Una settimana alla Nadef
Benzina e spread minacciano la strategia di Meloni e Giorgetti: nubi su Palazzo Chigi
Due minacce inattese. E l’aumento del prezzo dei carburanti, che spinge tutti gli altri, vanificherebbe gli effetti del “trimestre anti-inflazione”: la soluzione tampone su cui contano la premier e Giorgetti
Politica - di David Romoli
“Ci sono problemi molto grossi che non avevamo previsto: il prezzo della benzina e lo spread”, confessava qualche sera fa in privato il sottosegretario alla presidenza Fazzolari, e detto da lui quel plurale sta a dire che i due guai non li aveva contemplati neppure la presidentissima. Non che siano gli unici problemi: la stretta sui tassi dell’inflessibile Lagarde, parola di Giancarlo Giorgetti, è costata 14-15 mld e una manovra che già somigliava alle nozze con i fichi secchi ora non dispone neppure più di quelli. Al varo della Nadef manca una settimana, sarebbe fissata per il 27 settembre ma potrebbe slittare di 24 ore, e sempre Giorgetti, scherzando solo a metà, anzi a un quarto, si dichiara “in alto mare”.
La grana extraprofitti è tutt’altro che risolta: FdI ha presentato 11 proposte emendative, che vanno dall’esclusione dei piccoli istituti a quella dei titoli di Stato, dalla deducibilità del prelievo all’innalzamento del tetto oltre il quale scatterà la tassa. Non saranno tutte accolte ovviamente ma su qualcosa Meloni dovrà trattare e l’esito sarà per forza un introito ridimensionato. La spada di Damocle del Superbonus, che Fi vuole prorogare al 110% sino al prossimo giugno per i condomini che abbiano realizzato entro quest’anno almeno il 30% dei lavori, basta da sola a rendere irrealistico il rispetto dei parametri, vecchi o nuovi che siano, quando in gennaio rientreranno in vigore.
Tutto questo e altro ancora, in particolare i guai del Pnrr, erano però previsti anche se in dimensioni meno asfissianti: non è un segreto che l’Italia abbia sperato sino all’ultimo secondo che la presidente della Bce soprassedesse sull’ultimo rialzo, la settimana scorsa. La voci “prezzo del carburante” e “aumento dello spread”, invece, non erano state messe nel conto. Si tratta di due minacce diverse: la seconda è ancora una eventualità temuta ma non certa, la prima invece è data per sicura. “Il prezzo della benzina – confidava un paio di giorni fa un pezzo da novanta del governo – continuerà a crescere e non abbiamo nessuno strumento per fermarlo. Né si può chiedere ai cittadini di non usare la macchina perché questo si può fare in città come Roma, dove bene o male un trasporto pubblico reale c’è, ma come si fa in tutti quei centri più piccoli in cui la rete del trasporto pubblico di fatto non c’è?”. In realtà di strumenti il governo ne ha pochissimi anche solo per attutire il colpo, disponendo di fondi quasi inesistenti.
Il governo ha in mente un bonus benzina, che potrebbe essere introdotto già nel cdm del 25 settembre e inserito nel dl Energia. Si dovrebbe trattare, salvo ripensamenti, di un bonus di 80 euro da aggiungere alla social card “Dedicata a te”, destinata ai redditi Isee fino a 15mila euro, in totale 1,3 milioni di famiglia. E’ poco e per pochi e nessuno al governo si illude che basti a fronteggiare il problema, ma di più il governo non può fare. Il problema è multiplo perché il prezzo del carburante è quello che più di ogni altra voce spinge tutti gli altri, e ulteriori rincari depotenzierebbero definitivamente la soluzione-tampone sulla quale contano Meloni, Giorgetti e soprattutto il ministro per lo Sviluppo Urso: il “trimestre anti-inflazione che sarà discusso, nel quadro generale della necessità di restituire potere d’acquisto ai salari, nell’incontro con i sindacati di oggi”. La firma con le associazioni dei distributori e dei commercianti è fissata per il 28 settembre.
Il “trimestre” prevede uno sconto del 10%, dal primo ottobre al 31 dicembre, su un paniere di prodotti essenziali, quelli sui quali l’inflazione colpisce più duramente a partire dagli alimentari: qui l’inflazione, in media al 5,6% in questo mese, lievita sino al 9,4 e sale ancora per i prodotti di primissima necessità. L’incisività della misura dipenderà in parte dal paniere, che dovrebbe essere resto noto entro domani e che salvo sorprese dovrebbe contenere pane, passata di pomodoro, prodotti confezionati, pannolini e altri consumi per l’infanzia, l’igiene e la cura della casa. In parte anche maggiore però gli effetti, comunque limitati nella portata e nel tempo, dipenderanno da quanto la corsa della benzina e del gasolio trascinerà nel rialzo anche gli altri prodotti.
Lo spread, per ora, è uno spauracchio, tanto concreto comunque da preoccupare Giorgetti. Il quale teme per gli scricchiolii che avverte: come la nota riservata agli investitori istituzionali di Citi, che prevede stime al ribasso per il Pil italiano di quest’anno e anche peggio per il prossimo o come le previsioni di Morgan Stanley e Goldman Sachs sul deficit che prevedono in via di peggioramento e sono facili profeti. Tutti segnali che potrebbero preludere a un’ondata di sfiducia degli investitori e a quel punto, con un eventuale spread sopra i 200-210 punti alla fine del 2023 il guaio diventerebbe decisamente serio.