Il consigliere regionale dem

“Con Meloni aumentati i migranti irregolari, Pd moderato un regalo alla destra”: intervista a Pierfrancesco Majorino

«Il sistema dell’accoglienza è un fallimento e il fatto che il Viminale anziché ascoltare i sindaci, va in contrapposizione politica con alcuni di loro è la dimostrazione di quanto Piantedosi e soci siano allo sbando»

Interviste - di Umberto De Giovannangeli

23 Agosto 2023 alle 13:30

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“Con Meloni aumentati i migranti irregolari, Pd moderato un regalo alla destra”: intervista a Pierfrancesco Majorino

Dalle morti in mare al tracollo del sistema di accoglienza, passando per la battaglia sul salario minimo. L’estate politicamente caldissima analizzata, nell’intervista a tutto campo concessa a l’Unità, da Pierfrancesco Majorino, già europarlamentare Dem, consigliere regionale in Lombardia e membro della segreteria nazionale del Partito democratica, con la responsabilità per le Politiche migratorie e Diritto alla casa. “I sindaci – rimarca Majorino – denunciano la totale solitudine nella gestione dell’immigrazione. Il governo chiacchiera ma non ha un piano. La prima cosa che dovrebbe fare è proprio aprire immediatamente un tavolo vero di confronto con gli amministratori e le organizzazioni del terzo settore”.

Durissimo è il suo giudizio sull’operato del ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi. “Il ministro Piantedosi – afferma l’esponente Dem – ha assunto una decisione davvero sciagurata. Attraverso una circolare ha infatti stabilito di porre fine ai percorsi di accoglienza riguardanti i titolari di protezione internazionale. Questa è la conseguenza del progressivo smantellamento, a livello nazionale, del sistema d’accoglienza. L’aumento di persone senza dimora sarà il frutto avvelenato del fallimento totale delle scelte del governo Meloni. Governo che, a partire dal cosiddetto Decreto Cutro e dalle scelte effettuate a livello internazionale, ha contribuito ad alimentare l’immigrazione irregolare”.

La rivolta dei sindaci sull’orlo di una crisi (politica) di nervi per il fallimento del sistema di accoglienza. Che valutazione si può fare di questo flop?
È un fallimento tragicamente annunciato. Siamo alle prese con una situazione esplosiva che ha un contesto più ampio di quello nazionale e che non è determinata solo dalle scelte del governo Meloni. Però da noi è deflagrata in ragione delle scelte fatte in questi mesi. Scelte molto simili a quelle che fece quattro anni fa Salvini ministro dell’Interno, cioè quelle di smantellare al massimo il sistema dell’accoglienza per poter gettare ai propri elettori lo scalpo del concetto dell’accoglienza. Questo fa sì che gli strumenti per accogliere in modo serio e adeguato sono molto carenti. Ad esempio, non si è scelta minimamente la strada dell’accoglienza diffusa, aldilà dei proclami di Piantedosi, peraltro negati sistematicamente dai comportamenti del governo e dello stesso ministro e non si è sposata l’accoglienza di qualità. Il fatto poi che il Viminale invece di ascoltare i sindaci cerchi di buttarla in contrapposizione politica con alcuni di loro è la dimostrazione di quanto Piantedosi e soci siano allo sbando. O forse è la conferma di una cosa: una parte degli esponenti della destra non vogliono risolvere il problema, contribuire a gestirlo. Vogliono alimentarlo per cavalcarlo. Questo finisce per tradursi in una pressione indebita nei confronti dello stesso Viminale dove servirebbe maggiore equilibrio. Ancora una volta non si punta sul sostegno ad un’azione fondata su una grande distribuzione sul territorio in piccoli centri dove sviluppare interventi di qualità, che è l’unica scelta possibile per organizzare in maniera dignitosa l’accoglienza, ma si punta su una distribuzione un po’ casuale in alcuni centri che si rendono disponibili, dove si presume vi siano amministrazioni locali disponibili ad accogliere, senza nessuna riflessione su cosa voglia dire oggi accogliere, su quali siano gli strumenti, finendo così per scaricare una responsabilità sui comuni che si sentono lasciati soli. Il risultato è quello di questi giorni. Con alcuni paradossi…

