Il Memorandum
Rifugiati spariti, così Tunisia e Libia violano i diritti con i soldi europei…
Nonostante la Tunisia sia un Paese in cui arrivano molti rifugiati in cerca di protezione non c’è nel Memorandum nulla relativamente al diritto d’asilo e al rafforzamento delle capacità di gestione dei rifugiati da parte di Tunisi
Politica - di Gianfranco Schiavone
Sono trascorsi solo pochi giorni dalle brutali operazioni di deportazione e respingimento attuate dal regime autoritario del presidente tunisino Saied nei confronti di almeno un migliaio di stranieri di origine sub-sahariana e documentate da tutte le più autorevoli fonti internazionali. Le persone sono state abbandonate nel deserto al confine con la Libia e un numero imprecisato di persone sono morte di stenti. Poco dopo questi tragici fatti, lo scorso 16 luglio, la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen ha annunciato la stipula di un Memorandum d’intesa per un partenariato strategico tra Tunisia e UE.
Assieme ai temi delle relazioni economiche, all’impegno a sostenere un Forum sugli investimenti europei in Tunisia, a un partenariato sull’energia verde e a fumosi impegni per un nuovo partenariato su “gli scambi culturali, scientifici e tecnici”, il Memorandum prevede una parte denominata “migrazione e mobilità” nella quale le “parti concordano di promuovere lo sviluppo sostenibile nelle aree svantaggiate ad alto potenziale migratorio, sostenendo l’empowerment e l’occupabilità dei tunisini in condizioni di vulnerabilità, in particolare attraverso il supporto alla formazione professionale, all’occupazione e all’iniziativa privata”. (….) “la Ue si adopererà per adottare misure appropriate per facilitare la mobilità legale tra le due parti, anche agevolando la concessione dei visti riducendo i ritardi, i costi e le procedure amministrative”.
Le due parti “convengono di lavorare per l’attuazione di un Partenariato dei talenti per promuovere la migrazione legale, nell’interesse di entrambe le parti, in base alle esigenze reciproche della Tunisia e degli Stati membri dell’UE, e a beneficio dei settori di attività e dei mestieri individuati congiuntamente.” Dalle azioni a supporto di una (per ora solo annunciata) migliore mobilità migratoria regolare dei cittadini tunisini rapidamente il testo passa alla comune “priorità di combattere la migrazione irregolare per evitare la perdita di vite umane, nonché di sviluppare canali legali per la migrazione. La Tunisia ribadisce la sua posizione di non essere un Paese di insediamento per i migranti irregolari. Ribadisce inoltre la sua posizione di presidiare solo le proprie frontiere. Questo approccio si baserà sul rispetto dei diritti umani e comprenderà la lotta contro le reti criminali di trafficanti di migranti e di esseri umani, nel quadro del partenariato operativo rafforzato contro il traffico di migranti e la tratta di esseri umani, annunciato nell’aprile 2023, il cui contenuto è attualmente in discussione, una gestione efficace delle frontiere e lo sviluppo di un sistema di identificazione e di rimpatrio dei migranti irregolari già presenti in Tunisia verso i loro Paesi di origine”.
Il testo prosegue affermando che “le due parti convengono di continuare a collaborare per affrontare le sfide poste dall’aumento della migrazione irregolare in Tunisia e nell’ UE, riconoscendo gli sforzi compiuti e i risultati ottenuti dalle autorità tunisine”. Non è chiaro se il riconoscimento che la UE fa degli sforzi compiuti dalla Tunisia nel contrastare le migrazioni irregolari comprenda anche le deportazioni violente accadute pochi giorni prima; in ogni caso le parti “convengono di lavorare per migliorare ulteriormente il coordinamento delle operazioni di ricerca e salvataggio in mare e l’attuazione di misure efficaci per combattere il traffico di migranti e la tratta di esseri umani”.
Nonostante la Tunisia sia un Paese in cui arrivano molti rifugiati in cerca di protezione non c’è nel Memorandum nulla relativamente al diritto d’asilo e al rafforzamento delle capacità di gestione dei rifugiati da parte della Tunisia, paese che non ha neppure ancora una legge sul diritto d’asilo che dia attuazione alla Convenzione di Ginevra sullo status dei rifugiati che pure la Tunisia ha ratificato senza però prevedere alcuna procedura di riconoscimento della protezione (ancora affidata ad UNHCR) né un sistema di accoglienza ed integrazione dei rifugiati. Altresì non una parola compare nel testo in relazione ad un altro intervento tanto necessario quanto rimosso, ovvero l’impegno alla realizzazione da parte dell’UE di programmi di reinsediamento/ingresso protetto di rifugiati dalla Tunisia.
Si dirà, non senza un qualche fondamento, che la Presidente della Commissione sa che si tratterebbe di una promessa impossibile alle condizioni politiche attuali nell’Unione, ma ciò nulla toglie al fatto che, nel Memorandum, tutti gli stranieri sono solo oggetto di programmi di contrasto al loro ingresso e soggiorno in Tunisia e di rimpatrio, senza distinzioni. In un vacuo passaggio del testo si fa riferimento al “rispetto dei diritti umani” ma le nozioni di asilo e di protezione dei rifugiati non compaiono mai. Secondo le parti che sottoscrivono il Memorandum pare che i rifugiati in Tunisia non ci siano, ne vi arrivino.
