Ma Biden è contro la guerra? Biden si oppone alla pena di morte e al potere di alcuni uomini, o donne, di uccidere i fratelli? Non credo. E allora su quale base scelgo? Perché è Trump l’inciviltà e Biden no? Cosa c’è di civile in Biden?
Ricordo un episodio di tanti anni fa. 1988. Proprio l’anno del delitto di Kenneth Smith. Un certo numero di giovani leader democratici si affrontò alle primarie per provare a battere il vecchio Bush e entrare alla Casa Bianca dalla quale usciva Ronald Reagan.
Uno di loro si chiamava proprio Joe Biden. Cadde per via di un discorso, molto bello, che però poi si scoprì aveva copiato dall’inglese Kinnock. Fu battuto da un senatore del Massachusetts, di origini greche, che si chiamava Miki Dukakis.
In estate, aspettando il voto di novembre, dopo essere stato proclamato candidato alla convenzione democratica – con un bel discorso di un giovanotto che si chiamava Bill Clinton, e con l’endorsement di un vecchio patriarca come Ted Kennedy – Miki si dichiarò contrario alla pena di morte.
Dukakis andava forte. Tutti i sondaggi lo davano in vantaggio di 10 punti sul vecchio Bush. Ci si preparava al ritorno dei democratici al potere dopo dieci anni di reaganismo. Poi, durante una conferenza stampa, un giornalista canaglia gli chiese: “Se uccidessero sua moglie e prendessero gli assassini, lei sarebbe sempre contrario alla pena di morte?”.
Dukakis non esitò. Disse di sì. Contrario. Disse che nessuno ha il diritto di uccidere un essere umano. Ci vollero una decina di ore prima che i sondaggisti percepissero il suo crollo. Una settimana dopo era dieci punti dietro a Bush. Sconfitto, sparito.
Tra i grandi americani ho citato Langston Hughes. Magari qualcuno di voi non lo conosce. È un poeta nero di Harlem, che veniva da un paesino del Missouri, vissuto nel Novecento e morto negli anni Settanta. Scrisse un poema bellissimo. Chiamato America. Ne trascrivo alcuni versi scelti un po’ a caso:
Lascia che l’America sia l’America ancora una volta.
Lascia che sia il sogno di una volta.,
Lascia che sia il pioniere nella pianura
Alla ricerca di una casa dove lui stesso è libero.
(L’America non è mai stata l’America per me.)
Lascia che l’America sia il sogno sognato dai sognatori
Lascia che sia quella grande terra forte d’amore
Dove mai i re permettono
Che ogni uomo sia schiacciato da uno sopra.
(Non è mai stata l’America per me.,)
Oh, lascia che la mia terra sia una terra dove la libertà
È coronata da nessuna falsa corona patriottica,
Ma l’opportunità è reale, e la vita è libera,
L’uguaglianza è nell’aria che respiriamo.
(Non c’è mai stata uguaglianza per me,
Né libertà in questa “patria del libero.”)
Vedete, Langston Hughes disegna una America che non c’è, alla fine di ogni strofa sottolinea che non c’è, per lui non c’è. Ma lascia aperta la descrizione. E conclude così, con quattro versi che sono un fendente:
Oh, sì, lo dico chiaramente,
L’America non è mai stata
l’America per me.
Eppure giuro questo giuramento:
L’America sarà!