La dichiarazione di guerra

Dichiarazione di guerra della Meloni: porti chiusi, blocchi navali e reati universali

Si può anche non volerli e fare la faccia feroce, ma i migranti arrivano lo stesso. Spinti non dai trafficanti, ma dalle atrocità e dalla fame. Forse è l’ora di capire che la propaganda xenofoba, oltre a essere incivile, è pure inefficace

Politica - di Iuri Maria Prado

22 Settembre 2023 alle 13:00

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Dichiarazione di guerra della Meloni: porti chiusi, blocchi navali e reati universali

La definizione più esatta dell’atteggiamento e dei propositi di governo in materia di immigrazione è questa: trash. Si tratta cioè della pratica con cui una realtà complicata – qual è appunto il fenomeno migratorio – è pestata fino alla maciullazione nel mortaio della demagogia acchiappa-voti e scaccia-responsabilità ed è infine restituita in forma elementare e facile da manipolare in faccia al pubblico affamato di soluzioni pronte e lineari.

Era trash, nient’altro che trash, la propaganda sulla difesa dei confini tramite i blocchi navali e i porti chiusi. Ed era trash, solo trash, la caccia ai trafficanti di esseri umani dal Grande Raccordo Anulare a Ulan Bator, il programma maturato in epopea italo-tunisina che preconizzava la dichiarazione di “guerra totale” agli scafisti rilasciata l’altro giorno da Giorgia Meloni a margine della epocale spaghettata newyorkese.

La verità più ovvia, ma complicata da gestire e dunque rivoltata in spiegazioni banalizzanti, è che i cosiddetti trafficanti di esseri umani certamente agiscono sulla scena delle migrazioni e certamente ne traggono profitto: ma non la determinano, non la producono, giusto come lo schiavismo negli Stati Uniti non era fatto dai negrieri che operavano in terra africana. Con la differenza non da poco, tuttavia, che questa volta non è la deportazione a far muovere questi esseri umani, ma la fame e la vita impossibile da cui tentano di essere profughi.

Individuare nell’attività dei trafficanti la causa del problema, e spacciare che questo si risolve perseguendo quelli, come pure è necessario fare, significa semplicemente far finta e far credere che a mobilitare questa gente sia il pungolo del commerciante di carne umana e non invece quello della miseria e del terrore, non invece la speranza di salvezza che la porta ad affrontare il viaggio a qualunque costo e non ostante ogni rischio: proprio come – abbiamo fatto più volte questo esempio – non è deterrente il dorso crestato del coccodrillo sulla superficie del fiume, perché è meno terribile della sete che spinge la mandria a gettarvisi comunque.

L’insistere sulla “illegalità” del fenomeno, rispettivamente a condanna di chi emigra e a denuncia di chi ne approfitta, appartiene a sua volta a quella logica di inefficienza negatoria, improntata a una specie solo apparentemente diversa di vano proibizionismo. Perché varrà la pena di intendersi (e la realtà di queste settimane dovrebbe essere sufficiente a farlo intendere): possiamo non volerli e fare la faccia truce, possiamo anche metterci in ottica Ku Klux Klan, ma non serve. Non vogliamo gli immigrati perché puzzano? Arrivano lo stesso. Non li vogliamo perché portano le malattie, perché rubano, perché stuprano, perché in favore di zighinì e spiedoni spodestano la polenta e le polpette della nonna? Arrivano lo stesso.

Arrivano per quanto dispiacciano, arrivano per quanto gli investimenti governativi si rivolgano prioritariamente alla manutenzione del ceppo italico, arrivano per quanto a giudizio di alcuni sia deplorabile che le nostre strade e le nostre piazze si presentino sempre più imbrunite e per quanto a giudizio di altri (gli stessi) sia temibile la prospettiva di un Paese abbandonato all’oscenità di un’evoluzione meticcia.

E siccome arrivano comunque, siccome nulla, salvo ammazzarli, basta a non farli arrivare, forse sarebbe il caso di capire che la propaganda xenofoba spacciata per illuminato rigore e la repulsione razzista passata per comprensibile atteggiamento di un popolo invaso hanno un problema di efficacia oltre che di ammissibilità civile. Un problema di efficacia cui non si pone rimedio con la dichiarazione di guerra ai trafficanti: che poi spesso è la guerra al disgraziato che se non fosse al timone della bagnarola sarebbe migrante anche lui e sotto sotto, ma nemmeno troppo, è la guerra ai migranti stessi.

22 Settembre 2023

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