Parla la presidente dell'AOI

“Migranti condannati a morte, ma per Piantedosi Tunisi rispetta i diritti umani”, parla Silvia Stilli

«Ecco la risposta di Piantedosi all’appello delle ong dopo la firma del memorandum. Ma è chiaro che bloccare le partenze è una priorità anche nelle relazioni dell’Europa con l’Africa»

Interviste - di Umberto De Giovannangeli

27 Luglio 2023 alle 13:00

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“Migranti condannati a morte, ma per Piantedosi Tunisi rispetta i diritti umani”, parla Silvia Stilli

Silvia Stilli, da Presidente dell’Associazione delle Organizzazioni Italiane di cooperazione e solidarietà internazionale (AOI), che rappresenta più di 500 organizzazioni non governative, interne e internazionali, quale giudizio dà della Conferenza di Roma sulle migrazioni? La premier Meloni ha parlato di “orgoglio nazionale” per la sua riuscita. La conferenza internazionale di Roma su migrazioni e sviluppo, fortemente voluta dalla premier Meloni, ha avuto secondo me un unico merito, tutto nel titolo: come le ong da tempo chiedono e non da sole, ha collegato il tema migratorio a quello dell’aiuto per lo sviluppo. Qui mi fermo. Perché le criticità di quel pomeriggio alla Farnesina sono tante.

Quali?
La Conferenza è seguita alla firma del Memorandum UE-Tunisia della settimana precedente. A Tunisi la Presidente della Commissione Europea Von der Leyen ha invitato Giorgia Meloni e il presidente olandese, dimissionario, Mark Rutte, ma non c’erano Francia e Germania, Paesi assai interessati dalle conseguenze dei flussi migratori. Gli stessi che non erano presenti a Roma domenica scorsa. Si continua a far finta che i migranti raggiungano l’Italia per restare: la stragrande maggioranza di loro non l’ha scelta come meta ultima, ma per guadagnare un ingresso in Europa. Il summit di Roma è stato disertato da Khalifa Haftar, ex ufficiale dell’esercito di Gheddafi, leader libico che controlla la Cirenaica, penisola da cui partono un grande numero di imbarcazioni della morte in mano ai Signori della tratta di esseri umani. Il mantra del Governo Meloni è l’esternalizzazione delle frontiere verso l’Africa per bloccare i flussi migratori. E adesso, dopo Tunisi e Roma, è chiaro che è priorità assoluta anche nelle relazioni internazionali di Bruxelles con l’Africa. Almeno è esplicito e chiaro. E nel nome dell’esternalizzazione delle frontiere per bloccare la gente che fugge per mare si può anche tollerare la violazione dei diritti umani in alcuni Paesi partner. Tutto questo va bene al gruppo di Visegrad, ma davvero cosa diranno Francia e Germania?

La presidente del Consiglio ha esaltato il Memorandum d’Intesa Europa-Tunisia come un “modello” da perseguire.
In vista della Conferenza di Roma e a seguito del Memorandum UE-Tunisia sono stati pubblicati alcuni appelli da parte di reti di Ong e organizzazioni impegnate per la tutela dei diritti umani europee, egiziane e tunisine: ARCI, AOI, Amnesty Italia, EgypteWide for Human Rights, Tunisian Forum for Social Economic Rights, per citarne alcune. A risponderci, indirettamente, dopo la Conferenza è stato il ministro Piantedosi con una intervista a La Stampa nella quale ha sostenuto convintamente che la Tunisia rispetta i diritti umani! Il 16 luglio la firma del memorandum UE-Tunisia si è conclusa con un risultato non esaltante per l’UE, che di fatto non ha ottenuto l’impegno del Presidente Kais Saied per una zona SAR nella vicinanza delle coste libiche. Il respingimento di migranti irregolari verso la Tunisia prevede nell’accordo solo il rimpatrio da parte del governo di Saied di cittadini tunisini. In sintesi, è stato fatto un grande favore al Presidente tunisino, assorto a prioritario interlocutore dell’Europa nel Nord Africa. L’Europa non ha chiesto a Saied una risposta sulle ragioni della deportazione di centinaia di persone provenienti dai Paesi africani al confine con Libia ed Algeria, condannate a morte pressoché certa, tra cui molte donne e minori. Il Parlamento europeo, purtroppo ormai in scadenza e da settembre in piena campagna elettorale, deve pretendere la restituzione di Tunisi e Roma dalla Von der Leyen e aprire un confronto. Il dissidente tunisino Omar Fassatoui, politologo ed esperto dei diritti umani di fatto esule in Francia, ricorda che le Nazioni Unite hanno condannato come xenofobe le posizioni espresse da Saïed nella difesa delle violenze razziste della popolazione tunisina verso i migranti. Lo ripeto, stiamo parlando, come prioritari interlocutori dell’UE, di Paesi tutt’altro che democratici, cioè di Egitto, Tunisia e Libia.

Altro must governativo, riproposto nella Conferenza di Roma, è il cosiddetto “Piano Mattei” per l’Africa.
Nella Conferenza di Roma il motto “Aiutiamoli a casa loro” si è concretizzato nella scelta di una cooperazione bilaterale governativa che elargisce fondi alle classi dirigenti africane senza vincolo di impegno a predefinire priorità specifiche. Non è un tipo di aiuto che rafforza lo sviluppo delle comunità, garantisce l’ownership democratica, evita la corruzione e qualifica l’efficacia di programmi e progetti verso la sostenibilità ambientale, economica e sociale. Al centro c’è l’esternalizzazione delle frontiere europee oltre il Nord Africa, nell’enfatizzazione del ruolo della cooperazione tra le forze di polizia per bloccare i flussi cosiddetti irregolari. L’Africa post pandemia e a seguito della più recente crisi del grano dovuta al conflitto russo-ucraino è ulteriormente indebitata, affamata e impoverita. È insanguinata da terrorismo e conflitti. Ha bisogno di essere autosufficiente in tempi non memorabili: serve subito la cancellazione del debito internazionale, vincolata a politiche e misure urgenti per l’educazione, le emergenze sociali e sanitarie, l’empowerment delle donne e il sostegno allo sviluppo economico comunitario, quest’ultimo vero baluardo contro il land grabbing (l’ “accaparramento di terre” ndr) e i conflitti. L’Africa ha bisogno di un gettito finanziario che le permetta di istituire Banche di Sviluppo locali in grado di garantire investimenti per la sostenibilità. L’aiuto internazionale deve coinvolgere la società civile nella costruzione delle politiche per lo sviluppo; i programmi devono avere obiettivi strategici e non essere interventi spot; la cooperazione scientifica e tecnologica è centrale. Il destino dell’Africa non può essere ancora una volta disegnato da interessi di altri che arricchiscono classi dirigenti nazionali corrotte.

 

27 Luglio 2023

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