La folle iniziativa
Il governo minaccia le Ong: “Se soccorrete qualcuno in mare vi arrestiamo”
2300 morti in 9 mesi in un mare attraversato ogni giorno da migliaia di imbarcazioni, giustificherebbero eccome un richiamo collettivo all’attenzione e alla responsabilità
Politica - di Luca Casarini
L’hanno notificata via mail, quasi ad ammettere la vergogna e l’imbarazzo per appartenenti alla Capitaneria di Porto, parte del glorioso corpo del salvataggio in mare, di doversi fare latori di un simile ed inedito ordine. “Si ordina alla società armatrice della nave Mare Jonio, la rimozione prima della partenza delle attrezzature e degli equipaggiamenti per lo svolgimento del servizio di salvataggio”. In caso contrario si annunciano provvedimenti per “violazione dell’art. 650 del Codice Penale, che prevede l’arresto fino a tre mesi e sanzioni pecuniarie”.
È la prima volta, scritto nero su bianco, che un simile ordine, navigare ma senza salvare vite, viene impartito ad una nave e al suo equipaggio, probabilmente non solo nella storia della Marineria italiana, ma in tutto il mondo. Nessuna autorità si sarebbe mai sognata di spingersi a questo dichiarandolo in termini formali, ed emettendo un’ordinanza firmata da un Comandante della Capitaneria di Porto, che chiaramente sarà costretto adesso anche a risponderne personalmente davanti ad un tribunale. Ma è chiaro che la Guardia Costiera c’entra poco con questa storia. È chiaro che è il Ministro alla quale fa capo, e i suoi lacchè disseminati lungo tutta la filiera del comando amministrativo e burocratico del Corpo, il mandante di una simile porcheria umana e giuridica.
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Tutto ciò con una situazione in mare che vede ormai a quota 2300 i morti annegati, donne, uomini e bambini, da inizio anno. Se fosse stata “libera” cosa avrebbe fatto una Guardia Costiera di un paese “civile”? Ad esempio avrebbe inviato a ogni nave, mercantili, petroliere, portacontainer e militari, pescherecci e imbarcazioni da diporto a motore o a vela, che transitano nel nostro mare, un avviso “ai naviganti” per consigliare di avere a bordo più equipaggiamento per il soccorso di naufraghi, di dotarsi di mezzi galleggianti e di zattere in più rispetto a quelli previsti per la sicurezza del solo equipaggio.
Di tenere a bordo, attraversando questo mare pieno di morti, più giubbotti di salvataggio, e qualsiasi dotazione utile a soccorrere. 2300 morti in 9 mesi in un mare attraversato ogni giorno da migliaia di imbarcazioni, giustificherebbero eccome un richiamo collettivo all’attenzione e alla responsabilità. Ma mentre dalla Mostra del Cinema di Venezia si applaude a Todaro, che ha salvato persino i nemici di guerra – e così possiamo tutti crogiolarci nella vecchia confort zone dell’”italiani brava gente” – nella realtà a questi uomini e donne della Guardia Costiera è stato chiesto dalla politica di intestarsi una delle ritorsioni più vigliacche contro i migranti e i profughi e chi osa provare ad aiutarli. La mail della vergogna è giunta dopo un’ispezione a più livelli sulla Mare Jonio, durata dal 22 agosto al 6 settembre. La nave è perfetta. Ha conseguito ogni idoneità di sicurezza per poter navigare, ma su un punto, ormai da tempo, il Comando Generale delle Capitanerie di Porto, non può, per motivi politici, dare l’ok. Il servizio di salvataggio, riconosciuto dall’ente tecnico di riferimento, il Rina (Registro Italiano Navale) basterebbe con ogni bandiera del mondo ed europea, ad utilizzare la Mare Jonio come mezzo di soccorso.
Ma qui sta il punto. Il Rina non fa valutazioni politiche, ma la Guardia Costiera purtroppo dipende da un Ministro e da un Governo. Se facessero tecnicamente quello che prevede la prassi, come dalle altre parti, si avrebbe la prima nave del soccorso civile battente bandiera italiana certificata. Il servizio che la Mare Jonio può svolgere, andrebbe ad implementare in maniera “coordinata e continuativa” quello svolto dai mezzi della Guardia Costiera e Guardia di Finanza. Per evitare una cosa “politicamente” inaccettabile per quel ministro e per il governo, si è aperta la “guerra” non solo con le Ong, ma anche con il Rina.
L’ispezione per la seconda volta non riconosce ciò che il suo ente tecnico di riferimento ha validato. Solo in Italia accade una cosa del genere, senza che vi siano disposizioni di legge precise su “come deve essere una nave di soccorso”. La Mare Jonio, per intenderci, è molto più attrezzata in termini di equipaggiamento, di una CP300 della Guardia Costiera o ancora di più, di una motovedetta della Finanza. Non essendoci una legge che definisca quali caratteristiche deve avere una nave per il salvataggio, si sono inventati due circolari. Di solito le “circolari” servono a chiarire leggi esistenti. Invece con queste, la 166 del dicembre 2021 e la 167 del febbraio 2022, si prevede che una nave di soccorso con bandiera italiana abbia le caratteristiche “speciali” di una nave simil-passeggeri, oltre le 500 tonnellate.
Ma la Mare Jonio è sotto questa stazza e non imbarca più di 12 membri di equipaggio! Non importa, si applica una eccezione nonostante le sue ridotte dimensioni. Perché? C’è qualche motivo tecnico o di sicurezza? No. Perché è la Mare Jonio, unica nave del soccorso civile battente bandiera italiana. Attenzione alle date: chi ha emesso quelle circolari, oggi utilizzate dalla destra al governo attraverso il Decreto Piantedosi contro le Ong? Il governo Draghi. Qual era l’intento di simili provvedimenti tecnico amministrativi? Presentare in sede europea la proposta di “equiparare alle normative italiane sulle navi del soccorso civile, tutte le altre normative previste dalle diverse bandiere”.
La continuità tra i vari governi, da Minniti in poi, su come affrontare la questione migranti e la solidarietà umana che il loro abbandono in mare o nei lager ha generato, è impressionante. Con questo ordine, il paradosso ha toccato l’apice. Mediterranea è la realtà che gestisce la Mare Jonio. Una intera comunità riunita nella sua Assemblea Generale domenica scorsa ha deciso di denunciare e lottare. Ha dichiarato “inaccettabile e oltraggioso” questo ordine. E ora sia quel che sia in nome di un mondo più giusto.