Quali?
In Veneto Zaia ha fatto qualche passo avanti verso l’accoglienza diffusa e nemmeno questo è stato accolto come una opportunità. Una criticità in più è data dalla questione dei minori non accompagnati. Proprio perché non c’è nessun intervento di riorganizzazione di un sistema di qualità, dal punto di vista dell’accoglienza, alla fine vengono trattati come gli adulti e i nuclei famigliari di adulti. Questo crea delle difficoltà ulteriori, perché i minori non accompagnati si stanno concentrando in un piccolo gruppo di grandi città che sono veramente in enorme difficoltà e totalmente abbandonate da un governo che invece dovrebbe aprire da subito un confronto con gli enti locali e con il terzo settore. Se gli enti locali e il terzo settore dicono le stesse cose, se dal Tavolo di asilo, del quale fanno parte le associazioni e le Ong che si occupano di protezione, alle amministrazioni locali, di coloritura politica diversa, stanno affermando praticamente e stesse cose, il primo atto del governo dovrebbe essere quello di convocarli, di ascoltarli e cercare assieme come affrontare una situazione di questo tipo.
Questo non avviene.

Perché?
Perché presuppone il riconoscimento del fatto che accogliere vuol dire investire risorse e mezzi. Vuol dire fare delle scelte in quella direzione. Con un aggravante, che l’ultima circolare di Piantedosi, quella del cosiddetto ricambio nei centri, butta per strada le persone e genera nuovi senza tetto. L’unica certezza di questa brutta estate sulla gestione dell’accoglienza, è che nei prossimi mesi aumenteranno i senza tetto nelle grandi città, che saranno richiedenti asilo buttati fuori dai sistemi di accoglienza e non avranno nessuna possibilità di fare alcun tipo di percorso di integrazione e si troveranno per strada. Non verranno rimpatriati, perché i rimpatri non funzionano, e saranno condannati a diventare dei senza tetto. Punto. Io sono convinto che una buona parte della destra continui, come faceva Salvini, a viverlo come un risultato da perseguire, questo. Non come l’effetto di una scelta inefficace sul piano dell’organizzazione dell’accoglienza, ma come, appunto, un risultato da perseguire. Perché più hai dei senza tetto dalla pelle nera o olivastra nelle strade, più alimenti l’allarme sociale sul pericolo dell’immigrazione.

Intanto il Mediterraneo continua ad essere un immenso cimitero marittimo. Il Pd, assieme al mondo solidale, ha rilanciato la richiesta di una nuova Mare Nostrum, una efficace missione di ricerca e salvataggio, magari europea. Perché il governo si ostina a non prenderla in considerazione?
Perché questa strada è quella che riconosce il fatto che i migranti sono persone da salvare e non un danno da evitare. La destra italiana, come una parte della destra più radicale europea, è cresciuta in questi anni, dal punto di vista identitario, sulla narrazione dell’immigrazione come un danno da limitare e non come persone che vanno salvate nel loro tragitto. Tra l’altro la missione europea di soccorso, che sarebbe la prima cosa da fare, è una condizione necessaria ma non sufficiente, perché si dovrebbe fare subito la “Mare Nostrum” europea e poi cambiare le regole per alimentare canali di accesso legali, perché bisogna togliere le persone dai barconi. E questa cosa la fai cambiando le regole, inserendo nuovi canali d’accesso legali, regolari, scommettendo molto di più sull’immigrazione legale. Questo è un punto essenziale. Invece la destra non fa niente sul soccorso e poi fa accordi con i dittatori, l’ultimo caso è quello tunisino, per tentare che qualcuno risolva a monte, anche con le cattive, sporcandosi le mani, il problema. Cosa che è disumana sul piano dei diritti umani e che si dimostra per di più fallimentare. Perché come è dimostrato da queste settimane, quella ricetta non funziona minimamente. Ci sono morti di cui non si sa nulla nei deserti, opera di questi dittatori e delle drammatiche, criminali scelte che vengono fatte. C’è qualche campo di concentramento in più, e un sacco di gente che comunque riesce a superare quel tipo di barriere e arriva comunque. Con i barconi, perché non ci sono canali legali, e a quel punto c’è il problema di come soccorrer queste persone. È una situazione drammatica frutto in gran parte da una narrazione drogata della destra che in più aggiunge, attraverso l’azione del presidente Meloni, questa retorica sul “Piano Mattei”, una retorica totalmente ingiustificata perché non porterà da nessuna parte. Il “Piano Mattei” non esiste.