Il testo del Memorandum è di straordinaria vaghezza e certo la sua adozione non rappresenta una sconfitta per il dittatore tunisino, che incassa denaro utile a mantenere il suo potere mentre si vincola a pochi e generici impegni e soprattutto respinge al mittente la richiesta europea (e soprattutto italiana) di utilizzare la Tunisia come piattaforma internazionale per il rimpatrio di tutti gli stranieri non tunisini che arrivano in Europa.
Sarebbe però un errore sottovalutare le potenziali conseguenze di questo pur vago Memorandum in termini di violazioni gravi e massicce dei diritti umani e di negazione del diritto d’asilo verso coloro cui verranno realizzate, con soldi europei, le azioni di respingimento. La questione di fondo che il Memorandum solleva, al pari di tutta la politica di esternalizzazione delle frontiere messa in atto dall’UE, riguarda la responsabilità giuridica dell’Unione europea e degli Stati membri per le potenziali ma probabili gravissime violazioni dei diritti delle persone straniere che possono avvenire in un paese come la attuale Tunisia (e in altri Paesi) nell’ambito di una collaborazione che preveda l’invio da parte UE di consistenti aiuti economici e logistici.
Alla luce della situazione politica attuale in Tunisia, dove vige un sistema autoritario e dove gravissimi episodi di violenza efferata contro la popolazione straniera sono già avvenuti diverse volte, una collaborazione da parte della UE e dei suoi Stati membri con il locale governo nella gestione dei flussi migratori porterebbe a un indiretto ma chiaro coinvolgimento nella violazione del divieto di non respingimento di cui all’art. 33 della Convenzione sui rifugiati di Ginevra, nonché, in forma anche più ampia, una violazione dell’art. 3 della CEDU (Convenzione Europea per i Diritti dell’Uomo e le Libertà fondamentali) come interpretato dalla consolidata giurisprudenza della Corte EDU che afferma il divieto per ogni Stato di allontanare uno straniero quando la persona rischi di subire nello Stato di invio torture o pene o trattamenti inumani o degradanti, nonché violazione dagli artt. 4 e 19 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.
Che il divieto di respingimento abbia una portata extraterritoriale si ricava agevolmente dall’inciso “in nessun modo” contenuto nel citato art. 33 della Convenzione di Ginevra, un divieto ulteriormente rinforzato dal citato diritto dell’Unione. Il divieto di respingimento non opera dunque solo quando una persona si trova nel territorio o nelle acque territoriali di un dato Stato, ma investe ogni azione posta in essere, anche in un’area extra territoriale, da un’autorità statale che abbia effetti diretti o indiretti che si configurino come violazione del principio di non respingimento. Sul punto, proprio la Sentenza della Corte EDU del 23 febbraio 2012 nel caso Hirsi Jamaa e altri c. Italia relativa ai respingimenti attuati allora dall’Italia costituisce una pietra miliare.
Spostiamo ora l’attenzione sulle responsabilità che potrebbero derivare da una grave violazione dei diritti fondamentali tutelati dalla CEDU attuati da uno stato terzo al quale uno stato dell’Unione abbia fornito aiuto ed assistenza materiale, logistica o di altra natura per finalità formalmente legittime (nel caso di contrasto all’immigrazione irregolare). Lo Stato dell’Unione, quindi soggetto agli obblighi della CEDU e in particolare agli obblighi di cui all’articolo 3 che sono inderogabili, che è coinvolto nelle azioni di supporto allo Stato terzo può forse dirsi sempre estraneo a ogni responsabilità se vi è piena e chiara conoscenza dell’esistenza di una persistente e grave violazione dei diritti umani fondamentali che viene attuata dallo Stato terzo destinatario in modo determinante tramite gli aiuti e i supporti ricevuti?
Certamente è privo di fondamento sostenere che non v’è responsabilità giuridica in quanto non vi sarebbe giurisdizione, ai sensi dell’art.1 della CEDU, da parte dello Stato UE coinvolto. Già la Corte EDU nella citata Sentenza Hirsi c. Italia ha ritenuto infatti che le azioni degli Stati contraenti “compiute o produttive di effetti fuori del territorio di questi possano costituire esercizio da parte degli stessi della loro giurisdizione ai sensi dell’articolo 1 della Convenzione”.
Se quindi se è ben vero che una singola azione illecita commessa grazie a mezzi e risorse fornite da uno Stato UE a un paese terzo come la Tunisia, ma analogamente la Libia, la Turchia o altri, non può certo coinvolgere la responsabilità giuridica di uno Stato UE, ben diverso è il ragionamento nel caso della responsabilità derivante da un ampio insieme di azioni finanziate e sostenute dall’UE e dagli Stati membri se è provato che la commessa violazione dei diritti fondamentali è stata resa possibile, o la sua attuazione concreta è aumentata in dimensione e peso in modo rilevante, proprio grazie all’aiuto fornito dallo Stato membro dell’Unione.
L’efficacia della strada dell’azione giudiziaria per porre fine ai crimini commessi fuori dall’Europa da poteri terzi, ma con il concorso di poteri statali europei, è però ancora lunga e incerta (per non parlare del risveglio di una consapevolezza politica) e ho dunque il timore che moltissime nefandezze saranno ancora commesse grazie all’assopimento che oggi avvolge la nostra coscienza. Tuttavia, prima o dopo dovremo fare i conti con questo pezzo atroce della nostra storia di europei del ventunesimo secolo.