La lettera al presidente

Genocidio contro i palestinesi, la strategia di Israele e i crimini di guerra

Tutte le cose che abbiamo scritto nella lettera al Presidente sono vere e documentate. La strategia di Israele è chiara e passa attraverso un numero incredibile di crimini di guerra

Editoriali - di Angelo D'Orsi

6 Gennaio 2024 alle 21:41 - Ultimo agg. 9 Gennaio 2024 alle 11:01

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Genocidio contro i palestinesi, la strategia di Israele e i crimini di guerra

Spiace ma non sorprende il tono aggressivo e insinuatorio del nostro interlocutore che non vuole soffermarsi sui riferimenti politico-istituzionali vantati (!?) a sostegno degli argomenti della nostra Lettera al Presidente Mattarella: per sua informazione, sono tutti argomenti proposti e ribaditi dagli esperti internazionali dentro e fuori dell’ONU, oggi bersaglio dei sionisti, come mostra anche questa lettera.

Il 7 ottobre “non viene dal nulla”, precisamente. Lo si può leggere in due modi: a) la risposta che resistenti palestinesi (non solo Hamas) hanno dato, anche con eccessi di ferocia se vogliamo, all’occupazione e all’oppressione degli ebrei installatisi in Palestina, che di ferocia ne hanno praticata fin da prima della fondazione dello Stato di Israele; b) una azione di cui i massimi dirigenti di Israele erano a conoscenza preventivamente e hanno lasciato fare, perché l’obiettivo è espellere i palestinesi da Gaza, e magari anche dalla Cisgiordania che per inciso nel lessico ufficiale delle Nazioni Unite è chiamata “Territori Occupati”.

L’IDF ha colpito, e non per errore perché è accaduto più volte, ambulanze, sedi della Mezzaluna rossa (ieri ultimo episodio), oltre a ospedali, sedi delle agenzie ONU per i rifugiati, campi profughi, e scuole, e edifici religiosi…, con una crudeltà di cui non abbiamo esempi nel secondo dopoguerra. E la favola delle ambulanze e degli ospedali usati dai “terroristi” è appunto una favola, smentita da osservatori indipendenti ogni volta.

Denudare, costringere in ginocchio sulla nuda terra, fra le macerie, i palestinesi, irriderli, vilipenderli, anche se fossero “terroristi” è atto contrario a ogni diritto di guerra, oltre che un gesto di oscena disumanità (ma già: i palestinesi sono “animali non umani”, vero?).

Riprendere da parte di militari israeliani i palestinesi umiliati, o le loro case saccheggiate e devastate da branchi di soldati drogati o ubriachi, e diffondere queste scene sui social, è atto a dir poco abominevole. Che dire dei soldati che orinano sui cadaveri dei palestinesi? Anche queste immagini sono frutto di riprese degli invasori e diffusi “a monito” dei palestinesi.

I coloni sono ormai poco meno di un milione, una sorta di esercito parallelo di cowboy protetti e armati dal governo e operano al di fuori di ogni legge giuridica o umana. E le risoluzioni ONU contro quegli insediamenti illegali, sono rimaste lettera morta mentre i governanti israeliani incoraggiano l’arrivo di altri “colonizzatori”, purché ebrei, da qualsiasi parte del mondo.

Sta proprio qui il vizio di fondo dello Stato di Israele. E la sua debolezza lo rende feroce da un lato, ma lo destina a crollare dall’altro, a dispetto di muraglie e apparati militari sofisticatissimi (ma inutili il 7 ottobre).

Non si sa quanto? Si sa che a fronte di 1200 morti del 7 ottobre (quanti sono da attribuire alla rappresaglia cieca di Israele?), abbiamo 30.000 morti (poco meno di 10.000 bambini o adolescenti), una cifra presunta di 10.000 corpi sepolti sotto le macerie, almeno 35.000 feriti, di cui un migliaio di bambini destinati a rimanere senza gli arti inferiori o superiori.

Israele ha sganciato un potenziale esplosivo pari a Hiroshima e Nagasaki: manca solo il fall out atomico ma in compenso c’è il fosforo bianco, vietato da tutte le convenzioni internazionali.

Ma si sa gli ebrei sono le vittime per antonomasia. A loro tutto è concesso, e anche questo è stato rilevato da un ebreo, tale Ilan Pappe, il maggiore storico israeliano costretto a lasciare il suo “democratico” paese, di cui è cittadino, per le persecuzioni di cui lui e la sua famiglia sono stati oggetto.

Sono ormai numerosi gli intellettuali ebrei, compresi quelli con passaporto israeliano, i quali consapevoli che la soluzione dei “due popoli, due stati” è impraticabile, dopo il genocidio in atto a Gaza, e l’odio che ha procurato, si stanno appunto interrogando sul vicolo cieco in cui Israele si è cacciato.

E che forse un solo stato (che io chiamo con il toponimo storico di Palestina) “dal fiume al mare”, sia la sola possibile soluzione, che peraltro a me pare oggi anche difficilissima. Forse Israele “finirà l’opera” avviata a Gaza, espellendo (in Congo magari, a quanto abbiamo sentito) i gazawi, e radendo al suolo i pochi edifici superstiti in quella striscia di terra.

Ma non sarà una vittoria anzi, sarà invece una sconfitta, i cui frutti sono avvelenati. In conclusione, la mia personale opinione è che Israele sta perseguendo la propria fine come Stato.

6 Gennaio 2024

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