Il dramma migranti continua
Ennesima strage nel Mediterraneo: motovedetta libica sperona gommone con almeno 50 persone a bordo
L’aereo Seabird e la nave del soccorso civile Louise Michel che stava pattugliando poco lontano, hanno cercato per ore se vi fossero superstiti ancora in acqua, ma le ricerche hanno dato esito negativo
Cronaca - di Luca Casarini
Li hanno speronati, nel tentativo di azzardare un abbordaggio già di per sé omicida, perché condotto da una motovedetta in ferro a danno di un gommone rattoppato e stracarico di persone. Il gommone, come fosse un palloncino colpito da un camion in corsa, è collassato subito, consegnando al mare le vite che conteneva. Donne, uomini, bambini. Quanti morti? Come denunciato poche ore fa pubblicamente da Sea-Watch, l’aereo civile Seabird ha osservato e documentato stamattina questa violenta intercettazione operata, in acque internazionali al largo di Sabratha.
La motovedetta libica classe Corrubia, è una di quelle fornite in questi anni dai governi italiani. Una parte del gruppo di profughi è stata sicuramente catturata e deportata in Libia. Ma l’affondamento di un gommone carico di persone non è quasi mai senza conseguenze mortali. L’aereo Seabird e la nave del soccorso civile Louise Michel che stava pattugliando poco lontano, hanno cercato per ore se vi fossero superstiti ancora in acqua, ma le ricerche hanno dato esito negativo. Louise Michel e il suo team hanno poi tratto in salvo altre 58 persone su un’altra barca, che per fortuna non era stata intercettata dagli assassini che si fanno chiamare “guardia costiera libica” e che il governo italiano paga profumatamente per fermare “in ogni modo” i migranti.
Mentre una delle nostre motovedette data in mano ai libici, portava a termine l’ennesimo lavoro sporco e disumano, il ministro Piantedosi era a Palermo, insieme, tra gli altri, al suo omologo di Tripoli, il famigerato Emad Trebelsi, segnalato come uno dei peggiori trafficanti sia dalle Nazioni Unite che dai servizi di sicurezza americani. Pacche sulle spalle, grandi sorrisi, come al solito. Tipico di uno che vuole fare la “guerra nell’intero globo terraqueo ai trafficanti”, no? Quali saranno state le frasi della conversazione dietro le quinte? Forse gli avrà detto: “Emad, scusa, ma noi abbiamo bisogno di risultati”.
E quello magari ha risposto: “Matteo, perdonami, ma hai visto stamattina che lavoretto? “. Perché è dietro le quinte che la verità viene a galla. Ad esempio, il crimine compiuto in mare, in acque internazionali, ieri mattina, l’ennesimo di una serie infinita, è il vero motivo del perché il governo italiano non vuole le Ong tra i piedi. Non sono i numeri dei soccorsi e sbarcati dalle navi civili il problema – infatti la Ministra tedesca ha ricordato che essi sono, per il 95 per cento, frutto delle operazioni della Guardia Costiera italiana. Il problema sono i testimoni. Le Ong, navigando, possono vedere ciò che accade in mezzo al mare. Possono documentare e raccontare quello che avviene “dietro le quinte”.
Ecco perché il governo Meloni, utilizzando balle come il “pull factor”, si è impuntato sul nuovo patto europeo sulla riforma di Dublino, rischiando per la questione Ong, di restare isolato nel gruppetto di Orban. Quando si commettono crimini, i testimoni oculari sono sempre un problema. Ma come potrebbe, d’altronde, stare tranquillo chi trama con trafficanti e banditi della peggior specie, chi finanzia attività illegali come deportazioni di massa nei lager o nel deserto di esseri umani? Piantedosi è fuggito da Bruxelles per incontrare, all’aula bunker di Palermo, il ministro degli interni libico e quello tunisino. Anche se l’intento era quello di ammantare gli accordi scandalosi per fermare gli esseri umani che chiedono aiuto – fermarli proprio nei paesi dai quali devono scappare altrimenti li ammazzano – come “grande impegno contro le mafie globali”.