A Bruxelles scatta l'allerta

Le balle di Giorgetti sul deficit: un azzardo svelato dai mercati

Politica - di David Romoli

29 Settembre 2023 alle 13:00 - Ultimo agg. 29 Settembre 2023 alle 13:07

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Le balle di Giorgetti sul deficit: un azzardo svelato dai mercati

Lo sforamento c’è ed è corposo. Ma la Nadef del governo è addomesticata, un auspicio azzardato, non una ragionevole previsione. Quei 14 miliardi in più che per il governo sono il minimo indispensabile valgono nelle stime di Giorgetti e del suo Mef un 4,3% di deficit l’anno prossimo e già la mossa è a rischio perché nell’Europa flagellata dalla crisi sono tornati a spirare forti venti rigoristi dalla Germania e dal Nord. Ma per contenere entro quello già sforante tetto i conti bisogna che anche il Pil sia quello previsto da Giorgetti.

Non è molto realistico. Tutte le altre previsioni vedono il futuro italiano meno in rosa. I più ottimisti sono gli analisti del Fmi: pronosticano una crescita dello 0,9%. La Commissione europea e l’Ocse la vedono peggio: 0,8%. Standards&Poor’s è più pessimista: 0,7%. Ma non è questione di ottimismo o pessimismo. Sono gli elementi reali a rendere il traguardo fissato dal governo per il 2024 più vicino all’impossibile che all’improbabile. Non si sa se la Bce alzerà ancora i tassi, portando la stretta al livello garrota per le economie europee. Si sa in compenso che, salvo miracoli, i tassi non scenderanno per tutto l’anno prossimo: nella migliore delle ipotesi non andrà peggio di così ma neppure meglio e il grosso dell’impatto dei rialzi deve ancora arrivare.

La recessione tedesca per l’Italia non è motivo di gaudio ma di lutto: per un Paese che essenzialmente esporta componentistica, in buona parte proprio in Germania, si tratta di un dato tra i peggiori. La spinta del Superbonus, che faceva i suoi guai ed erano tanti ma sosteneva anche la crescita e nemmeno di poco, si esaurirà. Il peso dei crediti derivati dal Superbonus invece almeno in parte si abbatterà ancora sui conti pubblici. Nel 2023 ha determinato l’impennata del deficit al 5,3% e nessuno se ne è preoccupato molto perché tanto il patto di stabilità è sospeso. L’anno prossimo invece sarà di nuovo in vigore e l’Europa è piena di figure che non vedono l’ora di rivestire i rimpianti panni dei castigamatti, dove per “matti” si intendono i conti italiani.

I poco fausti pronostici del governo, inconfessati in pubblico, dicono che il prezzo del carburante resterà alle stelle: un problema enorme per milioni di consumatori, tanto più che quel rincaro spinge tutti gli altri e rallenta il superamento dell’inflazione che per quanto riguarda i consumi alimentari è ancora, nonostante le atomiche della Bce, di poco sotto al 10%. Ma è un problemaccio anche per il governo: con i prezzi ancora da brivido c’è poco da sperare nella domanda interna, che già langue.

Anche al netto dei problemi ancora insuperati del Pnrr, gli obiettivi vaticinati dalla Nadef somigliano da vicinissimo a un traguardo fuori portata. La Commissione lo sa e Giorgetti sa che loro sanno. Ritiene però di farcela lo stesso in nome della ragion politica. Presentando la sua Nadef è stato eloquente: “Nella Commissione ci sono persone che fanno e hanno fatto politica a differenza dei banchieri centrali”: in nome del calcolo politico, a pochi mesi dalle elezioni europee, fingeranno di credere ai conti italiani. L’ora del redde rationem, casomai, arriverà più tardi, quando quei conti, già pesanti, si riveleranno una chimera.

Poi c’è il Mes, o meglio la riforma del Mes. I Paesi della Ue, che hanno sottoscritto tutti la riforma, hanno bisogno come il pane della firma italiana. Giorgia e Giorgetti la concederanno, a malincuore e rischiando una plateale spaccatura della maggioranza, ma chiedono in compenso che sui conti presentati da Giorgetti la commissione si mostri flessibile. Non sarà un ricatto, termine che solo al sentirlo pronunciare a Chigi e al Mef s’imbufaliscono, ma uno scambio in piena regola certamente sì.

Ma anche se i commissari si trasformeranno nelle proverbiali tre scimmiette, non vedranno e sentiranno, soprattutto non parleranno, i guai non saranno affatto superati. La scommessa sul calcolo politico è sensata sino a che ci si riferisce a un’istituzione politica come la Commissione. Molto meno quando si parla invece dei mercati: ieri lo spread ha oscillato tutto il giorno intorno a quota 200, che è una soglia psicologica, e non è che l’inizio: i mercati sono già da settimane l’incubo di Giorgetti e sono destinati a non farlo dormire in pace anche per tutto l’anno prossimo.

Mercoledì sera, a conferenza stampa del ministro ancora in corso, la premier ha fatto circolare in forma ufficiosa un suo lungo commento che riprendeva nella sostanza il discorso che aveva fatto ai ministri. C’era un monito rivolto ai colleghi “gargarozzoni”, che insistevano per misure maggiormente incisive: “Governare vuol dire fare scelte e darsi priorità. Il nostro scopo non deve essere inseguire il consenso ma raggiungere risultati concreti”.

C’era anche un segnale preciso sulla manovra:Hanno provato a raccontare che faremo una manovra lacrime e sangue. Riusciremo a smentire i pronostici”: significa che nella manovra che verrà inviata a Bruxelles per l’approvazione il 15 ottobre non ci saranno tagli e tanto basterà alla premier per proclamare che la sua è una manovra che dà e restituisce, altro che “lacrime e sangue”. Ma non c’è bisogno di spiegarle per che per far sanguinare e piangere, spesso, basta non fare niente come niente farà la sua legge di bilancio. Lo sa benissimo da sola.

29 Settembre 2023

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