La corsa contro il tempo
Chi è “Monsieur Titanic”: Paul-Henri Nargeolet, che pilotava il sottomarino scomparso
Aveva partecipato all’immersione della scoperta, nel 1987. "Potevamo vedere le catene delle ancore, gli argani lucidati e i sedimenti contenuti nell’acqua. Per dieci minuti nessuno ha fiatato nel sommergibile". Era uno dei maggiori esperti del relitto al mondo
Cronaca - di Antonio Lamorte
Hamis Harding, uomo d’affari, imprenditore miliardario, si era felicitato della partecipazione dell’esperto esploratore francese alla missione. Perché Paul-Henri Nargeolet, che tutti chiamano PH, è “Monsieur Titanic”, uno degli esperti più noti e qualificati al mondo sul più famoso relitto della storia. 111 anni dopo il celebre naufragio, entrambi, insieme con altre tre persone, sono disperse: non si trova il Titan, il piccolo sottomarino col quale avevano tentato di raggiungere la nave da crociera inabissata in un’immersione turistica. Domani mattina, intorno alle 11:00, dovrebbe terminare la riserva di ossigeno dello scafo. Le ricerche sono disperate, una corsa contro il tempo.
Nargeolet aveva accettato di lavorare per la compagnia OceanGate, che gestisce il sottomarino. A bordo con lui, disposti a pagare 250mila dollari per scendere a quattromila metri per osservare il relitto, Stockton Rush, amministratore delegato di OceanGate che pare avesse partecipato a tutte le spedizioni con i turisti partite nel 2001; Harding, miliardario britannico fondatore di una compagnia di aerei privati con i soldi nel mondo del software; l’imprenditore britannico di origini pakistane Shahzada Dawood e il figlio 19enne Suleman. Rush chiamava “Titaniacs” i maniaci del Titanic. “Monsier Titanic” pilotava il sottomarino.
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Originario dell’Alta Savoia, 77 anni. Era stato, nella prima parte della sua carriera, ufficiale della marina. È stato pilota nel Gruppo d’interventi sottomarini, responsabile dell’Ifremer (Istituto Francese di Ricerca per lo Sfruttamento del mare) nel 1986, lo snodo della sua vita professionale. Era diventato specialista delle immersioni a grandi profondità in virtù anche di una grande passione d’archeologia marina ed era diventato membro del Gruppo di ricerca di archeologia marina. Al comando del Nautile era stato il primo a immergersi sui resti del Titanic nel 1987.
“Ecco, ce l’abbiamo fatta!”, aveva esclamato Nargeolet. Alle 12:22 del 25 luglio 1987 i tre occupanti del piccolo sottomarino scoprirono la prua del più celebre relitto della storia. “Potevamo vedere le catene delle ancore, gli argani lucidati e i sedimenti contenuti nell’acqua. Per dieci minuti nessuno ha fiatato nel sommergibile”. Due anni prima il relitto era stato avvistato e fotografato da un robot controllato dalla superficie. “Aveva realizzato lui l’immersione della scoperta, era un appassionato del relitto, conosce molto bene la sua storia”, ha ricordato a La Provence Jan Opderbecke, l’attuale responsabile dell’unità di Sistemi Sottomarini dell’Istituto che segue l’andamento delle operazioni di ricerca da La Seyne.
Erano seguite, negli anni successivi, decine di immersioni che gli avevano permesso di riportare a galla centinaia di oggetti, circa 800. Dal 2007 Nargeolet era diventato direttore del programma di ricerche della società RMS Titanic/Phoenix International, che possiede il relitto. Non si era però limitato allo studio del Titanic, aveva compiuto negli anni diverse campagne di ricerca di navi scomparse, compreso l’Airbus A330-203, scomparso nel volo Rio de Janeiro-Parigi del 2010. Ha visitato il Titanic più volte di chiunque altro al mondo. Sul relitto aveva scritto anche un libro.
Aveva raccontato ad HarperCollins che “restiamo cinque, sei, sette, otto ore. Non vuoi più risalire, usi le batterie finché puoi, e a volte anche un po’ di più. Diverse volte mi hanno sgridato, per questo. Poi la risalita richiede un tempo altrettanto lungo, perciò l’immersione può durare 10-12 ore”. Secondo quando ha raccontato a Le Figaro Michel L’Hour, ex direttore del dipartimento di archeologia subacquea e ricerca subacquea a Marsiglia (Drassm), prima di partire sarebbe stato “un po’ scettico su questa nuova tecnologia, ma anche incuriosito dall’idea di pilotare qualcosa di nuovo, un po’ come può essere un pilota collaudatore”. I contatti con la nave di accompagnamento, in superficie, si sono interrotti appena un’ora e 45 minuti dopo l’immersione. Potrebbe essere stato lui, tra i più esperti all’interno del sommergibile, a causare i rumori di colpi avvertiti dai sonar per farsi trovare. L’ultima speranza per trovare vivi i passeggeri del Titan.