L'appello

Kenneth Smith non va giustiziato con l’azoto

Sarebbe il primo a essere ucciso, nello stato dell’Alabama, per ipossia. La mobilitazione lanciata in Italia da S. Egidio sta crescendo. Ma bisogna fare in fretta

Esteri - di Mario Marazziti

4 Ottobre 2023 alle 16:00

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Kenneth Smith non va giustiziato con l’azoto

L’Italia si sta mobilitando per una causa persa, che può essere vinta. L’appello per salvare la vita di Kenneth Smith perché non sia il primo essere umano a venire ucciso, nello stato dell’Alabama, per l’ipossia, il soffocamento, causata dall’immissione forzata di azoto nei polmoni, sta crescendo. Lanciato dalla Comunità di Sant’Egidio, si sono già uniti Antigone ed Emergency, e si stanno mobilitando l’Ordine dei medici, degli infermieri, l’associazione degli anestesisti, la nave-ospedale Elpis, l’Associazione nazionale Magistrati e Magistratura Democratica.

Come la Città metropolitana di Firenze, si stanno unendo le città italiane. Si aspettano i veterinari, che sanno bene che è un orrore bandito verso gli animali. Ma hanno iniziato anche in Spagna e Germania, mentre nel Regno Unito e negli USA è al lavoro Reprieve un’associazione per i diritti umani che lavora per creare i granelli di sabbia che interrompono una giustizia ineguale e che sperimenta sulle persone: come in questo caso. L’appello andrebbe fatto crescere in fretta. C’è poco tempo, ed è difficile che accada quello che cambiò la storia di Paula Cooper, 40 anni fa, quando più di un milione di persone si unì a una ragazzina nera, che aveva ucciso un’anziana catechista che conosceva insieme a delle amiche per prendere qualche dollaro, una mattina in cui non erano andate a scuola. Era entrata nel braccio della morte a 15 anni. Era cambiata, nel braccio della morte perché era diventata una persona, non una ragazzina – era co-assassina per sbaglio e per paura e per caso.

Era diventata amica del nipote della vittima, Bill Pelke, un ragazzo diventato un uomo straordinario, un gruista, operaio, che era andato a trovarla e poi erano diventati fratello maggiore e sorella minore, lui bianco, lei nera, fin quando lei – perché quella mobilitazione italiana aveva creato imbarazzo – non era stata uccisa, è stata più di 30 anni in prigione e poi è uscita. Lui, Bill Pelke, grazie a questa amicizia, è diventato il fondatore di Journey of Hope, e ha passato gran parte della vita a girare gli Stati Uniti, i “viaggi della speranza”, con altri parenti delle vittime, a raccontare come solo il perdono guarisce, che l’odio e le ferite rimangono e che la giustizia retributiva non guarisce nessuno, ma aggiunge solo una morte a morti già avvenute e abbassa tutta la società a livello di chi uccide, illudendola di guarire e di essere migliore se fa così. Da un gran male è venuto un gran bene.

Ma con Kenneth Smith c’è poco tempo. Come si fa a fermare la macchina della morte, che rompe anche regole minimali, come il fatto che per sperimentare qualunque cosa su un essere umano c’è bisogno di una procedura di autorizzazione delle autorità che regolano la sperimentazione farmaceutica, ad esempio? E in questo caso, invece, Alabama, Mississippi e Oklahoma, dal 2015 hanno inserito nei loro ordinamenti l’ipossia da azoto tra i metodi ammessi per rimediare ai disastri inumani delle iniezioni letali fallite, “botched”, senza precedenti e senza sapere. E nel 2022 la Corte Suprema dell’Alabama ne ha autorizzato l’uso perché – ormai lo sappiamo – per un’ora è stato impossibile iniettargli in una vena i veleni dell’iniezione letale, e poi non c’era più tempo, prima della mezzanotte, per trovare una vena nell’altro braccio e “finire la procedura”.

Che cosa si può pensare per un’ora, legati alla “gurney” della morte, mentre armeggiano per infilare veleni, e poi torni in cella? Quante volte si muore dentro? Chi è capace di una tortura così raffinata? Come si diventa, dopo? Per non avere ancora quella tortura Smith ha chiesto la gentilezza che cambiassero metodo e che “almeno”, fosse ucciso con l’ipossia da azoto. C’è un lungo e sottilissimo filo nero e rosso che lega la vita di Kenneth Smith. Il rosso è il sangue di tanti nei linciaggi razzisti del Ku-Klux-Clan, nelle esecuzioni sommarie delle leggi segregazioniste di Jim Crow, nelle torture e nelle minacce di quel mondo. E il nero è quello del colore della pelle degli schiavi neri rimasti senza molti diritti umani e di cittadinanza vera, anche dopo.

