L'ennesimo dramma
Detenuta si uccide nel carcere di Torino, è il 32esimo suicidio nel 2023: sarebbe uscita tra meno di due mesi
Cronaca - di Carmine Di Niro
Si è tolta la vita mercoledì sera a Torino, all’interno del carcere delle Vallette: è la prima donna quest’anno. A denunciare l’ennesimo suicidio, il 32esimo dall’inizio del 2023, è il Garante nazionale dei diritti dei detenuti.
Graziana O., una 52enne arrivata alla fine di una detenzione di quattro anni e 10 mesi, sarebbe uscita dal carcere tra poco meno di due mesi (il 21 agosto) alla fine di una pena che stava scontando dal Ferragosto del 2019, con l’accusa di aver tentato di strangolare il compagno. Un suicidio che sconvolge per il contesto in cui è maturato: il percorso della vittima, spiega il Garante, presentava tutti i segni della positività, considerata la mancanza di sanzioni disciplinari, la concessione di quasi un anno di liberazione anticipata, la collocazione nella sezione ‘a trattamento intensificato’.
Il corpo della 52enne è stato trovato poco dopo le 19 di mercoledì: la detenuta si è uccisa realizzando un cappio artigianale, fatto con i propri indumenti, nel padiglione femminile della Casa Circondariale di Torino alle Vallette. Il cadavere, spiegano dal sindacato di polizia penitenziaria Osapp, è stato rinvenuto nel bagno.
L’avvocato della donna, Mattia Fió, spiega all’edizione torinese di Repubblica che la sua assistita “aveva ottenuto per il buon comportamento un anno di liberazione anticipata. Nell’ultimo periodo la sua situazione di fragilità era conosciuta ed era per questo supportata anche a livello farmacologico. Aveva esternato le sue paure di uscire dal carcere e approcciare una nuova vita fuori sia a me che alle due figlie. Durante il processo era emersa la storia difficile, di violenze e minacce reciproche con il compagno, e per questo aveva ottenuto tutte le attenuanti possibili“.
“Il suicidio di chi è prossimo all’uscita in libertà, magari dopo aver scontato una lunga pena, non è ragionevolmente riconducibile a elementi, come il degrado delle strutture o la densità della popolazione detenuta, che si sono sperimentati lungo tutto il corso della detenzione – spiega il Garante – Una riflessione analoga vale per chi si suicida a poche ore, a pochi giorni dall’ingresso in carcere, 15 nel 2022, sul totale degli 85 suicidi, di cui 10 nelle prime 24 ore: oltre alla drammaticità del vissuto che ha determinato la detenzione, non è tanto l’impatto con le condizioni del carcere a poter determinare quel gesto, quanto la percezione della persona di essere caduta in un buco nero senza vie d’uscita. Per questo e più ancora che per tutte le altre situazioni, la morte di chi è vicino a tornare in libertà interroga e coinvolge implacabilmente tutta la società civile: le reti di sostegno sociale come l’intera comunità, assenti rispetto al dovere civico di reintegrare chi ha terminato di scontare una pena“.
Sull’ennesimo suicidio in carcere è intervenuta la senatrice dell’Alleanza Verdi e Sinistra Ilaria Cucchi: “Ogni volta che una persona in regime di detenzione arriva a togliersi la vita significa che lo Stato ha fallito. L’ennesimo suicidio conferma un dramma che coinvolge sia i detenuti che gli agenti di custodia. Bisogna fare di tutto per garantire i diritti di chi è rinchiuso in una cella. In primis, ridurre il sovraffollamento e assicurare sempre un costante supporto psicologico, indispensabile per i più fragili. Le carceri devono essere luoghi rieducativi, non certo la tomba delle persone e la privazione della libertà dovrebbe essere l’estrema ratio per i reati più gravi. Come diceva Voltaire ‘la civiltà di una nazione si misura osservando le condizioni delle proprie carceri’ e le nostre sono messe davvero male“.