Parla Juan Matias Gil di Msf

“Tutti i giorni stragi come a Cutro, col decreto Piantedosi l’Italia ci impedisce di soccorrere i migranti”

"Ogni volta che uscivamo in mare salvavamo in media 268 persone, da quando vige il decreto Piantedosi, da gennaio, ne abbiamo salvate 167, Le altre sono in fondo al mare o di nuovo nei lager libici. Ecco come l'Italia ci impedisce di soccorrere i profughi"

Interviste - di Angela Nocioni

24 Maggio 2023 alle 15:48

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“Tutti i giorni stragi come a Cutro, col decreto Piantedosi l’Italia ci impedisce di soccorrere i migranti”

Parla Juan Matias Gil, Capomissione di Medici Senza Frontiere 

Durante la sua audizione sul naufragio di Cutro in Commissione parlamentare al Parlamento europeo ha detto che da quando è entrato in vigore il decreto Piantedosi voi fate il 40% dei salvataggi in meno, ci spiega per favore come fa questo calcolo?

“Una norma di quel decreto in vigore dal 3 gennaio obbliga le navi del soccorso civile in mare ad andare a tutta velocità in porto appena fatto un salvataggio. Appena soccorsa una prima barca, non possiamo fermarci in mare a soccorrere altri barchini alla deriva. Questo ci fa perdere moltissimo tempo e ci toglie dalle zone dei soccorsi per giorni. Non si può rimanere in zona dopo aver tirato via dalle onde i naufraghi e aver prestato i primi soccorsi. Non si può soccorrere una seconda barca alla deriva. Le navi delle ong sono solitamente navi grandi, ci possono stare in sicurezza molte persone. Su una nave come la Geo Barents, su cui lavora Medici senza frontiere, possiamo stare in tanti. Abbiamo avuto in situazioni di emergenza più di 600 persone a bordo. Ora, dobbiamo dirigerci rapidamente in porto anche con la barca quasi vuota sennò contravveniamo alla legge. Venerdì scorso per esempio abbiamo soccorso dei naufraghi e li abbiamo portati alla svelta al porto di Brindisi, abbiamo navigato con 26 persone. Siccome spesso le partenze sono a sciame, è altamente probabile che nelle ore successive o il giorno dopo quel soccorso, in quello stesso specchio d’acqua siano arrivate altre persone e si siano trovate in avaria. Non essendoci né noi né altre barche non saranno state salvate. Se intercettate dalla guardia costiera libica, saranno finite nei lager libici. Se alla deriva saranno affondate.

Quali norme del decreto Piantedosi impediscono i salvataggi e come concretamente vi ostacolano?

“Il divieto di fare salvataggi plurimi è un enorme ostacolo. Una norma molto vaga ci obbliga a fornire tutte le informazioni che aiutino a ricostruire l’operazione di salvataggio compiuto. Richiesta tanto ampia quanto imprecisa. Non specifica con esattezza quali informazioni sono richieste, non dice con esattezza cosa siamo obbligati a dare. Abbiamo sempre fornito un report molto dettagliato dopo una operazione di salvataggio in mare. Con tutti i dati sulle vulnerabilità dei naufraghi a bordo, informazioni di qualsiasi tipo possano essere utili. A febbraio ci hanno chiesto a noi della Geo Barents la consegna della scatola nera, il Vdr, che esiste nelle navi come negli aerei. Le convenzioni internazionali prevedono che la scatola nera vada consegnata soltanto in caso di sinistro marittimo, cioè incidente in mare. Il salvataggio di naufraghi non è con ogni evidenza un incidente marittimo, non è un incidente! In ogni caso, da nessuna parte è classificato come tale e quindi non abbiamo consegnato la scatola nera. Ci siamo rifiutati. Risultato: 20 giorni di fermo della nave e 5mila euro di multa. Queste norme sono un modo di ostacolare con impedimenti amministrativi i salvataggi”.

Come funziona ora l’assegnazione del porto di sbarco?

Con naufraghi a bordo il porto di sbarco dovrebbe essere il porto sicuro più vicino. Ma per sbarcare bisogna chiedere l’autorizzazione. Ci assegnano porti di sbarco sempre più spesso molto lontani, al nord. Ultimamente due volte a La Spezia, due volte a Ancona. Questo vuol dire giorni in più di navigazione e tempo sottratto alle operazioni di soccorso. Così ci allontanano dalle zone di soccorso per molto tempo. Quattro cinque giorni per andare al porto assegnato, quattro cinque giorni a tornare: se sbarcassimo i naufraghi in un porto vicino torneremmo subito lungo le rotte ipotetiche dove sono più frequenti i naufragi. In quei 10 giorni di navigazione ci tolgono dalle attività di salvataggio”.

Al Parlamento europeo in mattinata quando le hanno chiesto di Cutro lei ha detto: non si tratta di un incidente singolo, è una costante negli anni.

“Dal 2014 sono morte in mare sulle rotte dei migranti verso l’Europa 25mila persone, sono dati della agenzia Onu sull’immigrazione, l’Oim. A Cutro sono naufragate tante persone, quasi tutti bambini, un orrore. Ma ve ne siete accorti voi italiani solo perché vi sono naufragati davanti alla riva calabrese. Migliaia di altre persone morte in altri orrori meritano la stessa rabbia. Non è un caso isolato Cutro, è la chiara conseguenza di una politica migratoria che gli stati membri della Unione europea hanno adottato, l’Italia in prima fila”.

