Il nodo regionali
Elezioni regionali in Sardegna, è rissa sui candidati di destra e sinistra
Fdi spinge per il sindaco di Cagliari Truzzu, Solinas non arretra: dietro l’ottimismo di facciata l’accordo sul candidato è lontanissimo. A sinistra il quadro è ancora più disastroso, con Soru deciso a restare in campo senza un passo indietro della 5s Todde
Politica - di David Romoli
I tre leader del centrodestra si incontreranno per sbrogliare la matassa sarda “quando necessario”. Parola di Antonio Tajani che si proclama certissimo di arrivare alla fine a un accordo: “E’ normale che prima della definizione delle candidature ci sia dibattito ma l’esito è già scontato: ci sarà un accordo e vinceremo le Regionali come vinceremo le europee”.
Ottimismo di prammatica ma al momento l’accordo sembra invece lontanissimo. Il presidente uscente Solinas è deciso a non fare passi indietro. FdI tiene duro sul sindaco di Cagliari Truzzu e sfodera sondaggi che danno Solinas in picchiata per giustificare il siluramento.
La Lega, federata con il Partito sardo d’azione, insiste nel rilancio: “Allora si ridiscutono le candidature in tutte le cinque regioni al voto nel 2024”.
In questa incresciosa situazione gli azzurri di Tajani sono “la forza responsabile”, come la definisce Tajani, compito reso più facile dal non essere direttamente coinvolti nella disfida. A livello locale si sono schierati con i tricolori e con il sindaco di Cagliari.
Da Roma il capo dei deputati Barelli lancia però una fune: “Il nostro principio è ricandidare governatori e sindaci uscenti di centrodestra sempre”.
Una regola che dovrebbe essere e che in effetti di solito è quasi data per scontata, ma che in questo caso servirebbe a consentire la riappacificazione, in nome di un principio generale, senza che nessuno ci perda troppo la faccia.
FdI però tiene duro: “La regola non è scolpita nel marmo dato che con Musumeci è stato possibile trasgredirla. Quindi ci si può affidare al ragionamento o alla forza dei numeri e in entrambi i casi la Sardegna spetta a noi. Siamo il 60% della coalizione e governiamo solo due Regioni”, commenta tassativo un altissimo dirigente del partito tricolore.
Alla fine qualcuno dovrà cedere, perché è impensabile che la coalizione di governo si presenti divisa in Sardegna, ma chiunque sia il vincitore si sentirà chiedere in cambio pagare un prezzo salato. Meloni però quel prezzo non intende pagarlo.
Mira a usare le europee per confermare in voti sonanti la superiorità assoluta del suo partito, per poi farla pesare al momento di decidere le candidature per il giro grosso di regionali, quello dell’anno prossimo, con la non nascosta ambizione di scippare alla Lega addirittura il Veneto.
Se la destra piange la sinistra certo non ride. Su quel lato della barricata, anzi, il quadro della Sardegna è anche più disastroso. Soru ha offerto il passo indietro in cambio del ritiro anche della candidata 5stelle appoggiata dal Pd, Alessandra Todde.
I 5S e dunque anche il Pd hanno risposto picche. Senza la reciprocità Soru resta deciso a correre ed è la segretaria Schlein in persona che si sta adoperando per convincerlo a lasciar correre e ritirarsi. Ipotesi non del tutto irrealistica ma certo neppure probabile e con Soru in campo la vittoria della Todde si avvicina molto alla chimera.
Il problema si ripresenterà forse presto amplificato in Campania, piazza molto più nevralgica della Sardegna anche perché è una delle principali Regioni governate dal centrosinistra.
De Luca però non sente ragioni e se sarà in campo contro il Pd, direttamente o sponsorizzando un suo candidato come copertura, la sinistra correrebbe il fortissimo rischio di perdere la principale Regione del sud.
In Campania la destra è debole, quasi inesistente: situazione unica in Europa. Dipende dal fatto che i voti che andrebbero a destra li prende invece De Luca e senza quei voti farcela non è possibile.
La situazione è un po’ meno tesa in Puglia, perché tra Emiliano e Schlein non corre lo stesso cattivissimo sangue che c’è tra la segretaria e il governatore campano.
Ma, buone maniere a parte, anche in Puglia convincere Emiliano a farsi da parte non sarà facile né a buon mercato, anche se il ritorno del governatore a Bari, di nuovo come sindaco, potrebbe essere la via d’uscita.
Ma se al quadro si aggiunge la presenza quasi inamovibile di Zaia in Veneto, si intravede chiaramente cosa sarà il rapporto tra “premier forte e autonomie forti” che ha prospettato la premier in conferenza stampa.
Quei “governatori forti” non risponderanno infatti ad alcun ordine o decisione di partito. Saranno, e molti lo sono già, boiardi potentissimi con i quali bisognerà sempre trattare e contrattare direttamente.