I dati di Nomisma

Guerra alla Russia e Superbonus, così l’Italia di Meloni va sul lastrico

Il pacifismo non fa i conti con l’economia. Sebbene il pacifismo non c’entri niente con queste cifre che riguardano la scelta dell’Italia di partecipare alla guerra, è giusto che la popolazione conosca le cifre della guerra.

Editoriali - di Piero Sansonetti

13 Settembre 2023 alle 11:00

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Guerra alla Russia e Superbonus, così l’Italia di Meloni va sul lastrico

Nomisma ha fatto i conti: la guerra in Ucraina, finora, è costata all’Italia almeno 105 miliardi. Nel senso che lo Stato ha speso 105 miliardi solo per impedire che il costo dell’energia, e in particolare del gas, pesasse sulle imprese e le persone in modo insopportabile. Nomisma è uno dei centri di ricerca economica più prestigiosi di Italia.

Se lo Stato non avesse speso quei soldi – contraendo una quantità mostruosa di debiti – migliaia di imprese sarebbero fallite e l’inflazione sarebbe stata ancora più alta e devastante. Il Pil sarebbe crollato. 75 miliardi sono stati spesi nei primi mesi della guerra. Con il governo Draghi. E 40 miliardi con il governo Meloni. Per capire la paurosa entità di questa spesa basta dire che pesa mediamente per 3500 euro su ciascun cittadino che paga le tasse. Per avere un’idea ancora più precisa si può dire che tutti insieme i lavoratori dipendenti che pagano le tasse (la stragrande maggioranza di chi paga le tasse è lavoratore dipendente) versano allo Stato ogni anno 200 miliardi. Di questi 200 miliardi circa la metà sono andati a riparare i danni provocati all’Italia dalle sanzioni economiche alla Russia.

Non ho i dati su quanto la guerra sia costata ai tedeschi. Più che a noi. E questa è la spiegazione principale, credo, della spaventosa crisi economica che sta devastando la Germania (e che ha ricadute pesantissime in tutti i paesi europei, ma in modo del tutto particolare nel nostro paese che è un grande esportatore in Germania). Le sanzioni alla Russia invece sono costate molto poco all’America, che anzi ne ha guadagnato vendendo il gas a noi a un prezzo assai superiore a quello che noi pagavamo ai russi. Logico che i prezzi salgano, quando il mercato si restringe. E gli americani hanno guadagnato soldi anche vendendoci o affittandoci i rigassificatori che sono indispensabili per utilizzare il loro gas che non può essere trasportato coi gasdotti.

Questi dati non credo che siano essenziali per un discorso pacifista. Il pacifismo chiede impegno politico e disimpegno militare per evitare che si aggravi ancora il bilancio spaventoso di morti che la guerra sta portando. E che è particolarmente pesante soprattutto per gli ucraini, che hanno perduto molte decine di migliaia di loro soldati. E purtroppo, in questo campo, sta predicando nel deserto. Il pacifismo pone una questione di principio, molto seria, che riguarda l’idea che si ha di vita, di esistenza, e poi di potenza politica e di indipendenza – che è un valore in parte subordinato al valore di libertà, in parte maggiore subordinato al valore di potenza.

Il pacifismo non fa i conti con l’economia. Sebbene il pacifismo non c’entri niente con queste cifre che riguardano la scelta dell’Italia di partecipare alla guerra, è giusto che la popolazione conosca le cifre della guerra. E sappia quale è stato, per ciascuno di noi, il costo delle sanzioni alla Russia. In modo da potere valutare. E, se vuole, per potersi unire ai pacifisti anche se non crede al valore assoluto del pacifismo.

P.S. Al disastro economico provocato dalla guerra si aggiunge il disastro del superbonus. Che è costato 120 miliardi andati a tutti meno che ai poveri. Così si rischia di andare sul lastrico. Per colpa delle scelte politiche di Conte, di Draghi e di Meloni.

13 Settembre 2023

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