Bugie e ipocrisia

Quante balle sui migranti da fascisti e dem, da Minniti non è cambiato niente

Sulle migrazioni i governi hanno raccontato un sacco di balle. Cambia lo stile, i fascisti con la panzana del “blocco navale”, i democratici con la storiella della “stabilizzazione della Libia”. Ma da Minniti in poi, nulla è cambiato

Editoriali - di Luca Casarini

31 Agosto 2023 alle 11:27 - Ultimo agg. 31 Agosto 2023 alle 11:29

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Quante balle sui migranti da fascisti e dem, da Minniti non è cambiato niente

Quando la realtà dissolve le promesse di cui si nutre la campagna elettorale permanente che affligge l’Italia, allora arriva il momento delle dichiarazioni d’intenti. “Ecco quello che faremo”, dettano agli uffici stampa i governanti. Nessuna riflessione critica naturalmente, su quanto fossero menzognere e irrealizzabili quelle promesse, buone solo per acchiappare voti e impadronirsi del potere pubblico.

Chi vince le elezioni utilizzando paure e creando emergenze ad arte, si impadronisce della funzione temporanea e collettiva del governo della società, ma questa ormai è la storia di tutti i sistemi democratici occidentali, non certo solo di questo governo. L’aspetto più grave è che tra promesse elettorali che si rivelano menzogne e dichiarazioni d’intenti che cercano di riparare, nessuno rifletta sui guasti, culturali, politici e sociali, che quella sequela di slogan gridati nei comizi e scritti sui programmi causa alla nostra fragile idea di società.

Sulle migrazioni, si è già detto, i governi e questo in particolare, hanno raccontato per anni un sacco di balle. Sapendo di mentire, e sapendo di tradire non solo il proprio mandato, ma anche quei valori che stanno dentro e fuori la Carta Costituzionale, i governanti tentano di agire come si fa quando si vuole che una profezia si autoavveri. Con il Patto Italia-Libia, siglato nel 2017 da Minniti e Gentiloni, si voleva affermare l’idea tragica che fosse possibile “fermare” donne, uomini e bambini migranti e profughi, semplicemente trasformando delle bande armate di mercenari, in agenti al proprio servizio. Quale idea più liberista, ma anche “materialista” in fondo, di quella che il denaro possa trasformare tutto, cambiare tutto, risolvere tutto? C’era bisogno di una grande menzogna per reggere alla base il castello di bugie: il pericolo, addirittura per la “stabilità democratica”, rappresentato dai migranti che attraversavano il mare.

Come in guerra, di fronte a un simile rischio, quale sincero democratico non avrebbe intrapreso ogni sforzo, anche con leggi d’eccezione, per “difendere la Patria”? Da allora, dopo sei anni nei quali nessuna Patria è mai stata minacciata dai poveri nei barconi, una sola cosa è sicuramente cambiata: sappiamo che in Libia, anche a causa del potere conferito dal nostro Patto ai signorotti della guerra che si possono riassumere in tre o quattro clan familiari, la situazione è peggiore di prima.

Abbiamo comprato e continuiamo a comprare i servigi dei mercenari, e abbiamo rubato la vita e la libertà a migliaia di esseri umani e la democrazia possibile ai cittadini libici. Ma in fondo, cosa ci interessa della società libica, di quella tunisina, e di tutti i popoli che vivono sull’altra sponda del Mediterraneo? Il colonialismo non finisce con il ritiro dei soldati, è questione, in fondo, di mentalità. Ci si sente “colonialisti”, si agisce da colonialisti, si pensa e si trattano gli altri da colonialisti. E dunque lo sviluppo di quei paesi, si decide qui, a Roma o Bruxelles, e deve essere uno sviluppo gradito, a Roma e Bruxelles.

Dopo Minniti, dopo i governi da sei anni a questa parte, niente è cambiato. La campagna elettorale che ha portato la destra ad “impadronirsi” del potere, è stata anch’essa centrata sul “pericolo” dei migranti. E le soluzioni ad un problema immaginario, potevano non essere immaginarie? Il “blocco navale”, una delle più grandi panzane mai dichiarate, si è rivelato per quello che era. Come la storiella che “bisogna aiutare la Libia a stabilizzarsi” di democratica provenienza. I toni e lo stile cambiano insomma, i fascisti fanno i fascisti e i democratici fanno i democratici, ma alla fine cosa hanno fatto di diverso in sei anni e quattro governi? Anche il modo che hanno tra loro, queste elites della “politica”, di rinfacciarsi i rispettivi insuccessi, dice molto su che cosa in realtà hanno in testa.

