Obiettivo proteggere i cargo
Missione militare europea nel Mar Rosso contro i ribelli Houti, l’Italia schiera due navi con Francia e Germania
Esteri - di Redazione
Il governo italiano è pronto a schierare le sue navi militari per proteggere il Mar Rosso dalle incursioni dei ribelli Houti yemeniti, che ormai da settimane attaccano i cargo internazionali. La Its Federico Martinengo (F-596) e la Virginio Fasan (F-591) sono infatti le due navi che faranno parte della missione europea Aspides.
Si tratta, si legge in un testo che Italia, Francia e Germania presenteranno al Consiglio Affari Esteri di questa mattina, di una missione “linea con la Convenzione Onu sul diritti del mare e sarà difensiva”. “Data la gravità della situazione attuale e i nostri interessi geostrategici, è importante che l’Ue dimostri la sua volontà e le sue capacità di agire come attore di sicurezza globale, anche nel settore marittimo“, è il messaggio che arriva dai tre “big” dell’Unione Europea.
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L’obiettivo è chiaro: proteggere le navi cargo commerciali dagli attacchi dei ribelli yemeniti finanziati e armati dal regime iraniano. Le ripetute offensive di queste settimane, nate in risposta all’offensiva israeliana nella Striscia di Gaza, “rischiano di ripercuotersi negativamente sull’economia globale, causando un aumento dei costi di trasporto e dei tempi di consegna delle merci. Se prolungata, potrebbe avere potenziali effetti destabilizzanti su alcuni Paesi, come l’Egitto, il cui bilancio dipende in gran parte dalle entrate provenienti dai transiti attraverso il Canale di Suez (l’Egitto ha incassato circa 8,6 miliardi di euro nell’anno fiscale 2022-2023)“, scrivono nel paper Roma, Parigi e Berlino.
L’intervento europeo nell’area non è una novità: due le missioni già messe in campo dall’Europa per garantire la sicurezza nella navigazione commerciale, ovvero l’operazione Atalanta contro la pirateria somala e l’operazione Emasoh/Agenor, nello Stretto di Hormuz.
Nel documento presentato oggi al Consiglio Affari Esteri c’è anche un accenno alla questione del conflitto tra Hamas e Israele in Medio Oriente. I tre Paesi scrivono che per favorire i negoziati i Paesi Ue e gli altri Stati coinvolti e le organizzazioni internazionali “dovrebbero definire le conseguenze previste in caso di impegno o di mancato impegno nel piano di pace”. Parole che paiono chiaramente un richiamo al primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, che in questi giorni nonostante il pressing dell’alleato statunitense ha rimarcato più volte la sua assoluta contrarietà ad una soluzione a “due Stati”, anzi ribadendo la necessità per Tel Aviv di un controllo militare sulla Striscia di Gaza.