Il portavoce di Unicef Italia
“In un anno 280 bambini annegati nel Mediterraneo”, parla Andrea Iacomini (Unicef)
«Parlando del “Piano Mattei” si dovrebbe parlare anche dei “Baity Centers”: centri da noi realizzati per accogliere la gente che dell’Africa occidentale, arriva in Libia»
Interviste - di Umberto De Giovannangeli
Da sempre dalla parte dei più indifesi tra gli indifesi: i bambini. È l’Unicef, l’Agenzia delle Nazioni Unite per l’Infanzia. Di Unicef Italia Andrea Iacomini è lo storico portavoce. “I diritti dei bambini – ribadisce a l’Unità Iacomini – non vogliono emergenze”. “Nel tentativo di trovare sicurezza, ricongiungersi con la famiglia e cercare un futuro più speranzoso sono oggi – rimarca il portavoce di Unicef Italia – troppi i bambini che si imbarcano sulle coste del Mediterraneo, perdendo poi la vita o risultando dispersi durante il viaggio mi domando quindi quale messaggio più chiaro esista sul fatto che bisogna fare di più per creare percorsi sicuri e legali per l’accesso dei bambini al diritto d’asilo, rafforzando al contempo le azioni per salvare vite in mare. Ecco perché bisogna fare molto di più per affrontare le cause alla radice che portano in primo luogo i bambini a rischiare la vita”.
Le foto agghiaccianti dei morti nel deserto e le stragi continue nel Mediterraneo, diventato un immenso cimitero. Molte di queste vittime innocenti sono bambini.
Anzitutto va detto che il Mediterraneo non è diventato oggi il “mare della morte”. Lo è da più di dieci anni. Oggi registriamo il fatto che ci sono 280 bambini morti o scomparsi solo quest’anno, cercando di attraversare la rotta migratoria del Mediterraneo centrale, dal Nord Africa all’Europa. Undici bambini morti o scomparsi ogni settimana. Bambini che cercavano, assieme ai loro genitori, pace, sicurezza, migliori opportunità, un futuro. Un numero che fa male, che lascia senza parole. I dati più o meno certi sono che negli ultimi dieci anni, cosa che come Unicef per primi abbiamo denunciato, oltre 20mila persone, uomini, donne, bambini, hanno perso la vita. I bambini saranno almeno 2mila. Ma è difficile stimarlo, perché noi parliamo di morti accertati, ma quanti sono scomparsi e di loro non se ne saprà mai niente. Duemila morti o dispersi è un dato impressionante e, lo sottolineo, sono stime al ribasso. Ma non finisce qui. Stimiamo che 11.600 bambini – una media di 428 bambini a settimana – siano arrivati sulle coste dell’Italia dal Nord Africa da gennaio 2023. Questo dato rappresenta un aumento di due volte rispetto allo stesso periodo nel 2022, nonostante i gravi rischi che corrono i bambini. La maggior parte dei bambini parte dalla Libia e dalla Tunisia, dopo aver già affrontato viaggi pericolosi da paesi dell’Africa e del Medio Oriente. Nei primi tre mesi del 2023, 3.300 bambini, il 71% di tutti i bambini arrivati in Europa tramite questa rotta – sono stati registrati come non accompagnati o separati dai genitori o tutori legali, esponendoli a maggiori rischi di violenza, sfruttamento e abuso. Le ragazze che viaggiano da sole sono particolarmente esposte alle violenze prima, durante e dopo i loro viaggi e ci raccontano storie che fanno accapponare la pelle. È un conto della morte al quale ci dobbiamo sottrarre.
