Le sentenze pro-migranti

Tunisia non sicura, di cosa si stupisce la Meloni?

Meloni si stupisce che il tribunale di Firenze non consideri la Tunisia luogo sicuro per il rimpatrio dei migranti: parliamo della stessa Tunisia, retta da un dittatore, che abbandona i migranti nel deserto...

Editoriali - di Iuri Maria Prado

6 Ottobre 2023 alle 15:00

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Tunisia non sicura, di cosa si stupisce la Meloni?

Qualche settimana fa, a propaganda delle gesta di governo in materia di immigrazione, e a denuncia delle cospirazioni che intralciavano quel mirabile lavoro, la presidente del Consiglio dichiarava: “Penso al quotidiano tentativo di alcune forze politiche e influenti realtà di sostenere che la Tunisia sarebbe un regime oppressivo”. Ricordiamoci bene di queste parole, già abbastanza sorprendenti allora, quando erano pronunciate: ma tanto più sinistre ora, come vedremo tra poco, alla luce delle decisioni di giustizia recentemente intervenute in argomento.

Diciamo innanzitutto, prima di arrivare alla ciccia, che non è “politica” la grandinata di provvedimenti giudiziari che sta congelando la semina normativa di maggioranza in questo campo. E se pure fosse vero (può darsi benissimo) che quella giustizia è mossa da pregiudizi politicamente orientati, resterebbe e resisterebbe in ogni caso il profilo unicamente tecnico dei motivi che fanno da scorta alle decisioni ormai plurime che disapplicano le ultime norme italiane sul punto. Prima delle ordinanze catanesi, che tanto strepito han fatto per il fine “antigovernativo” che ne denuncerebbe il tratto politico, già una decisione di un altro giudice specializzato, il tribunale di Firenze, era intervenuta a sottolineare l’incompatibilità di quelle norme rispetto al quadro della disciplina europea, e dunque a farne disapplicazione.

Come già abbiamo spiegato su queste pagine, quelle decisioni non sono fondate e giuste per forza; possono essere erronee come qualunque decisione di giustizia: ma la parte politica che le ha avversate ha lasciato intendere, anzi ha proprio strillato, che esse non potevano essere assunte e che il fatto di assumerle costituiva un indebito attentato ai sovrani poteri di governo, il tutto sovrastato dalla balordaggine secondo cui in realtà non c’era nulla di storto in quelle norme giacché le aveva firmate il presidente della Repubblica.

La realtà è che, a torto o a ragione (questo è tutt’altro discorso), i giudici che si sono interessati alla faccenda hanno ormai più volte ritenuto che fossero illegittimi i provvedimenti fondati sulla politica “spazzaprofughi” e adottati per togliere la libertà personale ai migranti. O, come nel caso della decisione del tribunale toscano, per limitare o negare il riconoscimento del diritto di asilo a persone provenienti da Paesi cosiddetti “sicuri”. Nella specie, si trattava della Tunisia. Ricordate? Il Paese in cui, a giudizio di Giorgia Meloni, “influenti realtà” (è il modo post elettorale per dire “poteri forti”) pretendevano di riconoscere “un regime oppressivo”.

Non sappiamo se Giorgia Meloni ignorasse che gli Stati membri, come l’Italia, hanno l’obbligo (ripetiamo: l’obbligo) di monitorare il livello di tutela dei diritti civili e democratici dei Paesi messi nella lista di quelli “sicuri”, e dunque l’obbligo di aggiornare periodicamente quella lista quando risulti che un Paese non presenta più i requisiti di sicurezza per rientrarvi. Ebbene, il plateale e indiscutibile degrado delle condizioni civili e democratiche in Tunisia – con l’annichilimento del sistema di tutela giudiziaria, con la diffusa e violenta repressione del dissenso, con l’affidamento dell’ordine alle più brutali pratiche poliziesche e, appunto, con il sistematico e disumano maltrattamento delle persone migranti – dice che l’Italia non ha adempiuto al proprio obbligo di rilevare quella drammatica involuzione e di trarre le conseguenze dovute circa la legittima permanenza della Tunisia nell’elenco dei Paesi “sicuri”. Quelli, per capirsi, che non permettono al migrante che da lì provenga di valersi delle guarentigie invece assicurate ai migranti da Paesi risaputamente irrispettosi delle minime garanzie dei diritti fondamentali.

La parte legale della faccenda è quella di cui si occupa la decisione del tribunale di Firenze, e riguarda per l’appunto l’obbligo – inosservato dall’Italia – di non mettere arbitrariamente tra quelli “sicuri” un Paese che in realtà non lo è, e di rivalutarne il profilo e di toglierlo da quella lista quando sia documentato che non garantisce più i diritti elementari degli individui. La parte politica della faccenda è quella che la decisione giudiziaria nemmeno evoca, ma fa emergere in modo prorompente: mentre contravveniva ai propri obblighi, non aggiornando la lista dei Paesi sicuri e mantenendovi la Tunisia, l’Italia interloquiva e faceva accordi con il regime nordafricano affinché trattenesse e ricevesse migranti a quel punto “legalmente” immeritevoli di richiedere protezione altrove. Che questo disegno abbia lambito anche gli intendimenti della stessa Unione Europea non attenua ma aggrava le responsabilità italiane, ed è anzi lo sviluppo ulteriore di un andazzo in moto da parecchio tempo: chiedere soldi e aiuti all’Europa non per integrare i migranti ma per respingerli; non per inquadrarli in un sistema di diritto ma per confinarli in un sistema senza diritti.

Chiudo con una nota di pura osservazione politica e civile. Il chiasso montato intorno alle decisioni “pro-immigrati” e “anti-governative” dice tutto sul vero atteggiamento di maggioranza in materia di giustizia: diventa caso nazionale il provvedimento che libera un migrante che non ha commesso reati; non succede nulla se un altro provvedimento manda in galera gli innocenti, cosa che succede ogni giorno. Trovami infatti una vicenda, dico una, che negli ultimi anni abbia avuto altrettanta risonanza e suscitato uno scandalo simile, ma con innocenti incarcerati anziché con negri liberati. “Garantisti nel processo e giustizialisti nella pena”, dicevano. Ma neppure. Piuttosto garantisti mai e giustizialisti sempre, non ostante la legge e quando serve anche contro.

6 Ottobre 2023

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