Il leader dei penalisti
Legge “bavaglio”, intervista al leader dei penalisti Petrelli: “È un freno alla macelleria mediatica”
«Le ordinanze cautelari usate solo in chiave giustizialista, mai per controllare l’operato dei giudici. Lo stop riguarda la pubblicazione integrale di intercettazioni e altri elementi di prova fino a chiusura dell’indagine, i contenuti restano conoscibili»
Interviste - di Angela Stella
L’emendamento del responsabile giustizia di Azione Enrico Costa approvato alla legge di delegazione europea due giorni fa alla Camera, così come riformulato su richiesta del Governo, comporta una modifica dell’articolo 114 del codice di procedura penale (Divieto di pubblicazione di atti e di immagini) prevedendo, nel rispetto dell’articolo 21 della Costituzione e in attuazione dei principi sanciti dagli articoli 24 e 27 della stessa, il «divieto di pubblicazione integrale, o per estratto, del dispositivo dell’ordinanza di custodia cautelare finché non siano concluse le indagini preliminari ovvero fino al termine dell’udienza preliminare». Ne parliamo con l’avvocato Francesco Petrelli, Presidente dell’Unione delle Camere Penali Italiane.
Avvocato con l’approvazione dell’emendamento Costa è la fine della gogna mediatica?
Non c’è dubbio che le ordinanze cautelari siano state utilizzate in passato dai media in chiave esclusivamente giustizialista, in violazione della privacy e della riservatezza ed in aperta violazione della presunzione di innocenza. Non mi pare invece che il contenuto probatorio delle ordinanze sia stato mai oggetto di controllo critico nei confronti dell’operato del giudice o dell’accusa in genere, come ci si dovrebbe attendere da chi ha il ruolo di “cane da guardia” anche del potere giudiziario. Va detto tuttavia che spesso le norme da sole non sono sufficienti e che si dovrebbe prendere atto che i processi hanno delle fasi e che i fatti si accertano in un pubblico dibattimento. C’è una seria controriforma garantista da porre in essere contro la dilagante cultura della presunzione di colpevolezza e del mostro sbattuto in prima pagina in barba ad ogni regola di civiltà. Era giunto il momento di tirare un freno a mano.
Grazie alle ordinanze di custodia cautelare si è costruito un marketing giudiziario a favore delle procure sulle spalle di presunti innocenti?
Il mix fra conoscenza di atti di indagine, informative di polizia giudiziaria non filtrate da alcuna mediazione, intercettazioni ambientali che discutibilmente vengono indicate come dotate di rilievo probatorio, si sono trasformate nel più micidiale collettore di inaccettabili gogne mediatiche, instaurando meccanismi perversi che nulla hanno a che vedere con la tutela del diritto di informazione e con un corretto e sorvegliato esercizio della funzione giudiziaria. Chi abbia avuto solo indirettamente esperienza di simili scempi può facilmente comprendere come le critiche avanzate all’emendamento Costa cadano del tutto fuori fuoco.
È il primo risultato garantista di questo Parlamento, ottenuto anche a fatica perché Nordio all’inizio voleva dare parere sfavorevole?
Si è trattato di una votazione piuttosto ampia a voto palese che ha coinvolto forze eterogenee, il che dimostra che la cultura del garantismo può avere una voce importante nel nostro Paese che se sostenuta con forza e con intelligenza è in grado di vincere anche le possibili resistenze interne e di sviluppare intese positive.
La Federazione nazionale della stampa annuncia una mobilitazione e parla di “provvedimento liberticida non solo nei confronti dell’articolo 21 della Costituzione”. Come commenta?
Nessun bene tutelato dalla Carta può prevalere sull’altro fino ad annientarlo producendo quei fenomeni di macelleria mediatica ai quali facevo prima riferimento. L’art. 21 della Costituzione deve proteggere soprattutto gli informati da simili degenerazioni e non chi le alimenta. Nessun bavaglio e nessuna lesione del diritto di informazione perché restano evidentemente conoscibili i contenuti delle ordinanze ed i motivi che giustificano la loro adozione, per cui sarà possibile per l’opinione pubblica formarsi una corretta idea delle ragioni e della estensione di una iniziativa giudiziaria. Ciò che non sarà possibile pubblicare sono i contenuti delle intercettazioni o di altri elementi di prova riprodotti nella loro testualità all’interno delle ordinanze, proprio a protezione della riservatezza delle persone coinvolte. L’interdizione alla pubblicazione fino alla chiusura dell’indagine con l’esercizio dell’azione penale costituisce una soluzione equilibrata e civile.
Gli atti dell’inchiesta giudiziaria della procura di Ragusa su Luca Casarini e altri esponenti della Ong Mediterranea, accusati di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina sono finiti su molti giornali di destra. Una fuga di notizie che non ha risparmiato nemmeno intercettazioni tra Casarini e il deputato del pd Matteo Orfini, che forse non sarebbero dovute finire nel fascicolo dell’inchiesta. Che ne pensa?
Si tratta dell’ennesima dimostrazione dell’insufficienza dei sistemi di controllo di fronte all’indistinta voracità dei mezzi di informazione che agiscono nell’ambito del cosiddetto circo mediatico giudiziario e della assoluta necessità di darci nuove regole a tutela dei principi costituzionali e convenzionali coinvolti. Qui si è trattato di atti che neppure avrebbero dovuto e potuto essere acquisiti all’indagine, sia per la qualità del soggetto colloquiante, sia per l’irrilevanza probatoria dei contenuti. Ma il meccanismo è sempre lo stesso ed è quello che troppo spesso travolge in maniera ingiustificata ed inaccettabile persone neppure indagate o che vengono poi riconosciute estranee ai fatti contestati ed assolte dopo che il furore di presunti processi fatti in piazza ha tuttavia determinato una compromissione definitiva delle loro vite e delle loro immagini pubbliche, che ne restano indelebilmente segnate.