Parla la giornalista francese
Intervista a Marcelle Padovani: “Ai francesi il Pd piace, ecco perché”
«Per i media francesi quella italiana è una sinistra vivace. Ha avuto il “coraggio” di eleggere una movimentista a capo del partito maggiore, una persona che non ne incarnava la storia. Ma a Schlein dico: parla anche con il vecchio mondo»
Editoriali - di Umberto De Giovannangeli
Marcelle Padovani è una delle più autorevoli giornaliste e saggiste francesi, storica corrispondente in Italia del Nouvel Observateur. Tra i suoi saggi, ricordiamo Giovanni Falcone. Con Marcelle Padovani. Cose di cosa nostra (Bur Biblioteca Univ. Rizzoli); Mafia, mafie (Gremese Editore); Leonardo Sciascia. la Sicilia come metafora. Intervista di Marcelle Padovani (Arnoldo Mondadori editore) Les Dernières de la Mafia (Folio Actuel Inedit); Vivre avec terrorisme: le modèl italien (Calmann-Lèvy); La lunga marcia del Pci (Mursia). L’Italia l’ha narrata in libri che hanno lasciato il segno, e lo stesso dicasi per la Francia. E il parallelismo tra i due Paesi, tra le sinistre e non solo, fa da filo conduttore del colloquio con l’Unità.
La sinistra italiana vista dal versante francese. A lei la parola.
Nei giornali francesi si parla pochissimo dell’Italia in generale e ancora di meno della sinistra italiana. Si deve considerare che il Partito comunista italiano è sempre stato considerato in Francia un modello assoluto. Un modello di partito “rivoluzionario”, capace di gestire l’economia, le amministrazioni, le città. Un partito tollerante, democratico, che era comunista. E lo si è glorificato in un modo straordinario rispetto al Partito comunista francese, che era totalmente filosovietico, completamente autoritario e non evolutivo. Adesso il Pcf è precipitato, in una rovinosa caduta elettorale, all’1,7%. Quanto al Partito socialista francese, non è che se la passi molto meglio. È sotto l’8%. Con questa sinistra francese, che ha la torsione populista di Mélenchon come maggiore capacità attrattiva e nel suo leader l’assoluta star mediatica, che cosa può dire della situazione italiana la stampa francese? Quale lettura e attenzione può darle? Me lo chiedo spesso…
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E a quale conclusione è giunta?
Tutto sommato la vede in maniera positiva.
Perché?
L’Italia e la sinistra italiana sono sempre state vissute come un laboratorio. Il grande laboratorio europeo cominciava da lì. Sia per l’omologazione del Pci, sia per la lotta al terrorismo, per la lotta alla mafia… La sinistra italiana vista dai media francesi è una sinistra vivace, una sinistra che ha avuto il “coraggio” di eleggere una movimentista come capo del maggiore partito di questo fronte, una persona che non aveva una carriera nei quadri del partito, che non ne incarnava la storia. Tutto questo è stato visto come interessante. E’ stato visto come un atto di coraggio e come una porta aperta a dei cambiamenti. Non mi pare di aver letto recentemente delle cose legate a quella che sembra essere la crisi, o un accenno di crisi, della leadership di Schlein, una crisi che c’è, non è una invenzione dei media, ed è dovuta alle sue esitazioni a prendere posizione, all’incertezza di programmi, di alleanze, di comportamento politico. Detto questo, l’idea dominante, in Francia, resta positiva.
Se lei dovesse dare un consiglio a Elly Schlein, quale sarebbe?
I quadri del partito, in particolare quelli che vengono dalla tradizione Pci, sono dei gestori notevoli. Non credo che Elly Schlein possa andare avanti senza un accordo con loro. Un accordo alla luce del sole, che riconosca la loro storia, la loro capacità gestionale, la loro eredità politica. Non credo che possa andare avanti senza porre apertamente questo problema di “coabitazione”. Se un consiglio mi posso permettere di darle, è di aprire un grande confronto con il vecchio partito e poi di far sì che quello che lei porta di nuovo, che non è né ideologico né politico in senso tradizionale, lo presenti come un metodo di governo del partito e di rapporto con l’opinione pubblica. Come una responsabile della comunicazione, e con questo non intendo assolutamente una diminutio di ruolo, tutt’altro. Io credo che come comunicatrice Elly Schlein sia perfetta. Perché è una con una grande capacità reattiva, una vivacità, una scioltezza che non ha eguali nel Pd e nella sinistra italiana. Per il resto, bisognerebbe riparlare con quel mondo del vecchio partito.