Ma la situazione peggiora
Purtroppo dobbiamo registrare come tutto questo oggi resta un tema di grande, tragica attualità. Non c’è una soluzione. La gente si continua a muovere e non si muove, rispetto a dici anni fa, soltanto perché ci sono catastrofi legate alle guerre – l’Iraq, la Siria, lo Yemen, il Sahel, il Sudan dove a causa della guerra civile in corso, più di un bambino all’ora è ucciso o ferito a causa del conflitto – o a territori destabilizzati, come l’Afghanistan o il Pakistan, che hanno fatto sì che moltissime famiglie si mettessero in cammino non solo sulla rotta del Mediterraneo ma anche su quella rotta balcanica. Oggi si parla anche di grandi movimenti derivati dall’epoca post Covid, dall’aumento dei casi di malnutrizione, dall’aumento della povertà e non ultimo il grande tema climatico, che non un tema di oggi, ma che registra una problematica enorme. Se noi lo sentiamo nostro, l’Italia nel 2050 rischia di avere 9 milioni di bambini minacciati di ondate di calore ogni anno, in altre parti del mondo la situazione è già drammatica e questo è un altro dei motivi per cui ci si muove non soltanto nel Mediterraneo ma da paese a paese. In più ci sono delle zone in Africa, in questo momento il Niger assieme al Burkina Faso e al Mali, profondamente destabilizzate da conflitti determinati anche da movimenti geopolitici globali. Il Niger è una situazione molto preoccupante perché ci sono 3 milioni e mezzo di persone che hanno bisogno urgente di assistenza umanitaria e 2 milioni sono bambini. Ci sono 500mila bambini che soffrono di malnutrizione acuta grave. Tutto questo, epidemie, conflitti, inondazioni, crisi alimentare, in un paese come il Niger che ha quasi 700mila rifugiati, richiedenti asilo, sfollati interni, dove vanno a muoversi, dove cercano di scappare se non nei paesi vicini o verso la Libia. Rivelo a l’Unità una cosa che credo importante.
Quale?
Non molto tempo fa noi, come Unicef, abbiamo fatto una missione molto interessante in Libia, dove abbiamo potuto osservare una cosa che come al solito non trova molto spazio sulla stampa. Ma visto che si parla tanto di “Piano Mattei”, di cose da fare, proprio in concomitanza con la missione della premier Meloni in Libia, noi negli stessi giorni visitavamo i “Baity Centers”, che sono centri che l’Unicef realizza proprio per cercare di accogliere quelle mamme, quei bambini, quei genitori che si sono messi in movimento dai paesi dell’Africa occidentale e sono arrivati in Libia, che non transitano in quei lager, come li ha giustamente definiti papa Francesco, centri di detenzione dove accadono cose inaudite. Questi “Baity Centers” sono dei centri in cui noi cerchiamo di assistere queste famiglie, di dare ai bambini istruzione, scuola, sostegno psicologico, di supportare le famiglie. Questa è una attività rivoluzionaria che purtroppo non gode di grande stampa, ma che rappresenta, per il territorio libico ma può essere estesa anche ad altre zone, una soluzione per poter aiutare in quei luoghi queste popolazioni in movimento. Le popolazioni che si mettono in moto, donne, bambini, uomini, che dal Niger, dal Burkina Faso, dal Mali, dalla Repubblica Centroafricana, arrivano fino ai paesi di frontiera, Libia e Tunisia, subiscono medie impressionanti di violenze, i bambini rischiano la tratta, le mamme sono vittime di violenze e spesso dopo averle subite finisci nei centri di detenzione. Nel 2023 è un quadro disarmante. Che il più delle volte è marginalizzato, oscurato dai media e con esso il lavoro di quanti, non solo Unicef, si batte contro gli “Erodi” al mondo.
L’Europa continua a portare avanti una politica che come fine ha sempre e solo quello dell’esternalizzazione delle frontiere.
Come Unicef abbiamo chiesto ripetutamente all’Europa di individuare delle vie alternative sicure, vie legali, corridoi umanitari, di rafforzare le operazioni di ricerca e soccorso ufficiali per prevenire altre morti che sono evitabili, ripristinando magari anche operazioni di ricerca e soccorso in mare come Mare Nostrum che ha permesso di salvare migliaia di vita. Voglio anche ricordare che nella normativa italiana c’è il divieto di respingimento di stranieri non accompagnati, sancito in maniera inequivocabile dall’articolo 3 della legge 47 del 2017. Qualsiasi respingimento di persone appartenenti a categorie vulnerabili, bambini, disabili, anziani, famiglie monoparentali con figli minori, deve avvenire con modalità compatibili con situazioni accertate. Vanno messi dei paletti. E poi occorre estendere e rafforzare il sistema di accoglienza integrazione, il che significa, tra l’altro, assicurare sufficienti posti per minori stranieri non accompagnati, accorciare i tempi di permanenza nei centri di prima accoglienza, un ritardo che può compromettere un percorso d’inclusione, l’accesso ai servizi più importanti, ad esempio il supporto psicosociale, i corsi di lingua italiana, i servizi di orientamento.
