Parla lo scrittore
Intervista a Erri De Luca: “Netanyahu primo sconfitto della guerra, incompetentemente e inadeguato”
“Bibi è un uomo d’affari sostenuto da estremisti religiosi. La sua incompetenza e inadeguatezza farà di lui un relitto politico. Israele uscirà dalla guerra lacerato: forse sarà la fi ne delle colonie”
Interviste - di Graziella Balestrieri
Scaraventata a terra
maestà di Israele
piange nella notte
lacrime d’amaro
non un consolatore tra i suoi amanti
lunghe lamentazioni
e langue il cuore
magnificat anima dominum
le nostre case ad altri
le donne vedove
pietre disperse all’imbocco della strada
guidano i passi dell’intifada
agli insolenti l’ira
la grazia ai giusti
Magnificat Anima Dominum (CCCP, Palestina 1988)
Il 7 Ottobre la maestà d’Israele viene scaraventata a terra e piange lacrime amare. Hamas sposta, alza e lacera, in maniera violentissima corpi inermi di giovani in festa, sposta l’anima e la coscienza del popolo israeliano tutto e del mondo non intero, ma una parte di mondo che riconosce l’orrore e la brutalità di gambe di giovani donne spezzate, di anziane portate vie con la violenza, di urla, morte e strisce di sangue, sangue che andrà a fortificare quella terra già carica di odio, rancore, silenzio, violenza e dignità fatta macerie, come le case.
Ma Erri De Luca, scrittore tra i maggiori viventi che non ha bisogno di presentazioni rifiuta questo folle scontro tra tifoserie scatenato a partire dal 7 ottobre, perché, dice, “ce ne sono dozzine di verità e ognuna è decisiva per chi sostiene le sue ed esclude le altrui. Queste barricate nelle opinioni pubbliche del mondo pesano sulla sorte di due popoli diversamente fuorviati dalle rispettive dirigenze, che vorrebbero solo vivere”.
La guerra la conosce bene De Luca, che dal 1993 al 1997, durante il conflitto nella ex Jugoslavia, faceva l’autista di convogli umanitari e ha vissuto nel 1999 il bombardamento di Belgrado. Parliamo con lui di Israele e di Gaza. Gaza, una gabbia a cielo aperto. Da una parte prigionieri, tenuti sotto scacco, con i fucili puntati e dall’altra parte invece Israele, ferita, dissanguata, che ha visto bambini con teste tagliate, e lì con la sua maestà che sa di avere un regno sul quale però non può posare il suo scranno.
Una striscia che diventa madre e matrigna, un pezzo di terra conteso da anni, come nelle più altolocate e peggiori famiglie, due popoli, due religioni. Il conflitto tra israeliani e palestinesi sono in realtà i bambini morti, sono i bambini israeliani sgozzati davanti ai loro genitori, sono i bambini palestinesi che muoiono di fame, di sete, che scappano e vorrebbero farlo ma sono chiusi, non possono andare da nessuna parte.
Volo Roma- Londra una settimana dopo lo scoppio del conflitto, una signora in aeroporto fa notare che c’è una valigia lasciata incustodita e poi chiama l’addetto. Si rivolge verso di me e dice “di questi tempi non si sa mai potremmo esplodere da un momento all’altro “. E lì scatta la paura. Vivere avendo paura: chi ha creato tutto questo meccanismo di paura?
La paura è un sentimento penoso del quale provare a liberarsi. È anche un sentimento sfruttabile politicamente. Le destre aizzano paure di vario tipo, dalla criminalità all’immigrazione. Sono fenomeni a bassa intensità, per esempio la quota di stranieri residenti è stabile da anni, ma ingigantiti e percepiti in maniera alterata. Manca da noi una sinistra che promuova il coraggio, anch’esso sentimento politico, invece di fare concorrenza alle destre sul mercato delle paure. Sono di un secolo di guerre mondiali e di bombe atomiche pronte al lancio in diverse occasioni. Abbiamo fatto fronte contro le paure dandoci coraggio e ragioni per averne. Altrimenti le paure sono prigioni.
Sempre per paura ho deciso di togliere due catenine dal collo, che hanno un valore affettivo fortissimo per me (una stella di David e un simbolo di L. Cohen) perché si deve vivere così?
