La leader storica dei radicali
Intervista a Emma Bonino: “Da amica di Israele dico che lasciare Gaza senza acqua e luce è un crimine di guerra”
«Lasciare Gaza senza luce e acqua significa violare il diritto internazionale, e significa anche cadere nella trappola di Iran e terroristi che vogliono una guerra casa per casa»
Interviste - di Umberto De Giovannangeli
“Da vera, sincera, amica d’Israele mi sento di dire a Benjamin Netanyahu: non cadete nella trappola che ha preparato Hamas. L’invasione di Gaza è quello che vogliono i terroristi e i loro burattinai iraniani”. A parlare è Emma Bonino, già ministra degli Esteri e Commissaria europea per le emergenze umanitarie, leader storica dei Radicali. “Ad Hamas – rimarca Bonino – non interessa conquistare terreni, il loro obiettivo è costringere Israele ad una operazione terrestre che trasformerebbe la Striscia di Gaza in una trappola mortale. Comprendo l’orrore, la rabbia, il dolore di fronte allo scempio di vite umane perpetrato da Hamas, ma oggi la leadership israeliana non deve agire di pancia ma con la ragione”.
E la ragione dovrebbe spingere anche Israele a ripensare al blocco totale di luce, acqua, elettricità deciso in risposta agli attacchi di Hamas. “Sarà – dice l’ex ministra degli Esteri – che porto con me il retaggio della mia esperienza da Commissaria europea per le emergenze umanitarie, ma continuo a pensare che ordinare un assedio totale di Gaza, come ha fatto il ministro della Difesa di Israele – niente acqua, niente cibo ai civili, niente elettricità – non è un semplice errore in una escalation del conflitto. Questo è un crimine di guerra”.
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Orrore e morte in Israele e nella Striscia di Gaza. È una situazione senza via di uscita?
Nel breve, temo di sì. Vedo che in modo disordinato si sta muovendo il mondo intero. La Turchia si è proposta come mediatrice tra Hamas e Israele. In questo ruolo è la meno credibile possibile, visto che ha Turchia ha protetto Hamas, anche recentemente. Poi si è impegnato l’Egitto, dichiarando la sua disponibilità a riaprire il valico di Rafah, a condizione che Israele accetti la tregua. Ma Hamas ha proposto una tregua? Non mi risulta. Ha deciso di liberare le donne, gli anziani, i bambini che tiene in ostaggio? Non mi risulta neanche questo. Israele con chi dovrebbe farla questa tregua? In modo unilaterale? È sempre molto difficile reagire nei primi giorni, ma come amica da sempre, senza titubanze, del popolo israeliano, io spero solo, mi auguro, che Netanyahu non faccia errori e non cada nella trappola, che a me pare così evidente, come scrive oggi (ieri per chi legge, ndr) Thomas Friedman sul New York Times, che Hamas e l’Iran hanno escogitato, e cioè che Israele occupi Gaza per lungo tempo e in profondità con l’effetto che verrebbe coinvolto l’esercito di terra, si combatterebbe casa per casa, e tutto quello che ne consegue. Capisco che Israele debba reagire in qualche modo. Spero, auspico, provo a farmi sentire per evitare che lo faccia in modo sbagliato e non cada nella trappola Iran-Hamas. Con Friedman, dico che Israele non ha mai dovuto essere più intelligente di quanto non lo debba essere ora.
Quello che si sta consumando, in questi giorni, in queste ore, in quel martoriato angolo del mondo, non è anzitutto un grande fallimento politico che chiama tutti in causa?
Assolutamente sì. È il fallimento dell’Europa, quanto dell’Italia, che non per demerito né di Meloni né di Tajani ha la forza per essere un interlocutore credibile. Perfino Biden ha difficoltà a farsi ascoltare da Netanyahu. Il problema, a mio avviso, è che con gli Accordi di Abramo si stava avverando un’apertura degli Stati arabi a cooperare con Israele. Cosa che Hamas e l’Iran non volevano nel modo più assoluto. Hamas ha sempre avuto come obiettivo la distruzione dello Stato d’Israele, come l’Isis. Gli attacchi suicidi, le uccisioni di massa, la pratica terroristica portata ai livelli più barbari, non sono funzionali per Hamas alla conquista di territori ma a costringere Israele ad entrare nella trappola di Gaza, entrarci con l’esercito. Ha ragione Friedman: questo è il più grande “regalo” che Israele potrebbe fare ad Hamas. Costringendolo ad andare casa per casa, a cercare i terroristi.
