Il caso nel carcere di Torino

Il dramma di Susan: in sciopero della fame lasciata morire in cella a 40 anni

Faceva lo sciopero della fame ma nessuno lo sapeva. La notizia del suo decesso l’ha data il sindacato delle guardie

Giustizia - di Angela Stella

12 Agosto 2023 alle 13:00

Condividi l'articolo

Il dramma di Susan: in sciopero della fame lasciata morire in cella a 40 anni

Nel 2014 un recluso di Regina Coeli mi disse: “Siamo 65.000 detenuti: immaginiamo che fossimo tutti italiani, con le famiglie arriviamo a 150.000 persone; dividiamo questo numero per le regioni d’Italia, cioè per venti: fa 7500 voti teorici a regione. Dunque, il potere contrattuale della popolazione dei detenuti è pari a zero”. E aggiunse: “Il carcere è come una cantina dove viene messo ciò che non serve, è il posto di cui la società continua a dimenticarsi”.

Aveva ragione, la società e grandissima parte della politica sono completamente indifferenti alle questioni relative all’esecuzione penale. Persino l’ex Ministra Marta Cartabia, che si professava tanto sensibile al tema, non è riuscita a fare nulla per portare sollievo nelle carceri. E anche l’attuale Governo, con il Ministro Nordio, latita in materia. Il tema è completamente sparito dall’agenda ma intanto nelle nostre prigioni si continua a morire. È di ieri la tragica notizia di una detenuta di origine nigeriana, 43 anni, madre di due bambini, che si è lasciata morire di fame e sete nel carcere di Torino. Rifiutava cibo e acqua fin dallo scorso 22 luglio, giorno del suo arrivo in carcere dalla Sicilia, dove era avvenuto il suo processo.

A nulla sono servite le sollecitazioni ad alimentarsi da parte dei medici e del personale di Polizia Penitenziaria. A dare la notizia è stato il sindacato autonomo di polizia penitenziaria Sappe, per voce del segretario regionale del Piemonte, Vicente Santilli. “Il pur tempestivo intervento dei nostri agenti di polizia penitenziaria di servizio non ha purtroppo impedito la morte della detenuta”, ha commentato. Secondo quanto ha riferito Santilli, la donna avrebbe terminato di scontare la pena nell’ottobre 2030 ed è deceduta la scorsa notte intorno alle 3, nell’articolazione di salute mentale presso cui era ristretta. Il 30 giugno scorso le detenute torinesi avevano scritto una lettera per denunciare l’ennesimo suicidio di una loro compagna, impiccatasi appendendosi alle inferriate della finestra del bagno, e denunciare le condizioni di vita negli istituti penitenziari della città.

Come sottolineato da un comunicato di ieri dell’Associazione Antigone, “Il sovraffollamento continua ad essere una del le principali problematiche del sistema penitenziario italiano, con un tasso che viaggia attorno al 121%, con 10.000 persone detenute in più rispetto ai posti effettivamente disponibili (e un numero di presenze in costante crescita)”. Eppure il Guardasigilli si era detto fautore del carcere come extrema ratio, ma poi forse il suo sottosegretario Andrea Delmastro delle Vedove gli avrà fatto cambiare idea. Inoltre, riferisce sempre Antigone, “i suicidi, pur nel silenzio della politica e di parte del sistema dell’informazione, continuano ad essere una piaga a cui il carcere ha abituato”.

In estate la galera si trasforma letteralmente in un inferno. Addirittura nel carcere di Aversa non è previsto l’allaccio alla rete idrica comunale ed è quindi servito da cisterne. Specie nel periodo estivo, si verifica una carenza di acqua corrente, con tutte le difficoltà connesse, anche a trovare refrigerio dal gran caldo. Stesso problema ad Augusta, dove sono presenti cisterne esterne che non garantiscono acqua calda e acqua corrente tutto l’anno e in qualsiasi momento del giorno. È di solo due mesi fa il monito del Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa che, di fronte al fenomeno dei suicidi “che ha raggiunto un livello senza precedenti”, ha chiesto al governo italiano “misure di prevenzione” e un maggior numero di “trasferimenti verso le Rems”, le residenze alternative per i detenuti che soffrono di disturbi psichici.

12 Agosto 2023

Condividi l'articolo