Il ricordo

Chi era Guido Bodrato, uomo mite nel tempo dell’uomo forte

La Dc e la battaglia della sinistra cristiana

Editoriali - di Savino Pezzotta

20 Giugno 2023 alle 19:30

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Chi era Guido Bodrato, uomo mite nel tempo dell’uomo forte

Ricordare Guido Bodrato non mi è facile perché significa accettare la sua morte che mai avremmo voluto. Ma sappiamo che morire fa parte della vita umana e allora non ci resta che ricordare, ovvero riportare al cuore quello che è stato seguendo l’insegnamento di Romano Guardini secondo il quale “si può ricordare un uomo soltanto come in verità egli è stato”.

Si tratta dunque di andare alla verità della sua vita. In molti e con ammirazione diffusa hanno ricordato che Bodrato è stato un esponente del Cattolicesimo democratico, espressione che, pur ricorrendovi, non mi piace perché sono più portato alla definizione di Sinistra Cristiana. La sinistra cristiana è stata una presenza ed è una presenza politico-culturale che si espressa in molte forme senza mai costituirsi in partito ma militando con coerenza in diverse aggregazioni politiche che si ispirano alla democrazia, alla giustizia sociale, all’uguaglianza, ma soprattutto è stata il substrato politico di quel “laburismo” presente nelle Acli e nella Cisl. Guido fu per molti di noi che si affacciavano all’impegno sociale e sindacale un maestro, una sorta di pedagogo che ci aiutò a pensare le forme e modi con cui tradurre le nostre elementari convinzioni di giustizia, libertà e uguaglianza in pensiero politico e prassi sociale e sindacale.

La sua vicinanza al sindacato era forte e convinta e tentò anche di proporre una mediazione sulla rottura sindacale generata dal patto di San Valentino del 14 febbraio 1984 e successivo referendum indetto dal PCI. Bodrato aveva chiara la valenza politica di quello scontro sociale (certamente il più drammatico della storia repubblicana) sul sistema politico e sociale italiano. Non ci riuscì: ancora una volta prevalse l’intransigentismo dei contendenti. È stato fino al termine della sua avventura terrena, utilizzando anche Twitter, un maestro di vita e di come si dovesse esercitare l’impegno politico. Il centro del suo insegnamento non sta solo nelle sue parole e nei suoi scritti ma nella pratica costante della virtù della mitezza. Che fosse un mite lo si rilevava guardando il suo volto e il suo sorriso, ma anche dal suo modo di venirti incontro.

Mi rendo conto che parlare oggi di mitezza può sembrare inattuale, visto che l’esercizio dell’impegno politico è attraversato da arroganze, presunzioni, catalogazioni, discriminanti e oligarchie autoreferenziali, ma anche perché si rischia di confonderla con l’atteggiamento passivo, di remissività e di rinuncia a lottare. Egli adottò uno stile di impegno politico che esercitava la mitezza nelle relazioni politiche, senza, però, cedere mai di un solo millimetro sui principi.

La mitezza è la virtù dei forti, esige di essere pratica e richiede una grande libertà interiore, un severo controllo delle pulsioni di violenza e di sopraffazione dell’altro, di rifiuto di accogliere l’altro uomo. La mitezza è il contrario di tutto ciò e richiede nel suo esercizio di essere persone libere, soprattutto dai pregiudizi e dalle paure, dai sentimenti di inimicizia che generano contrapposizione ed esclusione. Guido è stato l’esemplificazione di questo stile di vita e di impegno politico. A lui si applica la terza delle otto beatitudini del Vangelo di Matteo: «Beati i miti perché avranno in eredità la terra» (Mt 5,5). A noi il compito di raccogliere questa eredità.

20 Giugno 2023

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