L'assedio su due fronti
Meloni sotto il tiro dei fascisti: Salvini si propone come il vero campione dei sovranisti
Matteo difende il generale Vannacci: “Ha difeso la Patria, leggerò il suo libro”. Chiaro l’obiettivo: proporsi come il vero campione dei sovranisti
Politica - di David Romoli
Giorgia Meloni ha un fianco scoperto ma, a sorpresa, non è quello sinistro, che la impensierisce ben poco, ma quello destro e lì le preoccupazioni sono ben più numerose e più fondate. Il famigerato caso del generale Vannacci è solo l’occasione perfetta per scatenare un assalto famelico che mira a staccare dalla premier intere fette di elettorato deluso dalla moderazione che l’ex fiamma da comizio ha adottato da quando occupa palazzo Chigi.
Non sono solo cespugli di destra come Forza Nuova o formazioni nascenti con ben maggiori ambizioni come quella a cui lavora l’ex ministro Gianni Alemanno. Tra gli sgomitanti si fa largo e si aggiudica il morso più doloroso Matteo Salvini. Piatto e senza perifrasi il vicepremier e leader leghista si schiera dalla parte del generale, dopo una cordiale telefonata pubblicizzata a dovere dalle “fonti” leghiste: “Sono curioso e leggerò anche il libro di questo generale che ha salvato vite e difeso la patria, la bandiera e i suoi ragazzi”. Non pago, l’ex “capitano” si aggiunge al già folto coro che tira per la tonaca Giordano Bruno: “Mi rifiuto di pensare che in Italia ci sia un Grande Fratello che dice ‘questo lo puoi leggere e questo no’. La condanna al rogo come Giordano Bruno non mi sembra ragionevole”.
Salvini sa perfettamente che una parte tutt’altro che esigua di FdI la pensa come Vannacci e se non ne fosse stato già ben consapevole se ne sarebbe reso conto con le esternazioni di Donzelli, che tra i Fratelli tricolori non è l’ultimo arrivato e che aveva detto più o meno le stesse cose ma con una punta di prudenza in più: “Vannacci come militare, fino a questa vicenda ha reso un grande servizio alla nazione. Ma cosa vogliono? Il rogo dei libri che non condividono? Il gulag delle idee che non corrispondo alle tante correnti con cui litigano”. Si può ipotizzare che il coordinatore del partito della presidente volesse anche scagliare una freccia contro il ministro della Difesa Crosetto, reo di aver subito attaccato il generale omofobo e razzista. Dal Msi ad An fino a FdI la guerriglia permanente tra ras e potentati è una costante.
Il ministro piccato replica a stretto giro. “Se il generale Vannacci avesse scritto un libro sostenendo tesi opposte mi sarei comportato alla stessa maniera. Chi mi attacca, da una parte e dall’altra, si sarebbe comportato all’opposto. Sì, siamo diversi, e molto”. Nel caso di Salvini, come in quello di Alemanno prima di lui, il ministro non c’entra. Il bersaglio è Giorgia. Anche da questo punto di vista il leader leghista sa che la retorica della leader di FdI, quando era all’opposizione e anche da premier, non era molto diversa da quella di Vannacci. Il suo silenzio è del resto eloquente. Dunque Salvini coglie l’occasione per proporsi come vero rappresentante di una destra identitaria, intollerante, securitaria che inizia a riconoscersi con fatica nell’azione della presidente del Consiglio. E non lo fa solo sfruttando il caso di un generale le cui opinioni coincidono con una parte congrua dell’elettorato di destra. Al contrario, va all’attacco su tutti i fronti.
Lo stupro di gruppo di Palermo gli offre il destro per chiedere la castrazione chimica degli stupratori: “Stupratori e pedofili, italiani o stranieri che siano, la devono pagare sino in fondo. La castrazione chimica potrebbe servire come dissuasione”. Basta aprire qualsiasi social per rendersi conto di quanto popolare sia una simile posizione. Non che Salvini dimentichi gli immigrati: “Il ministro degli Interni sta lavorando a un nuovo decreto sicurezza. Non possiamo ospitare mezzo mondo con l’Europa che se frega e come sempre si volta dall’altra parte”. L’assedio è in realtà su due fronti. Salvini dall’interno della maggioranza e Alemanno dall’esterno mirano a scalzare la leader di FdI non solo sul terreno della destra identitaria ma anche su quello della destra sociale.
Salvini assicura che sul prelievo “tireremo diritti” ed è un messaggio bellicoso rivolto all’ala liberista della sua coalizione, incarnata da Fi e rilancia la separazione delle carriere, in questo caso sperando di rompere le uova nel paniere all’alleata che invece ha tutte le intenzioni di tenere bassa la tensione con la magistratura e con il Colle. Si può scommettere che di qui alle europee l’attacco mosso da destra dal leader leghista sarà pane quotidiano ma per capire se saranno solo parole, per quanto contundenti, o qualcosa di più bisognerà aspettare la Nadef, il 27 settembre, e la legge di bilancio.
Giorgetti, ieri, ha annunciato ieri una nuova ventata di austerità. Presumibilmente lo stesso argomento Meloni e Salvini hanno affrontato domenica, nel colloquio a sorpresa in Puglia. Ma per accreditarsi come campione di una destra radicale ma anche sociale il leader leghista dovrà provare almeno a incrinare quella scelta rigorista.