Il Memorandum con il Ruanda

L’asilo è un diritto, la Gran Bretagna deve rispettarlo: è un dovere

La sua spregiudicata strategia di esternalizzazione ha subito un duro colpo ma molte questioni restano aperte. A partire dal tentativo del Regno Unito di disfarsi di ogni responsabilità sui rifugiati

Editoriali - di Gianfranco Schiavone

17 Novembre 2023 alle 17:30

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Il primo ministro britannico Rishi Sunak
Il primo ministro britannico Rishi Sunak

Con sentenza del 15 novembre 2023 la Corte Suprema del Regno Unito ha confermato “la conclusione della Corte d’Appello secondo cui la politica sul Ruanda è illegittima. Ciò in quanto ci sono motivi sostanziali per ritenere che i richiedenti asilo affronterebbero un rischio reale di maltrattamenti a causa del respingimento nel loro Paese d’origine se fossero trasferiti in Ruanda” afferma la Corte.

Il Memorandum siglato tra il Regno Unito e il Ruanda il 6 aprile 2022 prevedeva che le domande di asilo presentate da chi arriva in modo irregolare nel Regno Unito, specie se attraverso il canale della Manica, sarebbero state tutte dichiarate inammissibili.

Nel Memorandum si conveniva infatti di dare avvio ad un «meccanismo per la ricollocazione dei richiedenti asilo le cui richieste non sono state prese in considerazione dal Regno Unito, in Ruanda, che esaminerà le loro richieste e sistemerà o espellerà (a seconda dei casi) le persone dopo che la loro richiesta è stata decisa, in conformità con il diritto interno ruandese».

Subito dopo si precisava altresì che «gli impegni indicati in questo Memorandum sono presi tra il Regno Unito e il Ruanda e viceversa e non creano o conferiscono alcun diritto a nessun individuo, né il rispetto di questo accordo può essere oggetto di ricorso in qualsiasi tribunale da parte di terzi o individui».

Sarebbe stato il Regno Unito a determinare «i tempi di una richiesta di ricollocamento (in inglese il termine usato è relocation n.d.r.) di individui in base a questi accordi e il numero di richieste di ricollocazione da inoltrare» al Ruanda il quale sarebbe divenuto il solo Paese responsabile ad occuparsi della sorte dei richiedenti anche se con esso i richiedenti non hanno alcun legame.

Anche in caso di accoglimento della loro domanda di asilo, non veniva prevista per i rifugiati alcuna possibilità di rientro verso la Gran Bretagna, nonostante si tratti del Paese al quale inizialmente avevano chiesto asilo. Nel valutare come illegale il Memorandum tra UK e il Ruanda, l’U.N.H.C.R. (Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati) aveva sottolineato come “Gli accordi di trasferimento non sarebbero appropriati se rappresentassero un tentativo, in tutto o in parte, da parte di uno Stato parte della Convenzione del 1951 di liberarsi dalle proprie responsabilità”.

Le sole inquietanti parole del Memorandum laddove precisa che le misure adottate “non creano o conferiscono alcun diritto a nessun individuo” sono sufficienti a far comprendere il livello di estremismo politico che caratterizzava il Memorandum nel quale l’individuo veniva spogliato dei suoi diritti fondamentali e veniva ridotto a mero oggetto passivo del potere esecutivo.

Già la Corte Europea per i Diritti dell’Uomo aveva ritenuto, con misura di urgenza (caso N.S.K. v. Regno Unito del 14.06.22) di bloccare tutte le operazioni di trasferimento coatto dal Regno Unito al Ruanda per due principali ragioni: la prima è che il Ruanda non è in grado di garantire una effettiva applicazione della Convenzione di Ginevra e che quindi detto rinvio violerebbe l’art. 3 della CEDU che prescrive che «Nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti».

La seconda ragione riguarda l’impossibilità legale di contestare la decisione di trasferimento coatto verso il Ruanda; come sopra richiamato infatti, non solo non sarebbe stato possibile garantire alcuna effettività al ricorso, ma veniva negato alla radice lo stesso diritto di agire in giudizio.

Nel rigettare il ricorso presentato dal premier Sunak la Corte Suprema del Regno Unito si è concentrata principalmente su due motivi di ricorso: a) il rischio di violazione del divieto di non respingimento; 2) la violazione del diritto dell’UE in materia di asilo. Sotto quest’ultimo profilo la Corte Suprema ha rigettato il ricorso correttamente evidenziando che, a seguito della Brexit, le disposizioni del diritto dell’Unione “hanno cessato di avere effetto nel diritto interno del Regno Unito quando il periodo di transizione è terminato il 31.12.2020”.