Direi che si è trattato di prudenza e di principio di precauzione. Non si gira in un quartiere malfamato con un orologio di marca ben in vista al polso. Sono tempi di animi agitati e anche l’abbigliamento si adegua.
Londra è piena di islamici, però quando sto con loro, non sento in realtà quella differenza di cui tutti parlano: perché si è creata questa visione dell’Islam che taglia solo gole e basta?
L’Islam tagliagole è una tragica caricatura. L’Islam è una civiltà millenaria. Ma la diffamazione dipende da una sbagliata scelta di termini. Di un estremista che compie attentati in nome della divinità si dice che si è radicalizzato. Questo suggerisce che l’Islam alla sua radice predica quella scelta. È vero il contrario, quegli estremisti ignorano completamente le scritture sacre che pretendono di realizzare. Allora dico che quell’estremismo è di superficie e non di radice. Direi che ne falsifica proprio la radice. Ma l’andazzo di dichiarare radicalizzato l’estremista gli rende un grande favore. Lo nobilita invece di smascherarlo. La sua manifestazione criminale fa più chiasso dell’Islam devoto, pacifico, fraterno. Il cinema ha contribuito a enfatizzare il fenomeno dell’estremismo banditesco. Ma L’Isis è stato sconfitto militarmente sul campo in Iraq. Aveva territori conquistati e li ha perduti tutti, riducendosi a bande clandestine “
L’altro giorno ho incrociato una signora che portava un chador. Mi sono chiesta: perché si deve vestire così? Poi quando me ne sono andata e l’ho guardata di spalle mi sono detta sinceramente “ma a me cosa interessa di come si veste, forse non è il vestito il problema…
Non è il vestito monacale a fare da demarcazione tra Occidente e Islam. È invece la negazione del diritto delle donne allo studio e alle professioni, in Iran e in Afganistan. In tanti altri stati musulmani tale regime di esclusione non esiste. Su questo tema, il formidabile contributo delle donne alla vita sociale, percepisco la demarcazione tra Occidente e qualche teocrazia islamica.
Da scrittore come vive e come spiegherebbe questa guerra? Questo conflitto che dura da sempre ma che non è l’unico?
La prima domanda che mi faccio è: perché di tante guerre nel mondo, questa coinvolge molto più emotivamente le persone? Curdi, armeni per esempio, subiscono continui crimini di guerra contro le loro popolazioni civili. La mia risposta è che in quella piccola regione tra il Giordano e il mare c’è la più alta concentrazione di luoghi sacri a tre monoteismi. È un plesso solare del mondo, un incrocio di sistemi nervosi. Ogni pietra è stata raccolta e scagliata tra ferventi di tre fedi, opposte per definizione. Il monoteismo predica la divinità unica e sola. Tre monoteismi millenari si negano a vicenda il diritto alla verità. Mi spiego così il fervore costante di schieramenti pro e anti, la riduzione dei ragionamenti a partigianerie. Queste barricate nelle opinioni pubbliche del mondo pesano sulla sorte di due popoli diversamente fuorviati dalle rispettive dirigenze, che vorrebbero solo vivere.
È giusto identificare la Palestina con Hamas?
Hamas tiranneggia il popolo di Gaza. In Cisgiordania c’è invece l’autorità palestinese. Dunque, rispondo: no, Hamas è una teocrazia militare come quella in Iran. Non direi che gli ayatollah rappresentano il popolo iraniano.
E perché secondo lei Hamas ha scelto questo momento storico per attaccare e attaccare in questo modo? Sapendo che c’è un altro conflitto che sta “distruggendo” l’Europa sia a livello economico che sociale?
Hamas ha attaccato quando era pronto e quando Israele era sguarnito lungo la Striscia per obbedire agli estremisti al governo con Netanyahu che hanno preteso lo spostamento dell’esercito a protezione di una festività religiosa in Cisgiordania. Hanno approfittato di una lunga preparazione e di una circostanza a loro favorevole. L’effetto politico immediato è stato il congelamento dei colloqui di normalizzazione tra Arabia Saudita e Israele. L’effetto militare è stato lo scoppio di una guerra.
Ora nelle tv e sui giornali non si parla del conflitto in Ucraina…la Russia ha avuto un ruolo secondo lei in tutto questo? E l’Iran che parte ha?
