Il processo Ruby-Ter

Travaglio detta la linea ai pm, il Fatto istiga le toghe milanesi sul Ruby-ter

Dopo la lezione di diritto del Tribunale in primo grado, Viola sapeva che sarebbe stato meglio non osare alcun ricorso. Il Fatto però ha istigato Tiziana Siciliano e Luca Gaglio

Editoriali - di Tiziana Maiolo

30 Giugno 2023 alle 15:30 - Ultimo agg. 30 Giugno 2023 alle 16:28

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Travaglio detta la linea ai pm, il Fatto istiga le toghe milanesi sul Ruby-ter

Il Procuratore capo di Milano si chiama Marcello Viola. Non Francesco Greco, non Edmondo Bruti Liberati, men che meno Saverio Borrelli. E sa che quando i giudici, come quelli della settima sezione penale del tribunale presieduto da Marco Tremolada che, nell’assolvere Silvio Berlusconi e altri ventisette imputati da reati come la corruzione in atti giudiziari o la falsa testimonianza nel processo Ruby ter, impartiscono ai pm una vera lezione di procedura penale, è meglio lasciar perdere. E non osare nessun ricorso. Oltre a tutto, quello che fu il principale imputato, Silvio Berlusconi, si è sottratto in modo definitivo e ha portato con sé la sua assoluzione.

Ma il giornale di Travaglio ha istigato, e la procuratrice aggiunta Tiziana Siciliano e il pm Luca Gaglio si sono impuntati. Il procuratore Viola non è d’accordo, altri aggiunti sono con lui. Il clima è cambiato, al quarto piano del Palazzo di giustizia di Milano, ma non abbastanza. Si va in cassazione. Perché per certi pubblici ministeri, ogni sentenza di assoluzione è un’onta, un affronto quasi personale. Se a questo si aggiunge la pervicacia dello “stile ambrosiano” di chi ancora si abbarbica a quello che fu un ruolo di primi della classe, si aggiunge onta a onta. Da lavare con il sangue se si perde un processo contro Silvio Berlusconi. Persino con il suo ricordo. Quel che qui brucia, come già capitato con l’appello contro le assoluzioni nel processo Eni-Nigeria, quando la pg Celestina Gravina alzò il dito a denunciare l’ignoranza di quei pm che avevano costruito il teorema dell’accusa, è la lezione di diritto processuale impartita dalla settima sezione penale del tribunale.

Questo non si fa, aveva detto a questi pm il presidente Marco Tremolada. Che cosa non si fa, secondo le regole dello Stato di diritto? Non si chiama a testimoniare nella veste di pubblico ufficiale obbligato a dire la verità la persona su cui stai già svolgendo indagini. Se lo fai , crei un grave pregiudizio alla persona e commetti una grave violazione di ogni principio costituzionale e delle regole del codice di procedura penale. Eppure l’hanno fatto. Non ha molta importanza il fatto che altri pm avrebbero meritato questa lezione di diritto, cioè la prima che indagò, Ilda Boccassini e il dirigente dell’ufficio di allora, Edmondo Bruti Liberati.

La pm ormai in pensione lo ha raccontato anche nel libro autobiografico, l’inchiesta fu affidata a lei in quanto riguardava indagini “delicate” sul Presidente del consiglio. La data in cui si iniziano le indagini, quella in cui si cominciano pedinamenti e intercettazioni non sono cose secondarie, nel processo, come la determinazione della competenza territoriale a un distretto piuttosto che a un altro. Ma lo “stile ambrosiano” ha sempre ritenuto di essere superiore a questi “cavilli”. Ah, il cavillo, la pallottola d’oro dei magistrati contro quegli azzeccagarbugli degli avvocati quando perdono la causa. O anche l’argomento dei giornalisti complici e portavoce del verbo delle procure. In questo Il Fatto è maestro.

In febbraio, alla vigilia della sentenza di primo grado che mandava assolti Silvio Berlusconi e altri ventisette imputati, il quotidiano diretto da Marco Travaglio, su ispirazione di qualcuno interessato o anche motu proprio (non ha importanza, a volte i ruoli si invertono) si era sgolato a istigare i giudici. Addirittura li invitata rudemente a sconfessare la stessa propria ordinanza che il 3 novembre 2021 accoglieva una richiesta della difesa e dichiarava non utilizzabili una serie di testimonianze rese nei precedenti processi Ruby uno e Ruby due. E ancora nei giorni scorsi, alla vigilia della data di scadenza per i pm per presentare ricorso in appello, offriva loro come via di fuga proprio il ricorso in cassazione.

Anche perché nella procura di Milano qualcosa di importante è cambiato e il nuovo capo dell’ufficio Marcello Viola, non fa parte della storia dello “stile ambrosiano” , quello che ha visto al vertice di quell’ufficio sempre un esponente di Magistratura Democratica. Un vero centro di potere, con la sua giurisprudenza, con il suo disprezzo nei confronti di chi era fori dal “cerchio magico”. Non importa di chi sia la competenza territoriale, disse una volta uno di loro, l’importante è chi possa permettersi di farle, queste indagini.

Si era ai tempi di Mani Pulite, l’obiettivo era Bettino Craxi, il cinghialone, e loro erano gli intoccabili, mentre tanti si suicidavano. Poi arrivò Berlusconi. Che però è stato assolto cinque volte. Ma la sentenza che brucia di più è proprio questa del Ruby-ter. Perché segnalava che finalmente esistono giudici anche a Milano. Berlusconi non c’è più, ma bisogna continuare all’infinito a processarlo.

30 Giugno 2023

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