L'anniversario della strage

Storia della Strage di Bologna: dopo 43 anni ancora campo di battaglia giudiziario, politico e storico

43 anni dopo, la strage di Bologna è ancora un campo di battaglia giudiziario, politico e storico. E con le commissioni parlamentari di inchiesta si vuole immergere la storia nella candeggina

Editoriali - di Paolo Persichetti

2 Agosto 2023 alle 12:38 - Ultimo agg. 2 Agosto 2023 alle 13:35

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Storia della Strage di Bologna: dopo 43 anni ancora campo di battaglia giudiziario, politico e storico

All’alba del quarantatreesimo anniversario della strage alla stazione centrale di Bologna incombe una nuova stagione di strumentalizzazione politica della storia. L’attentato esplosivo che fece saltare in aria circa trecento persone provocandone la morte di 85 è ancora un campo di battaglia giudiziario, politico e storico.

Diversi esponenti dell’attuale maggioranza di governo hanno depositato all’inizio del mese di luglio una proposta di indagine parlamentare sulle «connessioni del terrorismo interno e internazionale con gli attentati, le stragi e i tentativi di destabilizzazione delle istituzioni democratiche avvenuti in Italia dal 1953 al 1992 e sulle attività svolte dai servizi segreti nazionali e stranieri, anche relativamente alla scomparsa di Graziella De Palo e Italo Toni e all’attentato del 1982 alla Sinagoga di Roma».

Già nel precedente mese di febbraio, Fabio Rampelli, vicepresidente della Camera di Fratelli d’Italia, aveva lanciato la singolare proposta di una inchiesta sulla violenza politica avvenuta in Italia ma che furbescamente aggirava la madre di tutte le stragi, ovvero la strage di piazza Fontana del 12 dicembre 1969 a Milano. Vicenda in cui la responsabilità della destra neofascista, in combutta con alcuni apparati Nato del Triveneto, è stata accertata in sede giudiziaria e storica. La destra italiana ha una tara genetica, quella dello stragismo intrecciato alle velleità golpiste messe in campo negli anni 70.

L’attuale destra di governo, erede di quella stagione, ha tra gli obiettivi la ripulitura della propria storia, il lavaggio dei propri crimini e misfatti. La storia del primo cinquantennio deve essere immersa nella candeggina delle commissioni d’inchiesta parlamentare per essere sbiancata e riscritta, o meglio rovesciata. L’obiettivo è il capovolgimento del paradigma storico dello stragismo fascista e statale (democristiano), una sorta di risarcimento simbolico che in qualche modo deve riequilibrare e riabilitare in forma vittimistica la sua immagine macchiata dall’infamia indelebile per il ruolo giocato in quella sporca stagione di bombe nelle piazze, sui treni e nelle stazioni.

La proposta di Rampelli è stata così sussunta nel nuovo progetto che mira a rileggere il secolo breve della repubblica italiana: dai moti triestini del novembre 1953, repressi dal governo militare alleato, fino alle stragi mafiose di Capaci e via D’Amelio. Il tutto – sembrano suggerire i promotori – sorretto da un’unica trama in cui nuclei di terrorismo interno erano sovradeterminati da forze straniere. Se per decenni la narrazione complottista della sinistra aveva designato l’atlantismo Nato come responsabile di ogni cosa, per la destra si deve semplicemente rovesciare la narrazione. Ennesima prova della sua subalternità culturale e assenza di capacità critica. La complessità del mondo, delle relazioni sociali, dei processi e dei conflitti che muovono la storia può restare materia di una piccola cerchia di studiosi, quel che conta è costruire una diversa egemonia culturale fatta di bugie, favole e leggende da spacciare come nuovo oppio dei popoli.

L’attuale proposta di una commissione d’inchiesta ricalca una precedente iniziativa depositata sempre da esponenti di Fd’I nel 2021, anche se allora l’indagine si fermava al 1989. Tra i temi centrali da rivedere c’era la responsabilità neofascista nella strage di Bologna, a seguito di un documento del capo centro Sismi a Beirut, Stefano Giovannone, datato giugno 1980. Dalla fuorviante lettura di quel testo e dal clamoroso errore dell’ex parlamentare Carlo Giovanardi, che aveva confuso la data di un altro documento dell’aprile 1981 nel quale si riferivano minacce da parte palestinese, antidatandolo all’aprile 80, si elaborava il teorema della ritorsione palestinese come movente della strage provocata – a detta degli esponenti della destra – dal sequestro dei due lanciamissili Strela nel novembre del 1979, davanti al porto di Ortona.

La successiva desecretazione di una cospicua parte del carteggio proveniente dal centro Sismi di Beirut metteva fine alla cosiddetta pista palestinese, proposta come verità alternativa alle sentenze giudiziarie che indicano, sia pur tra lacune, prove indiziarie e ricostruzioni storiche dietrologiche, la responsabilità della destra neofascista nella strage alla stazione. Le carte di Giovannone dimostrano, infatti, che la crisi dei lanciamissili si era conclusa già il 2 luglio 1980. Recentemente l’avvocato di estrema destra Valerio Cutonilli, ha dato voce alla cocente delusione della destra nei confronti del carteggio Giovannone-Olp, puntando il dito su ciò che a suo dire manca: «C’è un buco temporale inverosimile, a mio avviso non casuale, che copre proprio il periodo più utile per la ricerca sulla strage di Bologna.  Quello che va dai primi di luglio alla metà di settembre 1980».

Prendersela con le presunte «carte mancanti», magari «sottratte», è una vecchia risorsa della retorica complottista che ha sempre pensato di risolvere con questo facile escamotage le proprie defaillances. Quello dell’estate ’80 è in realtà il periodo di silenzio più breve, nel carteggio ce ne sono di ben più lunghi, ma a Cutonilli non interessano perché non sono strumentalizzabili. Ancora Cutonilli, si è detto «sconvolto» per aver appreso solo recentemente che il palestinese Abu Saleh, coinvolto nella vicenda degli Strela, nel 1981 fu trasferito dal carcere speciale di Trani a quello di Pianosa, dove subì insieme a decine di altri detenuti un brutale pestaggio.

Cutonilli insinua che l’episodio sia collegato alla strage di Bologna, dimenticando che il trasferimento in massa da Trani avvenne dopo la rivolta seguita al sequestro D’Urso, rapito dalle Brigate rosse. Buona parte dei detenuti vennero trasferiti a Pianosa e qui pestati per rappresaglia, come Saleh che nella rivolta non ebbe alcun ruolo. Nel carteggio del Sismi gli esponenti del Fplp, ben consapevoli delle ragioni del pestaggio, si lamentarono con Giovannone e chiesero il trasferimento a Rebibbia che avvenne di lì a poco, testimoniando netta condanna nei confronti delle Brigate rosse e solidarietà verso il magistrato D’Urso, che al ministero della Giustizia si occupava degli Istituti penitenziari. Basterebbe leggerli i documenti o attenersi ai fatti ma per alcuni, come ricordava Nietzsche, «non esistono i fatti ma solo interpretazioni».

2 Agosto 2023

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