Dal rilancio della proposta su una Mare Nostrum europea alla battaglia per il salario minimo. È una forzatura giornalistica affermare che il nuovo PD abbia assunto con forza, anche come elemento identitario, la difesa dei più indifesi?
No, non è una forzatura. C’è un filo, quello dei diritti, che tiene insieme le politiche del nuovo Pd. Diritti umani e sociali. I diritti sociali sono un fatto essenziale. La battaglia sul salario minimo, come quella sulla sanità pubblica o quella sul diritto alla casa, grandi temi che stiamo portando avanti in queste settimane, credo davvero che siano figli dello stesso approccio. E su questo stiamo recuperando del terreno, del tempo, perché essere stati molto moderati sulla questione sociale negli anni, è stato ingiusto in sé e poi un clamoroso regalo alla destra, che ha potuto saldare i razzisti agli impauriti dagli effetti della globalizzazione.

Questi temi non dovrebbero essere al centro della campagna elettorale per le europee del 2024?
Sono convinto che assieme alla grande questione della transizione ecologica, sanno la campagna elettorale dei prossimi mesi. Bisogna anche dire che le famiglie progressiste europee sono straordinariamente in sintonia e avanzate, sulla questione salariale e sul tema dei diritti dei lavoratori, quelli delle piattaforme, ad esempio, o anche sulla questione della casa o della lotta alla povertà. Su queste problematiche parlano sempre lo stesso linguaggio. Mentre sull’immigrazione vanno ancora molto in ordine sparso. È vero, e importante, che il Parlamento europeo ha fatto passi in avanti molto significativi in relazione ad accordi riguardanti, ad esempio, il superamento delle regole derivanti dagli accordi di Dublino, ma è altresì vero che questo non si manifesta poi coerentemente nell’azione dei diversi governi, anche quando governano le forze progressiste. Sull’immigrazione ci vuole un salto qualità anche nella famiglia progressista europea. Non mi riferisco in questo caso al Parlamento europeo, dove c’è un gruppo nutrito di parlamentari molto attenti a questi temi, ma alle politiche che si realizzano a livello nazionale.

Quelle del 2024 saranno probabilmente elezioni europee ancora in tempi di guerra. E la politica?
L’Europa dovrebbe essere maggiormente al fianco dei tentativi che con generosità sta facendo la Chiesa di costruzione di opportunità negoziali e di dialogo. Non vivo questo in antitesi all’invio delle armi ma come una necessità impellente. L’invio delle armi all’Ucraina non può essere l’unica via attraverso la quale risolvere la questione della guerra.

L’estate sta finendo, come diceva una celebre canzone. L’“estate militante” del PD come si è sviluppata e che bilancio è possibile fin qui trarne?
Credo che l’iniziativa più importante che è stata fatta è la mobilitazione sul salario minimo. Una mobilitazione che è solo agli inizi e che sta andando molto bene, come testimoniano, tra l’altro, le 300mila firme in una settimana dalla petizione per il salario minimo. L’”estate militante” sarà il modo giusto, più efficace, per preparare un autunno di grande mobilitazione.

23 Agosto 2023

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