Il compleanno del Golden Boy

Chi è Gianni Rivera, la leggenda del Milan compie 80 anni

Gianni Rivera, per chi l’ha vissuto, porta ancora con sé una gioventù, perché non sono evaporati i doni che l’hanno rivelato: il talento, la classe, la personalità, ai quali ha aggiunto una cosa che si è costruito da solo, la sua storia.

Sport - di Andrea Saronni - 18 Agosto 2023

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Chi è Gianni Rivera, la leggenda del Milan compie 80 anni

Molto tempo è passato, al punto che si celebrano gli 80 anni di colui che nella memoria collettiva dei suoi contemporanei è ancora e sempre il “Golden Boy”, il Ragazzo d’Oro. Eppure Gianni Rivera, per chi l’ha vissuto, porta ancora con sé una gioventù, perché non sono evaporati i doni che l’hanno rivelato. Va dire il talento, la classe, la personalità, ai quali ha aggiunto una cosa che si è costruito da solo, vale a dire la sua storia. Che il tempo, assolutamente, non si può portare via come ha fatto con molto di ciò che era attorno a lui quando era l’idolatrato numero 10 del Milan e della Nazionale. Non c’è più il suo calcio, innanzitutto, di quello non c’è proprio più traccia.

C’è un altro sport, forse, altrettanto coinvolgente, ma basato su altri criteri: atletici, tattici, mediatici. Economici e politici è persino inutile sottolinearlo. Sovrapporre all’oggi uno dei capitoli principali della parabola di Rivera – ovvero strappare di mano il club al Presidente che aveva spropositato di cederlo-, fa un effetto surreale, da fantascienza applicata al business sportivo.

Però, anche quella vicenda (disastrosa per tutti, a cominciare da lui) ha contribuito ad alimentare non solo il suo mito, ma ad accrescere il suo ruolo e il suo peso in tutta la società, il costume nazionale ben oltre le sacre barriere della maglia. E il punto è che oltre a quel calcio, è sparita pure quell’Italia popolata di tanti maestri del pensiero e della scrittura, dell’arte e del giornalismo che riconoscevano nel pallone un pezzo importante della cultura popolare. Da interpretare, assecondare o semplicemente da raccontare, spesso con passione, spesso dividendosi.

Questioni di tifo, differentemente dal presente, ce n’erano ben poche. Semmai di filosofia, di vita proiettata su un campo verde e più precisamente nel punto dove Rivera controllava, fintava e poi, dopo un’impercettibile occhiata, spediva la sfera dove voleva lui e a chi voleva lui. Rivera che non parlava tantissimo, ma quando parlava, che botti. Arte, geometria, anarchia, che si voleva di più, specie in anni come quelli, i 60, i 70. Tanti fuoriclasse e protagonisti degli stadi, italiani e stranieri, hanno entusiasmato prima e dopo il Golden Boy, hanno vinto più del Golden Boy, guadagnato più del Golden Boy. Decisamente pochi, invece, hanno mosso le anime, i sogni e le menti (migliori) di un intero Paese. La prova sta nelle righe qui sotto.

L’augurio migliore che si può fare ai suoi eponimi che vestono divise kitsch e portano sulle spalle numeri improbabili, è quello di suscitare anche solo in parte qualcosa del genere. Ma probabilmente manca da ambo le parti la materia prima, essere speciali. E di continuare a esserlo è invece l’augurio migliore da rivolgere a Gianni Rivera. Solo pochi mesi fa, fresco di patentino, ha espresso il desiderio di allenare. Non c’è nulla da fare, l’istinto del fuoriclasse, della giocata a sorpresa non li può sopprimere nessuno. Neanche il tempo.

“E vidi lume in forma di Rivera”

“Come spenti / passano i vinti, passa il vittorioso / manipolo, ridente pur se stanco. / E in mezzo, lui, che ancora la tribuna / vibra al suo nome, echeggia la collina. / A testa china, assorto, / la dolce nuca ersuta di sudore, | l’ecchimosi, lo strappo sulla maglia”. (Fernanda Romagnoli, poesia per Gianni Rivera)

“Se non prendete quel ragazzino siete matti” (Juan Alberto “Pepe” Schiaffino)

“Un bel ragazzino in maniche di camicia azzurra… il suo atteggiamento di cortese attenzione, mai impaziente né minimamente arrogante, la sua parlata pacatissima, con una erre leggermente arrotata” (Camilla Cederna)