Tanto il diritto interno che la Convenzione Europea sui Diritti dell’Uomo e le libertà fondamentali (CEDU), e in particolare l’art. 3, vanno però rispettati, e ad avviso della Corte “ le prove dimostrano che ci sono motivi sostanziali per ritenere che vi sia un rischio reale che le richieste di asilo non vengano esaminate correttamente e che i richiedenti asilo rischino quindi di essere rimpatriati direttamente o indirettamente nel loro Paese d’origine”.

In un passaggio della sentenza la Corte afferma che “i cambiamenti strutturali e il rafforzamento delle capacità necessarie per eliminare tale rischio (il rischio che i rifugiati subiscano respingimenti illegali in Ruanda ndr) possono essere realizzati in futuro” (paragrafo 105). Tale espressione rinvia a un futuro ipotetico e non rappresenta alcuna apertura di credito verso le scelte del Governo.

Nonostante ciò il Premier Sunak, per il quale la decisione finale assunta dalla Suprema Corte rappresenta una catastrofe politica, ha cercato di piegare a suo vantaggio tale passaggio della sentenza dichiarando in Parlamento che la Suprema Corte ha chiesto in realtà solo maggiori garanzie sul rispetto dei diritti dei richiedenti asilo in Ruanda e che il governo sta già lavorando a un nuovo trattato con il Ruanda e che esso sarà finalizzato alla luce della sentenza odierna.

Probabilmente Sunak vende fumo per prendere tempo perché sa bene che i richiesti cambiamenti strutturali non sono realizzabili. Tuttavia la politica del governo inglese, almeno al momento, non sembra avviata verso un serio ripensamento e alcuni osservatori non escludono la possibilità che vengano adottate scelte ancora più estremiste come l’uscita unilaterale del Regno Unito dal Consiglio d’Europa, cessando dunque di essere parte contraente della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (come avvenuto per la Russia nel 2022).

Uno scenario destinato ad incidere sui diritti dei migranti come su quelli dei cittadini britannici, che può apparire degno di uno scadente romanzo di fantapolitica, ma che in realtà non può essere escluso. Come non mi stancherò mai di ricordare, le violente politiche di esternalizzazione dei confini e l’attacco al diritto d’asilo stanno causando una profonda crisi a quel sistema giuridico di tutela dei diritti umani in Europa che fino a poco tempo fa tutti ritenevano inscalfibile.

La Corte Suprema ha precisato nella sentenza che “in questo appello, la Corte deve decidere se la politica del Ruanda è legittima”. Rimane dunque irrisolta la più generale e scottante questione della legittimità o meno della politica del Governo inglese, di potersi disfare, completamente e ogni volta che lo desidera, della responsabilità giuridica del Regno Unito di esaminare le domande di asilo che pur vengono presentate sul suo territorio, delegando a tal fine, dietro pagamento, un compiacente paese terzo (sperando di poterne trovare, prima o poi, uno che non presenti gli aspetti critici del Ruanda).

Si tratta dell’obiettivo generale che sta alla base della recentissima controversa legge approvata dal Parlamento inglese a nel luglio 2023 (Illegal Migration Act), successivamente quindi al Memorandum con il Ruanda, che all’art. 1.1 afferma che “scopo della presente legge è prevenire e scoraggiare la migrazione illegale, in particolare la migrazione per rotte non sicure e illegali, richiedendo la rimozione (“the removal” nel testo originale) dal Regno Unito di alcune persone che entrano o arrivano nel Regno Unito in violazione del controllo dell’immigrazione”.

In una dichiarazione congiunta resa il 18.07.23 da UNHCR e dall’Ufficio delle Nazioni Unite per i Diritti Umani al momento dell’approvazione della legge, entrambe le agenzie delle Nazioni Unite hanno sostenuto che la nuova legge “è in contrasto con gli obblighi del paese ai sensi della legge internazionale sui diritti umani e dei rifugiati (….) la legge estingue l’accesso all’asilo nel Regno Unito per chiunque arrivi irregolarmente, essendo passato attraverso un paese – per quanto brevemente – dove non ha affrontato persecuzioni.  Gli impedisce di presentare la protezione dei rifugiati o altre rivendicazioni sui diritti umani, indipendentemente da quanto siano convincenti le loro circostanze. Inoltre, richiede la loro rimozione in un altro paese, senza alcuna garanzia che saranno necessariamente in grado di accedere alla protezione. Crea nuovi poteri di detenzione, con una limitata supervisione giudiziaria”.

La spregiudicata strategia della esternalizzazione del diritto d’asilo condotta dal governo del Regno Unito ha subito un duro colpo con la cancellazione del Memorandum con il Ruanda, ma moltissimi scenari problematici rimangono ancora aperti.

Nel frattempo, come messo in luce dalle associazioni inglesi che operano nel campo della protezione dei rifugiati, il sistema inglese d’asilo sta collassando a causa della paralisi amministrativa prodotto dalle continue tentate riforme, e l’arretrato nella definizione delle domande di asilo ha superato i centomila casi pendenti.

17 Novembre 2023

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