L’invasione russa dell’Ucraina resta per me l’epicentro politico del mondo. Le cronache avevano abbassato l’attenzione già prima del 7 ottobre. L’Iran svolge il suo compito di antioccidentale e secondariamente anti-sunnita. Istiga e finanzia Hezbollah nel Libano a colpire il territorio di Israele, esponendo i suoi alleati ai contraccolpi, ma non può fare di più e di peggio di quello che già fa.
Teste di bambini sgozzati, rapimenti, una violenza e un orrore senza fine da parte di Hamas. Poi si sente dire subito “quando uno stato viene attaccato è giusto reagire”. È normale tutto questo? Cosa intendono? Cioè che se Hamas ha ucciso milioni di israeliani, Israele deve radere al suolo Gaza e tutti i palestinesi? Così le guerre non finiranno mai e non ci sarà mai la parola pace.
Le guerre finiscono tutte. Poi possono riprendere ma prima finiscono. A decidere la fine di queste due in corso, tra Ucraina e Russia e tra Israele e Hamas, sarà inevitabilmente il risultato militare sul campo. Le possibilità sono sempre due: la sconfitta di uno dei due o lo stallo per impossibilità reciproca di prevalere. Alla parola “pace” sostituirei la formula auspicabile di cessate il fuoco, premessa di negoziati. Non tregua perché so di preciso e di persona che le tregue vengono violate regolarmente. Cessate il fuoco: aspetto che quest’ordine venga dato ed eseguito.
Quando ci siamo sentiti al telefono mi ha detto che questo è un argomento molto doloroso per lei, posso chiederle perché? E poi credo che sia giusto, anche per le persone che la seguono, che lei dia non una sua opinione ma che dia un suo sentimento, un suo sentire. Penso che sia importante non schierarsi come se stessimo allo stadio ma spiegare quello che sta succedendo e quello che potrebbe accadere.
Per motivi che dicevo prima circa l’emotività internazionale scatenata dal conflitto. Quando c’è il sacro in campo c’è lacerazione più profonda, più dolorosi i sentimenti di compassione, di collera, più profonde le inimicizie. Ho perduto e rotto robuste amicizie per giuste e sofferte cause. Oggi ammetto di dispiacere a molti con il mio rifiuto di agitare bandiere: è il prezzo che pago alla mia indipendenza.
Un titolo di giornale inglese riportava queste parole “la propaganda in guerra sminuisce l’amore per la verità”: una frase scritta da Samuel Johnson nel 1758….Israele accusa Hamas, Hamas accusa Israele e tutto l’Occidente: ma la verità dove sta?
La verità? Ce ne sono dozzine di verità e ognuna è decisiva per chi sostiene le sue ed esclude le altrui.
Sempre nel meraviglioso mondo dei social le persone condividono una foto, ovviamente ricostruita, di un bambino palestinese che abbraccia un bambino israeliano, accompagnato da questa dicitura “il futuro è questo”. Possibile pensare che le generazioni future crescano con la volontà di abbracciare popoli che gli hanno portato via genitori, parenti, amici… con quale speranza si può pensare che un bambino che rimane orfano, che magari Hamas gli ha ucciso i genitori o Israele, riesce a crescere senza odio e rancore?
Le generazioni future dovranno confrontarsi con i guasti del clima e inventare insieme l’economia della riparazione. Problemi giganteschi metteranno le gioventù del mondo futuro a misurarsi con la conversione, voce del verbo convertirsi. Tra le conversioni di ogni stile di vita e di pensiero ci sarà il ripudio della guerra, la cicatrizzazione delle ferite.
Che ruolo sta avendo Netanyahu?
Netanyahu è un uomo d’affari di un governo sostenuto da estremisti religiosi. La sua incompetenza e inadeguatezza, in questo momento, farà di lui un relitto politico. La sua scomparsa dovrà comportare la sconfitta degli estremismi religiosi a lui alleati. Israele uscirà lacerato in due da questa guerra e forse da questa lacerazione potrà uscire la scelta di smantellare le colonie in Cisgiordania.
Cresce sempre di più l’antisemitismo mai sotterrato evidentemente. A Roma, via Dandolo, sono state bruciate due pietre di inciampo…
L’antisemitismo è una costante secolare che si acutizza col pretesto di Israele, attaccando e colpevolizzando cittadini di altre nazionalità. Non è antisemitismo invece criticare governi israeliani in carica.