"No alla carità"
Tunisi gela Bruxelles, Saied vuole più soldi per gestire i flussi migratori
Il presidente tunisino rifiuta la prima tranche di fondi stanziati dall’Europa in cambio del controllo sui flussi migratori: “importo irrisorio” in contrasto col memorandum
Esteri - di Umberto De Giovannangeli
L’autocrate di Tunisi sbatte la porta in faccia ai suoi sponsor europei, a cominciare da Giorgia Meloni. Ne fa una questione di principio, titilla l’orgoglio nazionale, ma la questione vera è molto più prosaica. Questione di soldi. “Sì alla cooperazione, no alla carità”. A tarda sera di lunedì, il presidente tunisino Kais Saied annuncia che il suo Paese rifiuta di accettare i fondi stanziati dall’Unione europea a favore della Tunisia in cambio – tra l’altro – di impegni nel controllo dei flussi migratori.
Tra le motivazioni della decisione, Saied denuncia l’importo “irrisorio” che sarebbe in contrasto con l’accordo concluso a luglio tra le due parti, il cosiddetto memorandum di Cartagine. Parole che gelano ancora una volta l’Ue e l’Italia in particolare, dopo l’avvertimento lanciato dal ministro dell’Interno di Tunisi appena due giorni fa: “La Tunisia non può agire come un gendarme la cui missione è proteggere i confini degli altri. Può solo difendere i suoi confini, le proprie frontiere”. Saied spiega che “La Tunisia, che accetta la cooperazione, non accetta nulla che assomigli alla carità o al favore, perché il nostro Paese e il nostro popolo non vogliono compassione e non la accettano quando è irrispettosa. Di conseguenza, la Tunisia rifiuta quanto annunciato nei giorni scorsi dall’Ue”. E poi aggiunge che il suo Paese “sta facendo il possibile per smantellare le reti criminali che trafficano in esseri umani”.
Il 22 settembre, la Commissione europea aveva annunciato che avrebbe iniziato “rapidamente” a stanziare i fondi previsti dall’accordo con la Tunisia, precisando che dei 105 milioni di euro di aiuti previsti dall’accordo per la lotta all’immigrazione clandestina, circa 42 milioni di euro sarebbero stati “rapidamente assegnati”. Altri 24,7 milioni di euro sono già stati stanziati per i programmi in corso. Secondo la Commissione europea, i fondi dovrebbero essere utilizzati in parte per riparare le imbarcazioni della Guardia costiera tunisina e per cooperare con le organizzazioni internazionali: sia per la “protezione dei migranti”, sia per le operazioni di rimpatrio dei profughi dalla Tunisia ai loro Paesi d’origine.
Il memorandum d’intesa tra la Tunisia e l’Ue prevede anche un aiuto diretto di 150 milioni di euro nel 2023 al dissestato bilancio tunisino, considerate le gravi difficoltà economiche del Paese. La Tunisia, insieme alla Libia, è il principale punto di partenza per migliaia di migranti che attraversano il Mediterraneo centrale verso l’Europa e arrivano in Italia. Imbarazzata e imbarazzante è la reazione di Bruxelles. “Siamo in contatto con le autorità tunisine sull’attuazione dell’accordo”, balbetta il portavoce della Commissione europea. Successivamente, un funzionario Ue ha commentato la situazione sottolineando che le dichiarazioni del presidente tunisino non sono chiare, per motivi tecnici. Tradotto: non hanno ricevuto le traduzioni. Testuale: “Non abbiamo capito ancora cosa volesse dire Saied – ha spiegato – Non abbiamo avuto la trascrizione e stiamo lavorando per avere più informazioni”.
Sul campo restano le interpretazioni e secondo quanto ha fatto filtrare Bruxelles il presidente tunisino “avrebbe preferito più aiuti” rispetto alla prima tranche decisa dalla Commissione. Sullo stato dell’intesa l’alto funzionario non ha voluto dire troppo anche perché, ha ricordato, il Consiglio “non è stato coinvolto” nei negoziati. Ma, ha sottolineato, “non possiamo dire che il Memorandum sia un fallimento”. Quanto all’Italia, naufraga miseramente la principale strategia del governo Meloni che col memorandum contava di bloccare i migranti che dallo scorso autunno partono soprattutto dalla Tunisia. 135mila gli arrivi da inizio anno, di cui oltre 50mila registrati dopo la firma dell’accordo con Tunisi. In Tunisia la crisi economica morde e scarseggiano anche generi alimentari di prima necessità. I due miliardi di dollari del Fondo monetario internazionale per dare ossigeno al Paese restano una pratica incagliata perché Saied rifiuta le riforme chieste in cambio.
“La premier dovrebbe almeno avere la dignità di venire in Parlamento, spiegare cosa sta accadendo e ammettere il proprio fallimento davanti agli italiani”, afferma il segretario di +Europa, Riccardo Magi, dopo le parole di Saied. Ma l’autocrate di Tunisi ha una carta da giocare, per alzare la posta e ricattare l’Europa (e gli Usa). La carta dei Brics, a cui la Tunisia ha fatto domanda di ammissione lo scorso 23 agosto. Da Tunisi filtrano voci, di palazzo, sull’intenzione di Saied di rivolgersi alla Cina e ai Brics per ottenere i prestiti necessari per rimettere in sesto la disastrata economia nazionale, contando già sul sostegno della Russia di Putin. Senza la “condizionalità” dei diritti umani.