La premier è tassativa

Nasce un nuovo asse tra Roma e Berlino per fare la guerra ai migranti…

La lettera firmata da Meloni e dal premier britannico Sunak per lanciare una strategia comune di propaganda sui confini assediati da orde scatenate

Politica - di David Romoli

7 Ottobre 2023 alle 13:00

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Nasce un nuovo asse tra Roma e Berlino per fare la guerra ai migranti…

“Accordo unanime. Piena soddisfazione”: Giorgia Meloni è tassativa. Oddio, a sentire il suo amico ungherese Orbàn, che parlava anche a nome di quello polacco, Morawieczi, non si direbbe che il clima europeo, sull’eterna croce delle migrazioni, sia così idilliaco: “E’ stata perpetrato uno stupro legale ai danni di Polonia e Ungheria. Così è impossibile raggiungere un compromesso anche negli anni a venire”.

L’italiana non si scompone: “Questo dipende dalla precedente percezione di come gestire la questione migratoria. Abbiamo votato il Patto di immigrazione e asilo perché le regole sono migliori per noi ma non è la priorità. Ora non parliamo più di come distribuire le persone ma di come fermare l’immigrazione illegale. Questo è uno spartiacque”. Il Patto in effetti c’è e il cancelliere tedesco Scholz assicura che anche se i due Paesi “stuprati” lo hanno respinto “sarà comunque vincolante e non potrà essere bloccato da singoli Paesi”.

In situazioni d’emergenza i singoli Paesi potranno dichiarare lo stato di crisi e invocare la redistribuzione europea degli arrivati, in deroga alle regole del Trattato di Dublino. Per accettare il patto la Germania ha fatto in modo che i criteri in base ai quali dichiarare lo stato di crisi fossero più rigidi ma è arretrata sull’emendamento presentato all’ultimo momento, quello che garantiva, peraltro molto timidamente, una certa tutela alle Ong. Quella di Meloni è una vittoria vera ma parziale. L’emendamento della discordia non è stato cancellato ma spostato dall’art.1 all’introduzione, quella aperta dalla parola “Considerando”. In questo modo il passaggio non è più vincolante, ed è una vittoria della premier italiana, ma non è neppure cestinato, a tutto vantaggio del cancelliere di Berlino.

Il faccia a faccia tra i due, molto atteso, comunque è andato davvero bene. Scholz, pressato da una spinta di destra che nel suo Paese non si limita alla AfD in ascesa ma coinvolge e travolge la stessa Cdu accetta in pieno la strategia italiana del “fermare le partenze” ma, almeno stando a quel che racconta perentoria Meloni non alza muri neppure sul solo vero elemento concreto, e dunque realmente combattuto, in campo: il memorandum con la Tunisia. “Il cancelliere mi ha confermato il sostegno, che aveva già dato in Tunisia. E’ perfettamente consapevole che questo è l’unica strada che può dare risultati seri e che va replicato in altri Paesi africani. Non risulta che sia stato chiesto di rendere la Tunisia Paese non sicuro”.

Dal suo punto di vista il governo italiano, quello che ha insistito perché il Consiglio europeo di Granada discutesse soprattutto di immigrazione, ha raggiunto risultati che giustificano la soddisfazione della premier soprattutto il giorno precedente, con la nascita di un “patto a sei” col quale Inghilterra, Italia, Francia, Olanda, Albania e Commissione europea si impegnano a un lavoro comune per tradurre in pratica di 10 punti del Piano von der Leyen, coincidente alla lettera con la strategia italiana, e con la lettera che Meloni e il premier britannico Sunak hanno firmato insieme, pubblicata dal Corriere della Sera in Italia e dal Times nel Regno Unito di nuovo a sostegno dei 10 punti ma anche per lanciare una strategia comune europea, non limitata ai Paesi dell’Unione, per fermare l’immigrazione.

Quanto concrete siano queste “vittorie” di Giorgia Meloni è a dir poco discutibile. Lei stessa afferma che “sulla diagnosi siamo d’accordo, ora si tratta di metterla in pratica”. Il patto a 6 dovrebbe servire proprio a questo ma come e con quali metodi e mezzi resta misterioso. La modifica del bilancio europeo per gli aiuti “non predatori” all’Africa è tutt’al più una buona intenzione. I 200 mln promessi alla Tunisia dal memorandum, per nulla risolutivi della crisi di quel Paese, restano al palo. Sono partiti 60 mln, ma collegati ad altro accordo. Il Patto per l’immigrazione dovrà ora essere discusso con l’europarlamento, che è su posizioni molto meno chiuse e blindate dei singoli Stati e del Consiglio. La divisione messa fragorosamente in piazza dagli strilli di Orbàn non è affatto una storia del passato perché, al di là delle dichiarazioni ufficiali, il problema reale in Europa è ancora quello della gestione dell’accoglienza e della redistribuzione.

Ma sul piano politico-culturale la linea del governo italiano di destra sta passando davvero. “C’è un’ampia maggioranza a favore della difesa dei confini esterni e della lotta agli scafisti”, tripudia il presidente del Consiglio europeo Charles Michel, e su questo almeno in questa fase pre-elettorale, sono davvero d’accordo tutti, chi più entusiasticamente, chi a bocca un po’ storta come Scholz, chi per forza e non per amore come lo spagnolo Sanchez, l’unico a non esporsi apertamente sulla linea della destra fatta propria anche dal centro e da un socialdemocratico come il cancelliere tedesco. E’ la linea della Fortezza Europa ed è davvero quella a cui mirava Meloni sin da quando guidava un partitino marginale in Italia insignificante in Europa.

7 Ottobre 2023

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