Ma che c’entra con Kenneth Smith, bianco, e con la speranza di vita di quest’uomo che ha ricevuto tanti anni fa 1000 dollari assieme a un altro per uccidere la moglie di un pastore protestante, un predicatore, che si era indebitato e che ha mandato due sicari a ucciderla per incassare i soldi dell’assicurazione? Il rosso e il nero sono anche, già, l’incredibile, cupa, sequenza di persone che sono morte in questa vicenda banale, di soldi: Elizabeth Sennet, la vittima fatta uccidere da un marito che predicava di scegliere tra Dio e Mammona e che per Mammona ha fatto eliminare la moglie, oggetto di valore possibile per una assicurazione. Poi Charles Sennet sr., il pastore e mandante, che si è suicidato quando le indagini hanno cominciato a portare a lui. Poi John Forrest Parker, il secondo sicario, che ha avuto la sua iniezione letale nel 2010. Basterebbe questo. Basta con la morte. Sarebbe sufficiente per decidere di non procedere con questa esecuzione da Guinness dei primati: Kenneth Smith l’uomo morto due volte e il primo a essere una cavia “per vedere l’effetto che fa” con l’azoto.

La vita di Smith – e la difesa da questa vergogna per l’Alabama e gli Alabamians – è nelle mani di una donna, bianca, di 78 anni, governatrice per la seconda – e ultima – volta dell’Alabama, Kay Ivey. L’appello che dagli italiani e – se c’è tempo – dall’Italia e dal mondo sta salendo, è a lei. Anche lei è bianca, come Smith. È la seconda governatrice donna nella storia di quello stato. Anche la prima è stata una donna “caucasica”, era la moglie di George Wallace, il razzista dichiarato quattro volte governatore dell’Alabama che si oppose a Kennedy, a Martin Luther King jr, a Bob Kennedy, all’ingresso dei primi neri nell’istruzione bianca fino a uno scontro quasi militare con il governo federale, più volte in corsa per la Casa Bianca.

Era il “cattivo” per eccellenza – per buonisti come noi che pensano che le persone sarebbero uguali anche quando hanno colori, lingue, capacità economiche diversi: “Segregazione ora, segregazione domani, e segregazione per sempre” era il suo programma nel 1962 quando fu eletto governatore per la prima volta nel 1962, un anno prima della marcia su Washington per il lavoro e la libertà dove fu lanciato il sogno del reverendo King jr. È qui che il filo diventa rosso e nero. Anche Wallace non era stato sempre così: ma, come tanti politici senza nerbo anche quando sembrano forti, era cambiato dopo la vittoria alle primarie dell’Alabama di John Patterson, sostenuto dai movimenti razzisti e dal Ku-Klux-Klan, nel 1959, e aveva capito come poteva crescere.

Come Wallace, Kay Ivey era una democratica “conservatrice”. A differenza di Wallace che – strano per noi, ma vero – è rimasto nel partito Democratico, nel 2002 è diventata repubblicana Governatrice dal 2017, eletta per la seconda – e ultima volta – con un consenso crescente. Grandi successi economici. Battaglie di principio tutte in nome dell’antico. E l’antico, in Alabama, ha molto a che fare con una società patriarcale, ma soprattutto, soldi soldi soldi e giustizia sommaria. Nella sua biografia politica c’è un atto, che sembrerebbe andare nella direzione di una scelta per la vita.

È lei che ha fatto approvare la norma che impedisce ai giudici, nei processi di pena capitale, di overruling, di andare oltre la legge: cioè, nel caso in cui la giuria popolare decida per una pena detentiva, anche a vita, quella di comminare la pena di morte lo stesso. Una norma minima di civiltà. Il problema sta nel fatto che la Corte Suprema degli stati Uniti stava per pronunciarsi sul fatto che il sistema dell’Alabama era così iniquo, per questo fatto, da essere incostituzionale, e quindi da dovere essere fermato.

I riferimenti a Dio e ai valori tradizionali di questa donna governatrice sono molto frequenti. Che Dio non voglia mai la morte e la pena di morte è diventato ancora più chiaro con il no assoluto nel Catechismo della Chiesa Cattolica introdotto da papa Francesco in continuità con gli interventi progressivi dei pontefici che l’hanno preceduto: “La chiesa cattolica insegna che la pena di morte è inammissibile”, dandone le motivazioni. Non sono solo per i cattolici e Dio è proprio lo stesso. È una grande occasione per la governatrice. Da perdere c’è niente, da guadagnare c’è credito internazionale e un po’ di anima.

Kay Ivey ha fatto crescere l’import-export dell’Alabama. Lei si racconta così. I cittadini dell’Alabama devono pensarla così. Anche le aziende italiane, dice l’ICE, hanno un export di quasi 300 milioni di euro e più o meno altrettanto è quello che l’Italia compra dall’Alabama. La Mercedes è la più grande azienda europea che ha attività lì. E se nei paesi dell’Unione ci fosse chi inizia a mettere extra dazi sull’import e vi fossero norme che mettano dei paletti a contratti pubblici che, evidentemente, vanno a finanziare questo sistema che è contro le politiche nazionali ed europee, e contro l’umanità?. Potrebbe essere un grande incentivo: “va dove ti porta il cuore”, o il portafogli.

4 Ottobre 2023

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