Le battaglie comuni

Quali sono le differenze tra comunisti e radicali: il filo rosso tra Berlinguer e Pannella per ricucire il presente

Editoriali - di Danilo Di Matteo

1 Giugno 2023 alle 17:00

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Quali sono le differenze tra comunisti e radicali: il filo rosso tra Berlinguer e Pannella per ricucire il presente

Piero Ignazi, nel libro I partiti in Italia dal 1945 al 2018, ricorda come il Psi e il Pci, lo esprimo con parole mie, somigliassero a quelle coppie destinate sino alla fine a condividere la vita, pur nella burrasca, pur da separati o da duellanti. E ora la morte di Roberto Cicciomessere, storico dirigente radicale, a cui molto deve, ad esempio, la mia generazione se, in alternativa alla leva militare, ha potuto optare, con l’obiezione di coscienza, per il servizio civile, ci pone dinanzi al rapporto inquieto e quanto mai problematico tra la “sinistra storica” del dopoguerra, il Pci in particolare, e il Partito radicale rifondato da Marco Pannella e da altri.

Tempo fa, in uno studio dedicato a Jacques Derrida, riprendevo il tema del perturbante, nella lettura originale e feconda di Freud: il perturbante come ciò che ci appare estraneo e non familiare, e che tuttavia risveglia qualcosa che è in noi, nascosto nel nostro cuore e nella nostra mente. Anzi, l’inquietudine che suscita è legata proprio al gioco, al contrasto tra un’estraneità apparente e la più profonda intimità; al risuonare di ciò che è distante e lontano con “l’estraneo” che è in noi. E, grazie al genio del pensatore franco-algerino, scorgevo qualcosa di simile, o di analogo, nell’attrazione che lega due o più persone (il battito del cuore dell’altro dentro di noi), o nelle decisioni che altri prendono, per certi versi, tramite noi, o persino nella fede, per chi crede, in un Dio, nello stesso tempo, “totalmente altro” e “presente” nella nostra interiorità.

Ecco, forse un legame del genere ha unito, e diviso, comunisti e radicali. Quei radicali percepiti e vissuti come profondamente diversi e distanti rispetto al nostro mondo, alla nostra tradizione, al nostro immaginario, al nostro linguaggio, eppure in grado di “smuovere” qualcosa in noi; di smuovere e di ridestare qualcosa nelle nostre coscienze e nel nostro impegno. E nelle coscienze e nell’impegno di tante altre e di tanti altri. Oggi tutti concordano nel considerare il referendum sul divorzio del 1974 una sorta di spartiacque: l’Italia “di prima” e quella “di dopo”. Un referendum, per paradossale che possa apparire, che ha unito, più che dividere: ha unito Berlinguer e Pannella, Nenni e Saragat, La Malfa e Malagodi, accanto ai cattolici liberali o democratici per il “no” all’abolizione.

Non solo; oggi, a distanza di tanti anni da quella stagione, temi come l’interruzione volontaria di gravidanza e l’autodeterminazione delle donne, il rispetto dei differenti orientamenti sessuali, lo sterminio per fame (legato ai flussi migratori), un ripensamento delle logiche proibizioniste e altri ancora sono costitutivi del Dna della “sinistra ufficiale”. Né regge troppo la dicotomia tra i “radicali buoni” dei diritti civili e quelli “cattivi” del “liberismo selvaggio”. Un esponente della sinistra come Pier Luigi Bersani, non a caso, ricorda spesso di essere stato tra gli artefici delle poche, vere liberalizzazioni avvenute nel nostro Paese. Non sono mancati errori e forzature, da parte nostra e da parte dei radicali (quando, ad esempio, evocavano la “riforma americana” della politica e della società); tuttavia dietro l’idea di un mercato davvero libero, ora lo sappiamo, non vi sono solo i “pescicani”, bensì anche coloro che, come Ernesto Rossi, lo invocavano contro “i padroni del vapore”. Insomma, per essere noi stessi dovremmo cercare di comprendere meglio l’azione e il pensiero di persone come Cicciomessere.

1 Giugno 2023

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