La premiazione
Mostra del cinema di Venezia, ‘Io Capitano’ e ‘Povere creature’ si contendono il Leone d’oro
“Io Capitano” e “Povere creature” si contendono il Leone d’oro, seguiti da “Il male non esiste” di Hamaguchi. Otto minuti di applausi per “Lubo” di Giorgio Diritti: benone l’Italia
Cinema - di Chiara Nicoletti
Mancano poche ore ormai alla cerimonia di premiazione della 80esima Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia ed oltre alle scommesse sui “Leoni” ci si prepara mentalmente a due ore e 24 minuti di ansia, gelo indotto e suspense, sentimenti inevitabili nell’assistere alle vicende del film di chiusura diretto da J. A. Bayona: La Società della neve. Il film si ispira alla storia vera, datata 1972, del volo 571 delle Forze aeree dell’Uruguay con a bordo una squadra di rugby diretta in Cile che precipitò, letteralmente, in mezzo a un ghiacciaio nelle Ande, uno dei posti più belli e incompatibili con la sopravvivenza che ci sono al mondo.
72 giorni per l’odissea di 45 passeggeri che alla fine di questa disavventura rimasero in 29. A interpretarli un cast di attori sconosciuti al cinema internazionale ma ottimi interpreti, destinati, grazie anche alla distribuzione via Netflix, a sicura fama. Bayona non è nuovo a questo tipo di pellicole sospese tra la vita e la morte, basti pensare a The impossible con Naomi Watts e Ewan McGregor. Prima di abbandonarci ai consueti pronostici per questa edizione, ricordiamo che l’ultimo italiano a passare in concorso, dei sei di quest’anno, è stato Giorgio Diritti con Lubo, storia di un giovane jenisch che nella Svizzera del 1939, mentre era arruolato nell’esercito elvetico, si vide strappare via i tre figli piccoli per un programma di rieducazione nazionale per i bambini di strada.
Interpretato dall’attore più europeo che ci sia e amatissimo in Italia, Franz Rogowski, Lubo, tratto dal romanzo Il seminatore di Mario Cavatore, è un doloroso percorso di ricerca del protagonista per trovare i figli, la pace, l’amore. La vicenda di Lubo è stata paragonata a quella raccontata da Marco Bellocchio in Rapito. Conferma Diritti: “Bellocchio ed io abbiamo avuto una simile sensibilità. Conosco bene la storia di Edgardo Mortara e avevo anche pensato di farne un film tanti anni fa. Perché oggi si parla di bambini rapiti e riformattati? C’è come un allarme che risuona rispetto alle nuove generazioni. Abbiamo bisogno di affermare che l’uomo deve essere libero nella sua crescita, educato secondo parametri non condizionanti e castranti. Invece in queste vicende c’è la totale rimozione di ogni legame familiare, è qualcosa di molto vicino alla dimensione della persecuzione razziale. L’abitudine a trasformare gli altri rischia di sfuggire di mano. Un esempio è quello del mondo social dove l’imitazione domina il processo educativo dei minori, l’altro esempio, più drammatico, è quello dei migranti che muoiono in mare”.
Tra gli ultimi a lasciare un segno in concorso, c’è stato il ritorno di Michel Franco con un film ambientato negli Stati Uniti e due nuovi interpreti dopo il sodalizio del regista con Tim Roth, Jessica Chastain e Peter Sarsgaard. Si intitola Memory ed è una storia d’amore, un racconto di due persone ai margini della società per volontà, sofferenza o malattia che si trovano e (forse) intravedono una seconda possibilità di vivere finalmente invece di sopravvivere.
