Il risveglio delle correnti
Nel Pd si risvegliano le correnti: i lettiani scendono in campo per salvare Schlein
I neo-ulivisti formalizzeranno la nascita dell’area a settembre, senza l’ex premier che non ha alcuna voglia di impicciarsi. La nuova corrente non sarà una minaccia per la leader, vuole sostenerla, ma contendendo spazio ai dirigenti entrati con lei e sostanzialmente estranei alla storia dem
Politica - di David Romoli
E’ un po’ insensato scoprire che nel Pd si stanno riformando le correnti dopo l’anatema iniziale di Elly Schlein, subito dopo l’elezione a sorpresa. Non si possono “riformare” perché non avevano mai smesso di esistere e se le si nota un po’ di più adesso non è solo perché a botta calda, subito dopo il pronunciamento della leader, si erano tenute un po’ nell’ombra.
E’ soprattutto perché si avvicinano gli appuntamenti che per le correnti, poco importa se di maggioranza o minoranza, costituiscono la principale ragione di esistere: le elezioni europee e poi quelle regionali, la spartizione di candidature, seggi ed eventualmente incarichi. La guerra interna, che è effettivamente stata acerrima, invece resta per ora congelata. Sino alle europee la segretaria è intoccabile ripetono anche i tavoli e le seggiole al Nazareno ma la realtà, salvo improbabili tonfi elettorali il prossimo 9 giugno, è che lo scontro interno riprenderà, se le cose andranno male, solo dopo le prossime regionali e si può scommettere che se cadrà anche uno solo degli ultimi bastioni, Emilia e Toscana, si tratterà di uno scontro da fare impallidire quelli del passato. Ma non è questione attuale.
E’ vero in compenso che le correnti, mai scomparse si stanno riorganizzando, scomponendo e ricomponendo, ricollocando. I lettiani, che in realtà sono già una corrente in pectore come “neo-ulivisti”, formalizzeranno la nascita dell’area a settembre. Lettiani senza Letta, sia chiaro. L’ex segretario non ha alcuna voglia di impicciarsi di nuovo della politica di partito, è tornato a veleggiare in acque internazionali, chi lo ha incontrato di recente lo ha trovato ancora molto provato. La corrente non è una minaccia per Schlein: al contrario nasce per sostenerla.
Ma anche per contendere spazio e posti al gruppo dirigente entrato direttamente ai vertici del partito con Elly, con alle spalle un passato vendoliano o civatiano e sostanzialmente estranei alla storia del Pd: Marco Furfaro, oggi un po’ in disgrazia, Igor Taruffi, la potentissima Marta Bonafoni, probabilmente la vera numero 2 del Pd oggi. I “lettiani per Elly” dovrebbero un po’ controbilanciarli, lavorando di conserva con i dirigenti storici che sostengono l’outsider sin dall’inizio: Francesco Boccia, il solo della vecchia guardia che faccia davvero parte del gruppo ristrettissimo della segretaria, Nicola Zingaretti, che ha appena stretto l’accordo di ferro con la segretaria che ha portato al defenestramento piuttosto brutale di Cuperlo sostituito alla guida della Fondazione proprio dall’ex segretario e governatore del Lazio, Dario Franceschini con la sua Areadem.
Completa il blocco della segretaria la sinistra di Orlando e Provenzano, piazzata benissimo quanto a posti in direzione e segreteria anche perché la meno distante, se non la più vicina, agli “esterni” arrivati al timone con Elly. La minoranza è ancora Base riformista con altro nome, Energia popolare. In realtà la nuova corrente, con Bonaccini alla guida e i numerosi amministratori che rispondono al candidato sconfitto nella corsa per la segreteria, dovrebbe essere diversa dagli ex renziani di Base riformista. Il problema è che il governatore dell’Emilia si è deciso a formare la corrente, del resto formata per lo più da ex renziani pur se esterni a Br, solo perché tirato per la giacca. La sua strategia passa per il dialogo con la vincitrice, non per la contrapposizione ed è pertanto ben poco combattivo. Del resto lo spostamento a destra di Renzi lascia la minoranza senza sponde esterne e anche questo ha il suo peso.
Dunque, contrattazioni per i posti a parte, nessuno insidierà la segretaria, anche se i malumori per la sua scarsissima disponibilità al confronto non sono affatto placati. La scelta di Calenda di partecipare alla raccolta di firme per la legge sul salario minimo è vista a ragione come una vittoria di Elly, e del resto l’intera campagna su quel fronte è stata sostanzialmente un successo. Sia perché il governo per la prima volta si è dovuto fermare rinunciando all’emendamento soppressivo che aveva in mente sia perché la segretaria è riuscita per ora a scippare a Conte una bandiera che era in realtà dei 5S. Tutti dunque mettono nel conto un autunno di mobilitazione, che il Nazareno sta preparando stringendo i rapporti con Landini. Poi la parola passerà agli elettori, per le europee e poi per le regionali. Le correnti ci sono ma con le armi chiuse nei ripostigli. Se le riprenderanno dipenderà solo da quegli elettori.