Lettera alla segretaria dem
Elly Schlein non si candidi alle Europee, se lo fa danneggia il Pd
Il Pd non è una forza leaderista ma un partito plurale, che si fida della sua segretaria senza che questo implichi un nostro assoggettamento alla personalizzazione generalizzata
Editoriali - di Paola De Micheli
Elezioni europee
Penso che la candidatura di Elly Schlein alle prossime elezioni europee, senza mantenere il proprio seggio a Bruxelles, sarebbe un errore. Su questo punto dobbiamo essere netti: il Partito Democratico non promuove candidature fittizie in un luogo istituzionale come il Parlamento Europeo, chiamato ad essere sempre più importante.
Il Pd non è una forza leaderista ma un partito plurale, che si fida della sua segretaria senza che questo implichi un nostro assoggettamento alla personalizzazione generalizzata così in voga nella politica italiana.
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Inoltre ci sarebbero conseguenze negative per le candidature femminili e se puntiamo a essere, come spesso ci proclamiamo, un partito femminista, allora le donne vanno adeguatamente valorizzate anche nelle liste (i dati mostrano che la percentuale di elettori che accede alle tre preferenze è bassissima).
Il femminismo si pratica, non si predica e basta. Aggiungo che voglio bene alla mia segretaria e la sua candidatura significherebbe una campagna elettorale quasi solitaria, quando invece tutti – ma proprio tutti – noi dovremo fare il massimo per uscire vincitori da questa sfida.
Un partito che riflette
Sono felice della convocazione del seminario di Gubbio, al quale parteciperò. Assolutamente convinta che, parallelamente al lavoro di opposizione quotidiana a questo governo, sia indispensabile avviare un percorso di riflessione e di pensiero che modernizzi i valori e il ruolo del Pd nel consesso nazionale ed europeo.
La desertificazione delle idee, il ripiegamento sulla quotidianità e l’eccesso di tattica ci impediscono di entrare nella modernità con un pensiero nuovo, che non solo sia attrattivo per i milioni di elettori disponibili a modificare il proprio voto, ma sia anche l’humus valoriale che ci aiuti a trovare una nuova classe dirigente e nuove leadership locali e nazionali.
Ogni azione è figlia di un pensiero, ogni atto concreto scaturisce da una visione della società. E noi dobbiamo avere la consapevolezza della crisi che stiamo attraversando e affrontarla col coraggio di un pensiero nuovo e moderno, che diventi anche affascinante e motivante.
Un nuovo impulso alla tensione morale deve muovere il partito in ogni luogo e in ogni momento. L’essere umano e la sua dignità come misura di ogni scelta politica, è questo il senso di un nuovo umanesimo che dobbiamo abbracciare: non solo per proteggere la salute e il benessere delle persone, ma per far vincere gli effetti positivi della transizione ecologica e digitale, le due grandi sfide del nostro secolo.
Legge elettorale
Dobbiamo aprire un confronto sul tema della legge elettorale e chiarirci una volta per tutte anche tra di noi. È necessario non solo operare nella direzione di un rafforzamento del ruolo del Parlamento, indebolito anche dal taglio degli eletti (abbiamo sbagliato), ma soprattutto per l’introduzione delle preferenze.
Credo che possano essere uno strumento utile per una maggiore mobilità degli eletti e l’incentivo ad una loro presenza più assidua sui territori, a fianco dei legittimi interessi di lavoratori, delle imprese e dei professionisti. Senza il rischio, senza il pepe, i gruppi dirigenti si autoalimentano di autoreferenzialità.
Le preferenze ci sono in tutte le leggi elettorali vigenti, il fatto che a parlarne sia stata per prima la Meloni e non noi, non ci sottrae dalla responsabilità di realizzarlo.
Giustizia
Dobbiamo ripensare il nostro approccio sui temi della giustizia non per correre dietro alla destra, ma per agire concretamente a difesa di un garantismo figlio di un impianto costituzionale ancora modernissimo, evitando di spaccare il partito come accaduto sull’abuso d’ufficio. Da una parte migliaia di sindaci del Pd favorevoli e dall’altra i gruppi parlamentari contrari.
Una nuova agenda
È un lavoro immenso che non possiamo eludere, da portare avanti mentre organizziamo una campagna elettorale capillare e un’opposizione intelligente alla destra. Per imporre una nuova agenda politica e la nostra visione del Paese, dobbiamo essere egemoni e capaci di guidare il centrosinistra tutto verso la modernità. Non è con la tattica di una candidatura che usciremo da questo stallo.
Una destra peggiore delle previsioni
Il governo Meloni guida il paese molto peggio di come avrei immaginato. La leva ideologica e sentimentale alla quale si appella non coprirà ancora a lungo l’incapacità di risolvere i problemi delle persone e delle famiglie. Dovremo essere pronti e lavorare fuori dalle nostre tradizionali zone di comfort per essere all’altezza di quello che inevitabilmente accadrà.
Non c’è niente di peggio per un elettore che la delusione delle attese e delle aspettative di miglioramento della propria condizione. E a quelle delusioni dovremo rispondere presto, con una proposta credibile e innovativa. Non nascondiamo il declino con il leaderismo, affrontiamolo a viso aperto con la profondità e il realismo delle idee.
*Deputata, membro della Direzione Pd