La nuova frenata

Pil in calo, manovra tutta in salita: Meloni e l’Italia nei guai

L’Istat rivede ulteriormente al ribasso le stime, nuova doccia fredda dopo quella annunciata a luglio: il calo sarà dello 0,4% e non dello 0,3. E pensare che il governo aveva sbandierato una crescita da primato europeo...

Politica - di David Romoli

2 Settembre 2023 alle 08:30

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Pil in calo, manovra tutta in salita: Meloni e l’Italia nei guai

Nel giro di appena 48 ore il governo ha dovuto incassare due colpi durissimi, sia sul piano della realtà concreta che su quello dell’immagine propagandistica. La mazzata di ieri è la revisione al ribasso della stima Istat che, il 31 luglio scorso, aveva ipotizzato una diminuzione dello 0,3% del Pil nel secondo trimestre rispetto a quello precedente. Le nuove stime indicano che la diminuzione sarà più grave, dello 0,4%. Di conseguenza cala anche la stima del Pil: a luglio sembrava attestato sul +0,8%, ora è allo 0,7%.

L’inatteso calo annunciato a luglio era già stato una doccia gelida per un governo che sino a poche ore prima aveva cantato vittoria esaltando una crescita da primato europeo, che faceva dell’Italia un Paese campione nel reggere ai rischi di recessione derivati dalla stretta sui tassi della Bce. Il colpo aveva poi reso ancora più difficile la marcia di una manovra che somigliava già a una via crucis. Da ieri tutto è ancora più in salita. Anche la manovra, che disporrà di fondi più esigui ed erano già ridotti all’osso.

Analizzato più nel dettaglio, il dato di ieri è per Meloni e Giorgetti ancora più inquietante. A determinare la frana è infatti la domanda interna e in particolare sono i consumi privati. L’impoverimento complessivo e un’impennata dei prezzi che il governo ha deciso di non contrastare con ristori di sorta o con il tetto sulle accise mordono a fondo anche l’economia e di conseguenza quei conti pubblici che per il governo, come per l’Europa, sono il solo criterio rilevante. L’inflazione in realtà, stando ai dati diffusi il giorno precedente, scende rispetto a luglio, pur se di pochissimo: 4 decimali, da 5,9% a 5,4%. Solo che neppure questo dato, se analizzato nel dettaglio, è davvero positivo. Per quanto riguarda i beni alimentari, quelli di cui la popolazione risente di più, l’inflazione resta vicina al 10%, pur se in discesa dal 10,2% di luglio al 9,6% di agosto.

Peccato che i prodotti alimentari ad “alta frequenza d’acquisto”, quelli di più ampio consumo, nello stesso mese siano invece aumentati passando dal 5,5 al 7%. Il terzo dato negativo della serie nera è l’occupazione. Nel secondo trimestre è scesa di parecchio: 73mila persone rimaste senza lavoro. Il saldo rispetto al luglio 2022 resta ampiamente positivo, 362mila occupati in più con un’impennata dei contratti a tempo indeterminato. Non a caso proprio l’occupazione è il fiore all’occhiello e il principale cavallo di battaglia del governo. Una flessione di questa portata però resta allarmante, soprattutto perché l’impatto della recessione in Germania e della frenata cinese in via di peggioramento è destinato a colpire di brutto l’economia italiana nei prossimi mesi. Le previsioni sono prudenti, alcune voci sono particolarmente ottimiste ma altre, e non meno qualificate, parlano invece apertamente di “fase pre-recessiva”.

Non sarebbero buone notizie in nessun caso. Nella circostanza specifica però è il caso di dire che piove sul bagnato. Il governo era infatti già in difficoltà enormi per una legge di bilancio a casse vuote, destinata a scontentare tutti, nella maggioranza e soprattutto nella base elettorale. Tanto più che il taglio del rdc piomba proprio in questa congiuntura già difficilissima per le fasce di popolazione più deboli. Ieri è partito ufficialmente il Siisl (Sistema informativo per l’inclusione sociale e lavorativa), la piattaforma del ministero del Lavoro che dovrebbe parare il colpo basso del taglio del reddito, incrociando domanda e offerta di lavoro. La ministra Calderone è molto ottimista: “Ci sono già centinaia di migliaia di posti per i corsi di formazione e decine di migliaia per quelli di lavoro vacanti. Possiamo gestire quanti usciranno dal rdc. Non promettiamo un lavoro di Stato ma chi presenterà domanda sarà preso in carico tempestivamente”.

Però il percorso per avanzare le domande, che comunque ieri già fioccavano, è molto farraginoso e i 350 euro mensili per un solo anno sono ben poco. Quanto al fronte dei “posti vacanti”, cioè delle vere offerte di lavoro, la partita, se la flessione nell’occupazione dovesse proseguire o degenerare in recessione, sarebbe persa in partenza. L’autunno del governo si annunciava difficile. Sarà difficilissimo. Con una sola nota per la premier fortemente positiva: un’opposizione che oltre gli slogan declamati in tv o nei social e le raccolte di firme nella “estate militante” proprio non sembra capace di andare.

2 Settembre 2023

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