“Diventai milanista perché da piccolo trovai un giorno per terra il portafoglio di mio nonno. Lo aprii e vidi le foto ingiallite di padre Pio e Gianni Rivera, che io non conoscevo, non sapevo chi fossero. Lo chiesi a mio nonno e lui mi spiegò: uno fa i miracoli, l’altro è un popolare frate pugliese”. (Diego Abatantuono)

“Gianni Rivera, ciapp’ questo pallone, un Tango, e vai in giro per il mondo a insegnare il giuoco del calcio!” (Diego Abatantuono, da Eccezzziunale… veramente)

“Perché Rivera è l’idolo delle folle? Subito spiegato, cioè che il calcio oggi la gente lo vede e lo giudica solo dalla televisione. Rivera appare sui teleschermi, normalmente, solo quando ha la palla al piede, quand’è in azione. Ora, quando Rivera ha la palla lo sappiamo tutti che è un uomo eccezionale. Ma io lo critico non per le palle che gioca: per le palle che non gioca. Rivera, dunque, è un grosso giocatore che però costringe a impiegarlo in un certo modo.” (Gualtiero Zanetti, direttore de La Gazzetta dello Sport)

“Rivera, alzarsi e camminare” (Nicolò Carosio)

“Ma se non si correva per Gianni, per chi valeva la pena farlo?” (Giovanni Lodetti)

“Il giocatore che in ogni momento, quando ha la palla, sa fare la cosa più giusta tra le tante possibili. Questo è il grande giocatore. E questo giocatore io lo trovo in Gianni Rivera” (Fulvio Bernardini)

“Senza Rivera il Milan è un altro Milan. Son d’accordo, sì, non corre tanto. Ma se io voglio avere il gioco, voglio avere la fantasia, se io voglio avere dal primo al novantesimo minuto sempre l’arte di capovolgere una situazione, questa me la dà soltanto Rivera, con i suoi lampi, non vorrei esagerare, perché in fondo è soltanto football, ma Rivera è un genio” (Nereo Rocco)

“Zero a zero anche ieri ‘sto Milan qui, sto Rivera che ormai non mi segna più, che tristezza, il padrone non c’ha neanche ‘sti problemi qua”.
(Enzo Jannacci,Vincenzina e la fabbrica”)

“Sorride ancora. Rivera. A forza di vederlo sempre malinconico, con una smorfia scettica sulle labbra sottili, pensavo che non sapesse più sorridere. Il maledetto ’66 è finito in allegria. Con champagne nelle coppe e sorriso sulle labbra. È felice, Rivera. Come mai l’avevo visto. E la sua faccia invecchiata da una maturità precoce riacquista una semplicità sbarazzina, da bambino che ha ingoiato montagne di cioccolatini”. (Walter Tobagi)

“Il suo collo è da cigno, il suo occhio freddo e il suo ciuffo da uccello raro e prezioso: sembra un airone quando improvvisa, tra la muta avversaria, passi e ritmi in controtempo che sbilanciano i più ringhiosi mastini” (Giorgio Bocca)

“Quali sono i quattro giocatori italiani che ritiene più forti?” “Rivera, Rivera, Rivera e Rivera” (Alf Ramsey, c.t. dell’Inghilterra campione del mondo 1966)

“Sono passati una ventina di governi, i Platters, i cantautori, le minigonne, il centrosinistra, l’uomo sulla luna, Lascia o Raddoppia, tutta roba d’archivio. Lui invece è ancora qui. Qualcuno dice che sta esagerando, che non ha il senso della misura. Ha fatto fuori, dicono i suoi nemici, più presidenti e allenatori che piatti di minestra e fidanzate più o meno ufficiali. Altri, i fedelissimi, sono convinti che sia eterno, proprio come Babbo Natale. Sicuramente, batterà in resistenza anche John Travolta”. (Beppe Viola)

“È vero, ti ho chiamato abatino. Abatino è termine settecentesco, molto vicino – per dirla schietta – al cicisbeo; un omarino fragile ed elegante, così dotato di stile da apparire manierato, e, qualche volta, finto.” (Gianni Brera)

“Con la polemica Brera-Rivera, i calciatori sono diventati uomini, non piedi. Merito di Brera. E del suo nemico Rivera” (Oreste del Buono)

“Da dove nasce la lotta a Rivera? Nasce dal grigiore generale, dal conformismo, dalle teorie sbagliate” (Gino Palumbo)