Fin qui abbiamo ragionato su come in Francia ci si rapporta e si narra la sinistra italiana. Venendo invece ai rapporti tra Stati. Quella tra Emmanuel Macron e Giorgia Meloni è una “tregua armata” o cos’altro?
Io penso che ci siano nuovi problemi nei rapporti tra l’Italia e la Francia che sono legati alle competenze che mancano a chi oggi ha incarichi di governo in Italia, nei rapporti internazionali. Meloni sta imparando, ma la strada da fare è ancora lunga. Poi ci sono i problemi più profondi, antichi. Quello tra Francia e Italia non è mai stato un rapporto semplice. O per meglio dire: è semplice a livello economico, industriale, commerciale. La Francia è il primo investitore in Italia e l’Italia è il quinto investitore in Francia. A livello economico funziona più che bene. In un anno, c’è stato un incremento del 17% degli investimenti italiani in Francia. Sono cifre date nel dicembre 2022 dall’Ambasciata francese in Italia. Cifre ufficiali di fonte francese. Questo va benissimo, anche la cooperazione a livello turistico. C’è invece un vecchio problema legato ai mood dei due Paesi.
Vale a dire?
Al mood medio francese e al mood medio italiano. Quello francese è purtroppo una certa arroganza. Una certezza di essere i primi, i migliori, e di giudicare tutto il resto, tutto e tutti, con un’aria di sufficienza, protettrice un po’ divertita, un po’ distante e tanto sottovalutatrice. Da parte italiana c’è un complesso d’inferiorità, che è esattamente l’opposto della grandeur francese. Un complesso d’inferiorità che porta sempre a considerarsi secondi, terzi, mai primi, e pensare che gli altri fanno meglio. Questi due mood opposti hanno accompagnato da parecchio tempo i rapporti tra i due Paesi.
C’è un aspetto positivo da cogliere?
Direi proprio di sì. Ci sono personalità che hanno avuto dei rapporti straordinari nei due Paesi. Penso ai rapporti Mattarella-Macron e a quelli tra Macron e Draghi. Sono delle amicizie eccezionali, di altissimo livello. Io credo che Macron sia una figura da difendere, Mattarella e Draghi l’hanno capito. Se c’è un personaggio politico oggi in Europa che potrebbe essere il prossimo presidente eletto a suffragio universale dell’Europa unita, è Macron. Io non ne vedo un altro.
C’è ancora vita a sinistra?
Credo che i criteri storici siano saltati. Oggi si giudica un’aggregazione politica o uno schieramento su populismo o rappresentatività parlamentare; centralizzazione o autonomie; aiuti caritatevoli o riforme; senso dello Stato o elettoralismo… Insomma valori o difetti sparsi a destra come a sinistra. Cosa può permettere di costruire delle legittimità contrapposte con tanto di scelte concrete diverse che potrebbero delineare una nuova destra e una nuova sinistra?
È un libro aperto, ancora tutto da scrivere.
Per tornare in ultimo a Macron, all’Europa e alla guerra in Ucraina. Il presidente francese ha assunto posizioni “dialettiche” rispetto agli Stati Uniti.
Macron non considera gli Stati Uniti il modello assoluto delle democrazie. Lui è per una cooperazione, nella Nato e in altri organismi sovranazionali, ma non lo vedo stringere rapporti amicali con Biden, per non parlare di Trump, Forse con Obama il discorso sarebbe stato diverso. Quello che conta per Macron è il continente europeo, capace di esistere tra Stati Uniti e Cina, quest’ultima molto più della Russia. La sua è una concezione dell’Europa che non hanno tutti. Non credo l’abbia Meloni e lo stesso vale per Scholz. Una Europa autonoma.
Altro tema caldo, anche nelle relazioni Italia-Francia, è quello dei migranti.
Ci sono stati contrasti forti tra i due Paesi, legati in particolare a situazioni locali, Ventimiglia, Calais etc. Sui migranti, quello che è stato deciso qualche notte fa a livello europeo è un piccolissimo passo in avanti, che permette di immaginare una soluzione anche economica di gestione dei migranti. Ancora non si è superato Dublino, questo è chiaro. Ma un progresso è stato fatto nel senso di un riavvicinamento dell’Italia con la Francia e il resto dell’Europa. E questo è utile anche per Macron, e per quella che dovrebbe essere la guida dell’Europa che non può non essere franco-italo-tedesca. Non c’è altra possibilità, sennò vince Visegrad.