Per tornare sul mondo che disordinatamente si sta muovendo. La Russia?
La Russia ha già offerto sostegno non a Israele ma ai palestinesi, ad Hamas. D’altro canto, non bisognerebbe dimenticare che Netanyahu ha avuto per anni rapporti con Hamas, dopo che Hamas aveva vinto le elezioni a Gaza, mettendo da parte al-Fatah, screditando Abu Mazen, favorendo la delegittimazione di un interlocutore che si mostrava più disponibile ad un negoziato. Questa è la situazione ad oggi. Come amica d’Israele, non mi stancherò di insistere su questo, orripilata come tutti dalle immagini sconvolgenti di civili massacrati, massacrati da terroristi, perché tali sono quelli di Hamas, e non generici “combattenti”, o “militanti”, o “resistenti”. Il popolo d’Israele non è terrorista. Non si deve rispondere sangue a sangue. Però non avrà scelta. Anche se per un periodo breve, almeno nelle intenzioni, dovrà occupare Gaza, con tutto quello che ciò comporta, temo.
Come si può non tener conto che in quella immensa prigione a cielo aperto, isolata dal mondo, che è la Striscia di Gaza, vivono in cattività 2,1milioni di palestinesi, la maggioranza sotto i 18 anni.
Forse perché sono stata commissario europeo per le emergenze umanitarie e certe sensibilità me le porto dietro, questo è uno dei problemi più grandi, assieme a quello degli ostaggi. 2,1 milioni di persone non sono tutti terroristi. Circola l’idea di evacuare da Gaza anziani, donne, bambini, i civili insomma. Sarebbe già qualcosa. Ma soluzioni a breve o medio termine io non ne vedo. Se Israele occupa Gaza, poi la deve anche amministrare e ricostruire.
Per tanti anni la comunità internazionale, e in essa l’Europa, è andata avanti evocando la soluzione “a due Stati”. C’è ancora spazio per questa prospettiva?
Arrivati a questo punto temo che non ci sia più spazio per progetti come quello di “land for peace”. Si possono e si debbono, ci mancherebbe altro, avanzare critiche a certe politiche, penso ad esempio allo sviluppo degli insediamenti, condotte nel tempo dai governi d’Israele, ma questo non toglie nulla al fatto che Hamas non vuole conquistare terreno. Vuole attirare Israele in questo trappolone criminale e criminogeno. Questo è quello che hanno in testa, e non da oggi. Io spero e mi auguro che il governo israeliano, che adesso è stato ampliato al centro di Gantz – e mi dispiace che non sia entrato Lapid – possa fare funzionare non solo la pancia, come è evidente, ma anche la testa. E capire cosa gli sta avvenendo intorno. Aspetto ancora di vedere cosa intende fare Hezbollah, per esempio. È chiaro che se Israele si trovasse a dover aprire due fronti, uno a Gaza, per conquistarla, e l’altro a Nord, con il Libano, questo aggraverebbe ulteriormente una situazione già esplosiva per tutto il Medio Oriente. L’obiettivo politico, non so se di Hamas ma di certo dell’Iran, è quello di bloccare gli Accordi di Abramo, su questo non mi sembra che si possano nutrire dubbi.
Cosa significa oggi essere per davvero amico d’Israele?
Sostenere Israele consigliandolo – non io ma gente molto più autorevole di me – di non fare passi falsi. Che debba esercitare il diritto di difesa, specie dopo un attacco così virulento e barbaro, questo non può negarlo nessuno, ma evitare di cadere nelle trappole ed evitare di fare passi falsi. Questo dovrebbe fare un vero amico d’Israele.
E un vero amico del popolo palestinese?
Altrettanto. Certo, l’autorevolezza di Abu Mazen e di al-Fatah è pressoché sparita, ma Israele, e non solo, tenga conto che non tutti i palestinesi sono terroristi. Anzi. Io spero che questo corridoio di evacuazione dei civili si realizzi. E su questo proverò a impegnarmi di più.