“Rivera, in sostanza, è un sindacalista del calcio, un socialista della pedata che ha fatto una rivoluzione eminentemente personale. Immaginate un Marx che usi il suo talento sol per risolvere una sua questione intima, un suo problema particolare”. (Gian Paolo Ormezzano)

“Le vicende della sua vita non furono sempre ideali. Unendo il proprio destino al Milan fu sempre coerente, non fortunato. Nessuno osa privarsene o mancargli di rispetto. E equilibrato, forse anche saggio. La fama gli si dissolve sul capo come una nube non più molto grata. Non se ne affligge e per questo lo stimo” (Gianni Brera)

“Gianni Brera / Bearzot / Monzon Panatta Rivera D’Ambrosio/ Nuntereggaepiù” (Rino Gaetano)

“Giocare con Rivera era il massimo, spesso ti metteva la palla lì al bacio. Però era anche una bella responsabilità. Perché io sbagliavo e lui mai” (Egidio Calloni)

“Il calcio è come la poesia, un gioco che vale la vita. Voglio dirglielo: anche il poeta ha il proprio campo verde ove parole, colori e suoni vanno verso l’esito felice. Fa anche lui il gol o lo lascia fare, dando spazio alle ali, al lettore che gli cammina al fianco e che entra in porta con lui, nella felicità di avere colpito il segno. Può sembrare tutto facile, e lo è, per grazia ricevuta. Ma, a spedirla questa grazia, è il suo stesso cuore puro, il suo nome innocente, e forse anche il non sapere come ha fatto. La furbizia, tra noi, non sarà mai nostra”. (Alfonso Gatto, “lettera aperta a Gianni Rivera”)

“Rivera fa fiorire gli ombrelli” (Alberico Sala)

“Chi è questo?” (Ruud Gullit, osservando una foto di Rivera con il Pallone d’Oro nella sede del Milan)

“Rivera è eterno come il calcio, una storia infinita. Lui portava il calcio sulla piazza pubblica prima ancora che a Piazza Affari, forse è stato il primo calciatore moderno nell’era mediatica. Ragionava, capiva di strategia, leggeva le partite. Rivera non era solo classe, ma anche risultati. Grazie per essere stato quello che sei stato e di rimanere quello che sei” (Michel Platini)

“Albertosi, Albertosi / Burgnich e Facchetti / con Bertini, Rosato e Cera / c’era un gol! / Domenghini e Mazzola / Boninsegna e Rivera / in panchina, in panchina con Zoff”. (Mina, Ossessione ‘70)

“Boninsegna… ha saltato Schultz, passaggio…. Rivera, RETE! Rivera, ancora, 4-3! 4-3, gol di Rivera! Che meravigliosa partita, ascoltatori italiani… non ringrazieremo mai abbastanza i nostri giocatori per le emozioni che ci offrono” (Nando Martellini, telecronaca di Italia-Germania, Mondiali del Messico 1970)

“Posso dire una sola cosa di Gianni: vorrei che fosse mio figlio tanto è a posto, tanto è serio. Io ho due figli, ma includerei volentieri Gianni nella mia famiglia. E guardi che in 45 anni di mestiere ne ho visti di giocatori di calcio”. (Nereo Rocco)

“In campo dimostra di avere un’intelligenza e una classe fuori dal comune: gran goleador (diventa anche capocannoniere del campionato), Rivera è soprattutto un assist man. Le sue soluzioni di gioco per mettere i compagni in condizione di segnare sono praticamente illimitate” (Hall of Fame AC Milan)

“Ho sempre sognato di fare gol su lancio illuminante, anzi cartesiano, di Rivera” (Silvio Berlusconi)

“In un calcio arido, perfino cattivo, con i troppi dubbi di doping e di premi elevati che deformano la verità, Rivera è il solo a dare un senso di poesia a questo sport”. (France Football, motivazione al Pallone d’Oro 1969)

“Quel colore lì, grigio, era anche il colore del calcio. Trasmesso alla tele, un tempo scelto a caso, con i giocatori, l’erba e il pallone monocromatici. Per questo ti veniva voglia di andare allo stadio. Per vedere se era proprio così, tinta unita. E se allo stadio arrivavi davvero, non te lo scordavi più. Perché all’improvviso, scoprivi il verde dell’erba, il rigato delle maglie, le mille sfumature castane del ciuffo di Gianni Rivera”. (Giorgio Terruzzi)