Chastain è tra le poche attrici che ha avuto il nulla osta a presenziare dal Sag-Aftra, il sindacato di attori americani che ha indetto lo sciopero perché il film di Franco rientra tra le produzioni indipendenti. Per supportare la causa però, l’attrice e produttrice si è ritagliata un momento in conferenza per parlarne e inviare un messaggio all’industria cinematografica. “Ero molto nervosa all’idea di venire qui alla Mostra. Persone del mio team me l’avevano sconsigliato. Sono molto fortunata e ne sono consapevole. Quella dell’attore è una meravigliosa professione e per questo spesso ci viene chiesto di stare zitti per favorire future opportunità lavorative. Ci ricordano spesso di quanto siamo fortunati e questo è un atteggiamento che credo abbia portato ad abusi sul posto di lavoro che per decadi sono rimasti impuniti ed a un ambiente in cui è pieno di contratti ingiusti. Sono qui perché Sag-Aftra ha chiarito che per supportare lo sciopero serve anche postare sui social media e supportare le produzioni indipendenti che stipulano contratti equi e per questo esempio virtuoso. Spero che il mio essere qui oggi incoraggi altri produttori ed attori a farsi sentire così da far presto terminare lo sciopero e tornare a negoziare”.
Ultimo giorno dunque e tempo di stilare un bilancio di questa Venezia 80 che ha sofferto di penuria sul red carpet proprio a causa della protesta negli Stati Uniti. Nonostante ad illuminare il tappeto rosso ci siano stati “solo” Adam Driver, Jacob Elordi, Jessica Chastain, Woody Allen e pochi altri, a trionfare quest’anno è stata la cinefilia poiché, quando costretti a concentrarci soltanto sui film senza distrazioni e fronzoli, il dibattito sui contenuti si è fatto accesissimo. Mette d’accordo sia la stampa nazionale che internazionale il nuovo film del regista greco Yorgos Lanthimos, Povere Creature, interpretato e prodotto da Emma Stone, di cui abbiamo ampiamente parlato e che vedremo a fine gennaio nelle sale con Walt Disney Company Italia.
Con Stone al timone, Lanthimos, con gli artifici di un cinema visivamente sublime, sfida il patriarcato, racconta la crescita e l’evoluzione emotiva e sessuale di una donna priva di sovrastrutture, alla ricerca di se stessa. Tra i papabili Leoni, con molti punti di distacco ma gradimento sopra la media, si distingue Aku Wa Sonzai Shinai – Il Male non esiste di Ryusuke Hamaguchi, il regista giapponese del film premio Oscar per il miglior film straniero, Drive my car. Dramma umano e ambientalista su di un villaggio nei dintorni di Tokyo il cui equilibrio ecologico viene messo in pericolo da un progetto di glamping, dei camping di lusso.
Per la sua connessione con un problema attuale come l’interferenza irrimediabile dell’uomo sulla natura, l’opera di Hamaguchi è inevitabilmente un candidato forte a fare la differenza nel palmarès. Per lo stesso tipo di impatto, questa volta sociale e più che mai politico un altro fuoriclasse è sicuramente The Green Border della regista polacca Agnieszka Holland, che ci pone di fronte ad una situazione che non possiamo più far finta di non vedere: la condizione e la situazione dei migranti in Europa con uno sguardo più attento al confine tra Polonia e Bielorussia.
Se tra gli italiani il valore di Io, Capitano, primo film di Matteo Garrone a partecipare al concorso veneziano, non è minimamente in discussione e anzi in pole position per essere il nostro asso piglia tutto (anche in previsione Oscar), secondo la stampa estera, c’è un altro titolo altrettanto valido: Maestro di Bradley Cooper, biopic sul direttore d’orchestra e compositore Leonard Bernstein e il suo rapporto con la moglie. E tra le migliori interpretazioni? Ci sono pochi dubbi che tra i debutti folgoranti sul grande schermo ci sia quello del giovane esordiente Seydou Sarr, il capitano di Garrone, meritevole del Premio Mastroianni.
A contendersela, a meno di un ex aequo, potrebbero giocarsela Ryo Nishikawa per il film di Hamaguchi e la Rebecca Antonaci di Finalmente l’Alba. Tra le possibili Coppe Volpi ci sono Lea Seydoux in La bete, Cailee Spaeny per Priscilla e la stessa Chastain per Memory, con Emma Stone forse a sbaragliare la concorrenza. Nelle fila maschili, spicca Caleb Landry Jones in Dogman. Via con le scommesse e che vinca il migliore.