Non c’è nessuno che dica all’altro: “Bravo, hai salvato un sacco di gente, di esseri umani, te lo riconosco”. Non c’è nessuno di costoro, che in Europa ci vada per dire “siamo fieri ed orgogliosi per quello che siamo riusciti a fare nel Mediterraneo, dove si continua morire ma per fortuna oltre centomila esseri umani ce l’hanno fatta”. E sulla base di questo, magari, arricchisca il suo concetto di patria e sovranità. No. Niente di tutto questo. “Dovevate fermare l’immigrazione e gli sbarchi sono raddoppiati”. “E voi che volete far entrare tutta l’Africa, avete i vostri sindaci che non li vogliono”. Dibattiti surreali, che esprimono un infantilismo politico imbarazzante, ma soprattutto una matrice culturale prima che politica, assolutamente identica.

Le dichiarazioni di intenti dunque, si sprecano adesso. Piantedosi se la prende con i servizi segreti “che fanno poco in Tunisia”. Cosa dovrebbero fare di più? Quello che fecero gli uomini del suo predecessore Minniti in Libia. Accordi con i trafficanti perché si trasformino in poliziotti di frontiera, e convincano un riluttante presidente Saied ad organizzare i lager per migranti anche lì. Accordi con i membri della Guardia Nazionale, perché speronino e facciano affondare più barchini, pratica già denunciata pubblicamente dall’ex presidente Moncef Marzouki. La premier invece, ha in mente la strategia “da parassita” dell’uomo del ponte, che sta attaccato ai governi come una zecca (verde in questo caso cara Giorgia) e poi, al momento buono, si smarca pronto ad accoltellare Cesare alle spalle.

Anche perché, e questa è l’unica ragione di vita per le elites, ci sono le elezioni europee che incombono. Piantedosi è uomo suo, e nel suo sproloquio da finto esperto, ribadisce che la soluzione per l’aumento di arrivi, sono più carceri e più espulsioni. Figurarsi se gli viene in mente di parlare del ripristino di sistemi di accoglienza dignitosi, di riapertura degli Sprar e di accoglienza diffusa, di sicurezza da creare nelle città a partire dai diritti e dalla dignità. Sono arrivati? E allora gli facciamo passare l’inferno un’altra volta. Nelle menti noiose di questi personaggi, capaci di ripetere sempre e solamente le stesse cose, vi sarà certamente spazio anche per una sorta di machiavellismo d’accatto: più aumentano i problemi di sicurezza e più noi prendiamo voti, promettendo il pugno di ferro.

A coronare questo “dagli al profugo e migrante”, vi è poi “l’intellighenzia”. E’ il caso di Minzolini, che inizia il suo editoriale su Il Giornale con: “Chi scrive non vuole fare il processo su quanti soldi costi allo Stato ogni giorno un immigrato sbarcato in Italia. Né tantomeno vuole alzare una sorta di guerra tra poveri.” Ecco, Minzolini dovrebbe sapere che chi inizia così, di solito, lo fa perché ha la “coda di paglia”. Infatti il suo articolo fa esattamente i conti per provare a mettere una contro l’altra la condizione di un povero italiano e quella di un profugo. Naturalmente non raffronta il suo stipendio con la pensione minima. E trucca il gioco, peraltro, perché non fa menzione ad esempio del fatto che i migranti giunti in Italia costano di meno dei mercenari strapagati in Libia. Con una differenza: in Libia l’immigrato muore.

Viene torturato. Qui no. E allora a Minzolini sarebbe da chiedere: quanto spende l’Italia per una sola delle ormai trenta motovedette consegnate ai mercenari libici e fornite per la cattura in mare e deportazione di donne uomini e bambini? Sarebbe anche vietato dalla Convenzione di Ginevra tutto questo, ma Minzolini di questo non fa menzione. Del costo umano, non si parla mai. Viene il sospetto che queste elites non considerino dunque umani i poveri, i migranti e i profughi.

La matrice culturale potrebbe contenere anche questo. Eppure si dicono tutti cristiani. La premier, che lo urlava sui palchi dei neofascisti spagnoli in quello che poi è diventato un cult : “Sono Giorgia, sono una madre, sono cristiana!”, il sottosegretario Mantovano, fervente credente, e l’attuale Ministro dei Trasporti, che faceva lo yoyo con il rosario. Da cristiani forse gli sarebbe utile leggere il Vangelo di ieri, Matteo 23,27 – 32 : “Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che assomigliate a sepolcri imbiancati: all’esterno appaiono belli, ma dentro sono pieni di ossa di morti e di ogni marciume. Così anche voi: all’esterno apparite giusti davanti alla gente, ma dentro siete pieni di ipocrisia e di iniquità….”.

31 Agosto 2023

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