Altre richieste?
Noi chiediamo all’Europa più attenzione a questo, chiediamo che negli hot spot i bambini, i minori non accompagnati non restino troppo tempo, che non ci siano situazioni di promiscuità, che siano garantiti cibo, assistenza, cure urgenti, che nessuno venga discriminato per motivi di razza, di religione, di cittadinanza, e questo è scritto in tutte le Convenzioni del mondo compresa quell’Infanzia e dell’Adolescenza. Negli hot spot ci sono molte donne e adolescenti che hanno bisogno di protezione diversa e quindi bisogna garantire la presa in carico di questi ospiti, specialmente i più vulnerabili, le donne in gravidanza. Le divisioni in base al genere, all’età, richiedono delle aree e degli spazi ad hoc, i servizi igienici e potrei continuare a lungo.
La protezione è fondamentale dalle prime fasi degli sbarchi, dalla prima accoglienza e questo va detto all’Europa. Ecco perché noi siamo presenti a Lampedusa, così come in altri hot spot.
E cosa dice l’Unicef a quelli, anche con responsabilità di governo, che continuano ad affermare “aiutiamoli a casa loro”?
Di attuare gli obblighi del diritto internazionale, quelli sanciti anche dalla Convenzione dei diritti dell’infanzia. Abbiamo chiesto ai governi una migliore protezione dei bambini, in mare e nei paesi di origine, di transito e di destinazione. Va protetto il loro superiore interesse, sancito dal diritto internazionale e umanitario. Bisogna dar loro dei percorsi sicuri e legali, sia per la migrazione sia per richiesta d’asilo, ampliando, per esempio, le quote di ricongiungimento familiare o di reinsediamento dei rifugiati. Il coordinamento delle operazioni di ricerca in mare e di garanzia di un rapido sbarco, i sistemi nazionali di protezione dell’infanzia. Quando diciamo aiutiamoli a casa loro, noi quella “casa” l’abbiamo vista, la conosciamo. Ma se queste zone sono destabilizzate, se scoppia un colpo di stato ogni giorno, se queste zone hanno tassi di malnutrizione, di povertà, di malattie senza precedenti, bisogna aiutare chi in queste zone uno sforzo lo fa. Noi abbiamo chiesto all’Unione Europea di garantire che tutti quegli aspetti che ho accennato in precedenza stiano nel patto dell’Ue sulle migrazioni e l’asilo che è in fase di negoziazione. Abbiamo ricordato più volte che c’è bisogno di grande collaborazione tra i governi sulla gestione delle migrazioni, specialmente sul tema dei bambini. Sta ora all’Europa assumersi le responsabilità che finora sono mancate.
Ci sono accordi come quello con la Tunisia.
Abbiamo sottolineato che è importante mettere al primo posto i diritti dei bambini in questo come in tutti gli accordi che s’intendono realizzare. Bisognerebbe fare una grande conferenza sulle bambine e i bambini migranti. In tutti i ragionamenti, non sento mai parlare di bambine e bambini, anche se sono la parte fondamentale. In Tunisia c’è una situazione difficile, ci sono episodi di espulsioni, compresi bambini, tanti migranti sono stati spinti forzosamente al confine tunisino-libico, in condizioni disperate. Le autorità tunisine pare siano coinvolte. C’è una situazione ostile per quanti arrivano dall’Africa subsahariana. Respingimenti forzati verso la Libia, migranti esposti a gravi violazioni dei diritti, mancanza di servizi di protezione per i bambini intercettati in mare, bambini vulnerabili e senza supporto in Tunisia. È fondamentale che in ogni accordo che si fa, in ogni partenariato che si realizzerà, i bambini e le bambine non devono restarne fuori. Va applicata la Convenzione dell’infanzia che vale per tutti i bambini. Qualsiasi investimento deve essere valutato sull’impatto che ha sui diritti, in particolare dei bambini e dei minori. Certo è che viviamo il periodo peggiore della storia. Rispetto a dieci anni fa, abbiamo un miliardo di bambini che vivono in 33 paesi a rischio di calamità naturale. Ci sono oltre 400milioni di bambini che vivono in zone di guerra. Un aumento fortissimo di casi di malnutrizione, una situazione che il Covid ha ulteriormente aggravato. Questo è il mondo che stiamo consegnando ai bambini.