Ha chiesto la collaborazione di Frontex. Frontex è un agenzia europea che pattuglia i confini dal cielo, fa operazioni di polizia. Cosa chiede che faccia concretamente Frontex?

“Frontex pattuglia il Mediterraneo centrale con grande dispiego di mezzi, con aerei ben equipaggiati e con droni. Invia informazioni soltanto ai centri di coordinazione marittimo di Italia – quindi alla guardia costiera – Malta e Libia. Non dà segnalazioni a barche che stanno vicine al barchino che vede prossima al naufragio e che potrebbero intervenire subito. Frontex non dà informazioni né a noi né a altre barche commerciali. Si affidano alla triangolazione. Così si perde tempo, il tempo è fondamentale in mare per un soccorso Non ci considerano un soggetto attivo e così concretamente consegnano quasi sempre i naufraghi direttamente ai libici. Ai lager libici”.

Come si comportano di solito le navi commerciali? Operano solo se chiamate e quindi obbligate dal centro della guardia costiera? Oppure le risulta si diano autonomamente da fare al di là degli obblighi?

Tutti quelli che navigano in qualsiasi mare del mondo lo fanno sotto la norma che obbliga a prestare assistenza a natanti in pericolo. I capitani delle navi commerciali devono soccorrere i naufraghi e lo fanno. Non per scelta, per obbligo. Il problema è che solo qualcuno di quei capitani è al corrente di quel che succede in Libia, sa cosa accade ai migranti che il centro coordinamento soccorsi gli dice di consegnare alla guardia costiera libica, sa che poi finiscono in lager dove verranno torturati e subiranno sevizie di ogni tipo. Altri no, o non lo sanno o non se ne preoccupano: compiono il salvataggio comandato e li mollano ai libici. Ha visto casi di capitani francesi o di barche battenti bandiera francese, che si sono rifiutati di mollare naufraghi ai libici e hanno sbarcato naufraghi in Francia. Ricordo un caso di una nave commerciale che aveva salvato 23 persone, tra le quali alcuni siriani, quindi profughi con diritto di asilo fuori discussione, e che le ha fatte sbarcare in Egitto perché questo gli aveva ordinato di fare Malta, è successo il 26 settembre scorso”.

I maltesi come si comportano?

“Le acque internazionali sono divise in zone in cui gli stati costieri devono intervenire in casi di emergenza. La guardia costiera italiana interviene nella zona di soccorso marittimo di competenza italiana. La maltese no. Dovrebbe fare lo stesso nella sua, ma non lo fa. Omette di prestare assistenza. Non coordinano i salvataggi, non rispondono alle chiamate, oppure fingono di non considerare le imbarcazioni in pericolo anche quando sono chiaramente alla deriva. La Libia, neanche a parlarne. Tunisi non è un porto sicuro. Consegnare naufraghi ai turchi non si può perché la legge internazionale prevede che un profugo possa chiedere di essere considerato tale, possa chiedere protezione internazionale. Un luogo che non gli dà questa possibilità non è un porto sicuro. Se porti un naufrago a Tunisi i suoi diritti sono violati e la colpa è tua che ce lo porti.

Cos’è successo in Commissione a Bruxelles, il presidente è intervenuto per contenere l’eurodeputata italiana Alessandra Mussolini di Forza Italia che le gridava di “voler fare un processo all’Italia” e strillava ai colleghi “Calma, isterici”?

“Io parlavo di dati, testimoniavo quello che succede in mare. Le piaccia o no, parliamo di fatti non di opinioni. Sarebbe un atto di responsabilità dovuta per i deputati informarsi di quel che accade nel Mediterraneo, di quante persone ci muoiono dentro. Informarsi prima, poi fare considerare libere posizioni politiche. Ci sono persone che rischiano la loro vita e i rappresentanti dei popoli europei dovrebbero fare lo sforzo di mettersi all’altezza della situazione. In generale tra deputati europei ho notato mancanza di informazione, mancanza di sensibilità e mancanza di comprensione di un fenomeno complesso che non si può risolvere con una rispostina facile. La risposta sensata sarebbe un’operazione come fu la Mare nostrum, una operazione di ricerca e soccorso europea con il mandato di salvare naufraghi”.

Chi paga Geo Barents?

“La nave Geo Barents è usata da Msf, Msf è finanziata al 98% finanziata da donazioni privati, ha 6 milioni di donatori nel mondo, questi soldi ricevuti da donatori ci permettono di agire in totale indipendenza. Msf valuta dove stanno le emergenza e decide come comportarsi di conseguenza. Ora l’emergenza è in mare e lì andiamo. Nessuno ci pone condizioni”.

Quante persone ipotizza siano morte in mare da quando le navi delle ong sono sottoposte al decreto Piantedosi?

“Non ipotizzo, la Oim, l’agenzia dell’Onu, Onu, parla di almeno 1.100 persone, una media di 7, 8 persone al giorno. Consideriamo solo il nostro caso: ogni volta che andavamo in missione salvavamo una media di 268 persone. Da gennaio a oggi, da quando vige il decreto Piantedosi, ne abbiamo salvate 167. Le altre sono in fondo al mare”.

24 Maggio 2023

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