Il caso
Cos’è la giustizia riparativa applicata per la prima volta in Italia per Davide Fontana, il killer di Carol Maltesi
Cronaca - di Redazione
Per la prima volta in Italia potrebbe venire applica in Italia la giustizia riparativa per un caso di omicidio. Ad essere ammesso, con la richiesta accolta dalla corte d’Assise di Busto Arsizio, è il bancario e foodblogger Davide Fontana, il 44enne condannato a 30 anni di reclusione per l’omicidio di Carol Maltesi, giovane mamma 26enne ammazzata e poi fatta a pezzi a Rescaldina, nel Milanese, l’11 gennaio 2022, con i resti dispersi e ritrovati mesi dopo tra le montagne di Borno (Brescia).
La giustizia riparativa non è però una alternativa all’iter penale né incide sul piano civilistico, non è uno sconto di pena nei confronti del condannato: si tratta di un percorso che permetterà a Fontana di lavorare e seguire un percorso di aiuto psicologico per comprendere quanto fatto e “riparare” appunto davanti alle parti offese e soprattutto alla società.
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La scelta della corte d’Assise ha scatenato polemiche. Sia la Procura che le parti civili, ovvero i genitori e l’ex marito di Carol Maltesi, si erano opposte. “Il mio assistito e tutti i famigliari di Carol Maltesi non vogliono in alcun modo incontrare Davide Fontana”, ha spiegato l’avvocato di parte civile Manuela Scalia, che assiste Fabio Maltesi, padre di Carol. Il parere della vittima (o dei suoi familiari) però non è vincolante, il giudice lo acquisisce ma poi deve valutare due condizioni di legge per dare il suo via libera alla richiesta: “che lo svolgimento di un programma di giustizia riparativa possa essere utile alla risoluzione delle questioni derivanti dal fatto per cui si procede”, e “che non comporti un pericolo concreto per gli interessati e per l’accertamento dei fatti”.
Come spiega il Corriere della Sera, al momento non è certo che Fontana possa effettivamente vedersi applicata la misura: per ora è stata autorizzata dai giudici di Busto Arsizio solamente la sottoposizione della sua richiesta a uno dei centri previsti dalla legge e finanziati in Lombardia dalla Regione. Il giudice, di fronte alla richiesta della persona interessata, anche se non condannata in via definitiva o ancora in attesa di processo, può solo decidere se questa può essere inviata a uno dei Centri previsti dalla legge: saranno poi i mediatori specializzati di queste strutture a valutare se il programma di “recupero” è fattibile e quale contenuto si debba provare.
L’istituto della giustizia riparativa è stato introdotto nel 2021 dalla riforma della giustizia firmata dall’ex Guardasigilli Marta Cartabia ed è entrato in vigore lo scorso 30 giugno, anche se in realtà forme di giustizia “riparative” sono già sperimentate in Italia da diversi anni.
La legge non pone preclusioni sul tipo o sulla gravità di reato commesso ma in generale, soprattutto per i piccoli reati, l’istituto più comune è quello della mediazione attraverso l’incontro diretto tra autore del reato e vittima (o suoi familiari). Non sarà il caso di Davide Fontana e i familiari di Carol Maltesi, che hanno già fatto sapere di non essere intenzionati ad incontrare il bancario condannato a 30 anni di reclusione.
La giustizia riparativa non si limita, come già accennato, ad una mediazione con le sole parte offese (come possono esseri i familiari di Carol Maltesi) ma anche con la “società”. In questo concetto rientrano per esempio, spiega il Corriere della Sera, anche le persone che conoscevano la vittima, associazioni rappresentative degli interessi colpiti dal reato, anche rappresentanti di enti pubblici e autorità o “chiunque vi abbia interesse”, spiega la legge introdotta dall’ex ministro della Giustizia Cartabia.
La finalità è infatti quella di far sì che il reo riconosca l’impatto che il male commesso ha avuto non solo sulla vittima ma sulla collettività, impegnandosi in visibili forme di riparazione a favore di quest’ultima.