Il colloquio al Quirinale
Mattarella incontra la Meloni e prova a disinnescare le polemiche tra governo e toghe
Niente ostacoli al ddl sull’abuso d’ufficio né posizioni pubbliche su concorso esterno e carriere separate. Ma per Mattarella è il momento di farsi sentire
Politica - di David Romoli
Il capo dello Stato ha deciso di entrare nella partita della giustizia. Con il suo stile, il meno fragoroso e invadente possibile, però decisamente. E’ stato il Quirinale, mercoledì sera, a far capire che l’incontro tra Mattarella e i vertici della Cassazione non andava interpretato come routine ma come esposizione prudente ma chiara, come segno di solidarietà con una magistratura che, a torto o a ragione, sente la propria indipendenza minacciata. Ed è stato ancora il Colle a ipotizzare un colloquio, più o meno formale, tra il presidente della Repubblica e quella del Consiglio al termine della riunione del Consiglio superiore di difesa di ieri pomeriggio, al quale partecipavano entrambi.
Nei codici della liturgia quirinalizia i due segnali compongono un messaggio preciso: Mattarella ritiene che sia arrivato il momento di farsi sentire. L’obiettivo è evidente: abbassare la tensione. “E’ interesse di tutti, anche del governo”, fanno notare dal Colle. Ma cosa significa in concreto? Il presidente non creerà ostacoli al ddl giustizia che i magistrati odiano, quello che abbatte i reati d’abuso d’ufficio e di traffico di influenze. Non solo non lo bloccherà, decisione che equivarrebbe a scatenare un conflitto istituzionale di prima grandezza, ma quasi eviterà anche sommessi rilievi. Però consiglierà molto caldamente di sfruttare l’iter parlamentare per emendare e correggere il testo. In parte perché soprattutto l’eliminazione secca dell’abuso d’ufficio potrebbe entrare in conflitto con il dettato europeo. Ma in parte anche per lanciare un segnale di disponibilità e agevolare il disgelo.
Il problema si ripresenterebbe però in dimensioni macroscopiche se venisse preso di mira, come Nordio promette, anche il concorso esterno. In questo momento l’Europa mette ai primi posti nella propria lista delle urgenze il contrasto alla criminalità e alla corruzione. Il Pnrr implica un surplus di attenzione. Il presidente, probabilmente, intende segnalare al capo del governo che premere troppo l’acceleratore dando la sensazione di abbassare la guardia nel contrasto a corruzione e criminalità non creerebbe solo enormi problemi interni con un altro potere dello Stato, la magistratura, ma anche con Bruxelles e in un momento particolarmente delicato, quando in ballo c’è di tutto: le rate del Pnrr, la disponibilità della Ue ad accettare una rimodulazione complessiva del Piano, le nuove regole del Patto di stabilità.
Mattarella però non si limita a suggerire: vuole anche capire. Nel particolare vuole rendersi conto di quanto a fondo intenda spingersi il governo sulle riforme che la magistratura riterrebbe “punitive” nei propri confronti. Su tutte la separazione delle carriere. Non è un argomento che può essere affrontato alla luce del sole e il presidente è sempre molto attento a non esorbitare dai limiti del proprio ruolo. Difficile immaginare che chieda apertamente a un presidente del consiglio di rinunciare a una riforma che figurava nel programma della coalizione uscita vincente dalle elezioni. Difficile anche solo pensare che ne parli apertamente con Giorgia Meloni. Ma basterà insistere sulla necessità di ripristinare un rapporto di fiducia e collaborazione tra poteri dello Stato perché il messaggio sia palese.
La stessa presidente del consiglio, d’altra parte, non sembra affatto ansiosa di procedere su una strada che la porterebbe inevitabilmente allo scontro frontale con la magistratura. Certo, nella conferenza stampa da Vilnius ha cercato di mettere paletti solidi, di chiarire che la magistratura non ha poteri di veto e che decidere come riformare la giustizia è compito del governo e del Parlamento, non delle toghe. Ma non è affatto detto che, una volta sancito il principio, intenda poi arrivare davvero alle estreme conseguenze.
Per ora, comunque, Mattarella non sembra intenzionato ad alcuna presa di posizione esplicita e pubblica. Ma certo, se nei prossimi giorni dovesse segnalare ad alta voce l’esigenza di non indebolire la lotta alla criminalità e alla corruzione, magari prendendo a occasione l’anniversario della strage di via D’Amelio, il 19 luglio, inevitabilmente le sue parole verrebbero lette e interpretate alla luce del braccio di ferro in corso sulla giustizia.