Mazzate dei giudici al governo

Migranti deportati in Ruanda, la Corte Suprema inglese boccia il piano Braverman-Sunak: “Non è un Paese sicuro”

Esteri - di Carmine Di Niro

15 Novembre 2023 alle 15:40 - Ultimo agg. 15 Novembre 2023 alle 16:03

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Il primo ministro Rishi Sunak
Il primo ministro Rishi Sunak

Due giorni fa la cacciata di Suella Braverman, ormai ex ministro degli Interni del governo conservatore inglese di Rishi Sunak, il suo progetto politico più importante, caposaldo della sua battaglia contro i migranti, viene demolito dai giudici.

La Corte Suprema britannica ha dichiarato illegale il piano con cui il governo del Regno Unito intendeva trasferire in modo forzato i richiedenti asilo in Ruanda mentre la loro richiesta viene valutata dalle autorità inglesi. Il Ruanda, Paese dell’Africa orientale già sconvolto nel 1994 dalla guerra civile e dal genocidio dei cittadini di etnia Tutsi, con un quasi un milione di morti, ha sostanzialmente giudicato lo Stato africano un Paese “non sicuro”. In particolare per i giudici il piano fortemente sponsorizzato dall’ormai ex ministra Braverman, che rappresenta l’ala più a destra dei Tories, a sua volta spostatisi nel corso degli anni su posizioni sempre più conservatrici, comporterebbe il rischio che dal Ruanda i richiedenti asilo vengano trasferiti nei loro paesi di origine, un atto che violerebbe i loro diritti.

Il piano, messo a punto dal governo di Boris Johnson e poi confermato anche dai suoi successori Liz Truss e Rishi Sunak, a causa di numerosi ricorsi legali non era mai entrato in vigore. Ad oggi infatti nessun richiedente asilo è mai stato portato in Ruanda.

Nella sentenza i giudici inglesi anno anche riferimento ad un precedente, ovvero all’accordo simile tra il governo israeliano e le autorità di Kigali: in vigore dal 2013 al 2018, in quell’occasione il Ruanda respinse verso i loro paesi di origine diverse persone che avevano presentato richiesta d’asilo in Israele. Pratica che, hanno ricordato dalla Corte Suprema, rappresenta una violazione del diritto di non respingimento, sancito da norme internazionali a cui deve rispondere anche il Regno Unito.

I ricorsi contro il piano

Il primo stop al progetto di spedire in Ruanda i richiedenti asilo era arrivato dalla Cedu, la Corte europea dei diritti dell’uomo che si occupa fra le altre cose di applicare la Convenzione europea dei diritti dell’uomo, che fermò con una sua sentenza che bloccò il primo volo con sette persone a bordo diretto dal Regno Unito verso il Paese africano mentre era praticamente in fase di decollo.

Erano seguiti ricorsi di associazioni ma anche di migranti. L’Alta corte, il tribunale di primo grado nel Regno Unito, aveva accolto otto ricorsi di persone che ritenevano di essere state trattate ingiustamente dal governo britannico, ma aveva respinto quelli contro la legge in generale. A giugno quindi la Corte di appello, il secondo grado, aveva accorso un ricorso in cui si sosteneva che il Ruanda non fosse un Paese sicuro. Il governo Sunak aveva quindi presentato un ricorso contro quest’ultima decisione alla Corte Suprema, ultimo grado di giudizio del Regno Unito, con la sentenza odierna che segna una sconfitta politica clamoroso per l’esecutivo.

Col piano in stand-by, il governo Sunak tra disperazione e propaganda aveva anche provato a stipare 500 migranti sulla chiatta Bibby Stockholm, al largo di Weymouth, sulla Manica. Anche in quel caso si è trattato di un fallimento: pochi giorni dopo i primi arrivi l’imbarcazione era stata fatta evacuare per il rinvenimento del batterio della legionella a bordo.

La contromossa di Sunak

Nonostante la bruciante sconfitta in tribunale, Sunak ha preannunciato in una infuocata seduta della Camera dei Comuni che il suo governo sta lavorando ad un nuovo accordo col Ruanda. Il primo ministro si è detto “pronto a cambiare le nostre leggi” se necessario per portare a termine il suo piano di trasferimento dei richiedenti asilo nel Paese africano.

A dargli manforte il nuovo ministro degli Interni James Cleverly, che nel suo intervento ha riferito che il governo rispetta pienamente la Corte Suprema ma che la sentenza non indebolisce la sua determinazione nello scoraggiare i migranti. Secondo lui il governo prende molto sul serio i propri obblighi nei confronti dei tribunali, ma “è solo rompendo il modello di business dei trafficanti di esseri umani che potremo prendere il pieno controllo dei nostri confini e salvare vite umane in mare“.

Cleverly ha anche citato l’Italia come Paese che a suo dire avrebbe seguito il “modello” britannico nella recente intesa sui richiedenti asilo col governo albanese di Tirana: “Quello che abbiamo visto ora è che altri paesi stanno effettivamente esplorando il modello di paesi terzi per l’immigrazione clandestina, tra cui Austria, Germania, Danimarca e Italia nel loro accordo con l’Albania“.

Il rimpasto di governo

Governo che due giorni fa ha subito l’ennesimo smottamento con la mossa di Sunak di fare fuori la sempre più indifendibile ministra dell’Interno Suella Braverman, resasi protagonista fra l’altro nei giorni scorsi di un inedito quanto scomposto attacco tramite un suo articolo pubblicato giovedì scorso sul Times ai vertici della polizia inglese, accusati di non reprimere a sufficienza gli eccessi attribuiti a frange di partecipanti degli imponenti raduni di protesta filo-palestinesi svoltisi nel Regno Unito per invocare il cessate il fuoco israeliano sulla Striscia di Gaza.

I toni di Braverman sull’immigrazione, pur essendo lei figlia di immigrati indiani, sono stati sempre violenti: l’apice lo raggiunse arrivando a dire pubblicamente che “vedere un volo con a bordo immigrati partire per il Ruanda” era il suo “sogno” e la sua “ossessione”.

Defenestrata da Sunak, col suo posto preso dall’ormai ex ministro degli Esteri James Cleverly, a sua volta sostituto dall’ex premier David Cameron, “padre” del referendum sulla Brexit, “Cruella”, come la chiamano i giornali inglesi, ha ora nel mirino proprio Sunak.

Martedì ha scritto una lettera esplosiva contro Sunak, accusandolo di aver “tradito” lei e la nazione, e di essere “incapace o in cattiva fede”, come secondo lei dimostrerebbe proprio il caso Ruanda: “Serviva da subito una legge molto più dura, scavalcando gli obblighi internazionali”, ha scritto Braverman, “invece sinora abbiamo perso soltanto tempo”.

15 Novembre 2023

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