“Anche a fine carriera, Rivera era il fuoriclasse che avevo ammirato da ragazzino… giocava con una semplicità grandiosa. Era lì, nella capacità di sintesi, che emergeva la differenza con tutti gli altri, mai un dribbling in più o il colpo ad effetto. Ogni volta non finivo di stupirmi” (Franco Baresi)

“Mi illumino di Rivera. Quando Rivera tocca la palla il gioco si illumina. Perché veramente con essa Rivera fa meraviglie. Più grande di lui ci fu forse soltanto Pelé” (Luciano Bianciardi)

“Rivera porta nel gioco una misura classica: è un eroe antico” (Ennio Flaiano)

“E vidi lume in forma di rivera” (Dante Alighieri, la Divina Commedia, Paradiso Canto XXX).

La carriera

Due giugno 1959. Rivera fa l’esordio in serie A con la maglia grigia dell’Alessandria. Ha 15 anni. Per giocare, essendo troppo ragazzino, ha ottenuto un permesso speciale della Lega Calcio

1960. Ha appena compiuto i 17 anni e fa parte della nazionale Olimpica che a Roma conquista la semifinale. Con lui Trapattoni, Burgnich, Salvadore, Bulgarelli. In semifinale la nazionale pareggia con la Jugoslavia e viene eliminata alla monetina. la Jugoslavia vince l’oro.

18 settembre 1960. Al ritorno dalle Olimpiadi esordio nel Milan. Dopo un provino sostenuto con due grandi esaminatori: Nereo Rocco e Juan Alberto Schiaffino. Inizia una corsa che durerà 19 anni. Il primo anno Rivera gioca con Schiaffino.

1962. Alla seconda stagione col Milan è già scudetto. Guidato da Rocco, con le spalle coperte dal vecchio Maldini (Cesare), Dino Sani al fianco e Altafini davanti.

1963. Per la prima volta una squadra italiana (anzi: una squadra non iberica) vince la Coppa dei campioni. Il Milan, guidato dal diciannovenne Rivera, batte in finale il Benfica, due a uno. Due gol, due lanci di Rivera.

1968. Secondo scudetto

1969. Seconda Coppa dei campioni travolgendo in finale l’Ajax di Cruijff. Rivera è protagonista assoluto della gara. Di conseguenza arriva il Pallone d’oro, il primo assegnato a un italiano.

1970. Ai mondiali del Messico l’allenatore Valcareggi, spinto dalla stampa italiana (in particolare da Gianni Brera) lo tiene ai margini. Gli concede solo i secondi tempi. È nei secondo tempi e poi nei supplementari della semifinale, che Rivera trascina l’Italia in finale, dopo 35 anni, segnando alla Germania il famoso gol del 4 a 3. In finale, Valcareggi, con una scelta sciagurata e incomprensibile, lo tiene fuori squadra. L’Italia perde 4 a 1. Pelè dichiarerà che se avesse giocato Rivera sarebbe stata un’altra partita. Vero.

1973. L’anno della beffa. Il Milan vince la Coppa delle coppe e la Coppa Italia, Rivera è capocannoniere (primo centrocampista capocannoniere dal 1946, quando toccò a Valentino Mazzola, padre di Sandro e Ferruccio). In realtà il Milan vincerebbe anche il campionato, ma il Milan non è amato dagli arbitri e Rivera men che meno. L’anno precedente aveva beccato tre mesi di squalifica per aver denunciato i metodi coi quali si sceglievano gli arbitri delle varie partite. Anche nel 1973 litiga molto. Il Milan è severamente punito da arbitraggi faziosi. Il peggiore è quello della partita decisiva Lazio- Milan, nella quale al Milan viene tolto il punto che sarebbe stato sufficiente per vincere il campionato in anticipo. All’89’ del secondo tempo l’arbitro Lo Bello annulla un gol regolare di Chiarugi. All’ultima partita, col Milan primo, la società chiede un rinvio della gara, almeno di 24 ore, perché il Milan ha sostenuto il giovedì una estenuante finale di Coppa delle coppe. Le sue rivali si oppongono e la Lega, ovviamente, dà torto al Milan che si presenta sfinito alla partita col Verona. La perde e perde lo scudetto.

1977. Terza Coppa Italia. Vinta nel giorno dell’ultima partita di Sandro Mazzola, che esce furioso dal campo.

1979. Scudetto, stella e abbandono del calcio giocato.

18 Agosto 2023

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