Parla l'ex n.1 di Legambiente
“Assurdo negare il cambiamento climatico: sull’ambiente la politica latita e il governo butta 14 miliardi per il Ponte”, l’accusa di Realacci
Cronaca - di Giulio Seminara
Mentre in Emilia Romagna i fiumi continuano a esondare e il numero delle vittime aumenta, tutto il Paese si interroga sull’alluvione e più in generale sulle politiche ambientali. Ne abbiamo parlato con Ermete Realacci, già leader di Legambiente e parlamentare del Partito Democratico, primo firmatario della legge sugli ecoreati, attualmente presidente di Symbola, Fondazione per le qualità italiane. Da sempre una sorta di grillo parlante nelI’Italia che trascura le politiche green.
Presidente, cosa c’è dietro l’alluvione in Emilia Romagna?
C’è stato un combinato disposto tra un evento climatico estremo e una gestione del territorio spesso trascurata. Questa vicenda ci fa capire che bisogna cambiare rotta, anche se di solito in Italia il problema viene affrontato solo durante l’emergenza per poi essere essere rimosso fino al prossimo trauma. Ma adesso l’intensificarsi di questi eventi drammatici richiede una risposta diversa sia sul fronte dell’emergenza climatica sia sul fronte della gestione del territorio.
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Secondo Bonaccini in pochi giorni in alcune parti della Romagna è precipitata l’acqua di un anno intero. Cosa sta succedendo?
I fenomeni climatici estremi si stanno moltiplicando ed è assurdo che qualcuno lo neghi, purtroppo con un sistema dell’informazione che sovraespone le piccolissime minoranze della comunità scientifica. Bisognerebbe fare una gerarchia perché le fake news esistono davvero. Ma come si fa a negare che i ghiacciai stanno arretrando? Anche un ragazzino delle elementari se ne accorge.
Siamo quindi in piena crisi climatica?
Ci sono in atto diversi mutamenti climatici, portatori di fenomeni meteorologici estremi. Lo sanno bene le società assicurative, impegnatissime nello studio del cambiamento climatico a causa del sistema dei premi. D’altronde non c’è stata solo la tragedia dell’Emilia in questi anni, bisogna attrezzarsi a nuovi livelli di piovosità.
Ha ragione chi dice che in Emilia Romagna si è costruito troppo?
Quello che si è detto in questi giorni è tutto vero ma riguarda l’intero Paese: abbiamo fatto un consumo del suolo sregolato, non stiamo facendo abbastanza per ridurre le emissioni e non siamo capaci di spendere i soldi disponibili per la sua manutenzione.
A proposito, pare che ci siano svariati miliardi dedicati al rischio idrogeologico del tutto inutilizzati. Come è possibile?
Se si devono cambiare regole lo si faccia. Il punto è che purtroppo la cura dell’ambiente non è stata una priorità della politica, perché si pensava che la manutenzione ordinaria non portasse voti. Ma adesso è un’urgenza, le stesse amministrazioni devono intervenire sui territori non curati e che vanno gestiti in modo diverso, ad esempio realizzando bacini e passaggi per difendere la nostra agricoltura dalla siccità o recuperando le aree già cementificate. Ne va anche della nostra economia.
In quale modo la scelta sull’ambiente impatta sul nostro sistema economico?
La scelta di impegnarsi maggiormente per il clima e per l’ambiente è molto conveniente in termini economici. Investire sul fotovoltaico e sull’eolico, quindi sull’economia green, genera profitti, lo dicono i tanti report che abbiamo fatto. C’è voluta la guerra in Ucraina e l’annessa crisi energetica per capire che se avessimo investito nelle rinnovabili saremmo stati un Paese più forte e più libero. Si tratta infatti di un’economia lungimirante.
Ha quindi ragione l’Europa con la sua agenda green?
Sì, fa bene l’Unione a chiederci coesione, transizione verde e digitale. E dietro non c’è la volontà di vincere il premio della bontà ma l’interesse economico per un’Europa forte grazie all’innovazione. Lo sanno bene i tedeschi che all’inizio del millennio avevano appena il 5% di energia proveniente da fonti rinnovabili e adesso sono sopra il 50% e puntano ad arrivare al 100% entro il 2035. Ma pensiamo anche all’Olanda, più piccola di Sicilia e Calabria, che installa ogni anno il quadruplo degli impianti fotovoltaici dell’Italia intera. Questo deficit non possiamo permettercelo se vogliamo essere un’economia competitiva e l’attuale cambiamento climatico può essere una leva per accelerare questo processo.
Ma l’Italia è pronta per questa svolta?
Le imprese italiane sì, la politica meno perché questi temi non sono mai stati centrali nel dibattito tra i partiti. D’altronde c’è chi fa battute con l’Emilia-Romagna e il Milan.
Parla del vicepremier e ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini, secondo il quale una responsabilità del disastro emiliano è anche di chi “ha sempre detto no”. Ma a cosa si riferiva?
Non lo so ma questo è uno slogan. Inoltre uno che vuole spendere 14 miliardi di euro per il ponte sullo Stretto dovrebbe solo tacere. Tuttavia la campana suona per tutti: nessuno è esente da responsabilità su questo tema. Penso ad esempio alla coalizione costituita in Puglia da Michele Emiliano, alcuni ambientalisti, i Cinquestelle e una parte della magistratura che ha fermato la lotta alla Xylella, provocando la morte di milioni di alberi. Alcuni magistrati hanno persino mandato avvisi di garanzia ai ricercati del Cnr impegnati in quella lotta al batterio. Questi fenomeni vanno combattuti.
Come i negazionisti sul clima?
Sono persone ostili alla scienza come i no-vax, hanno molto in comune.
Ci sono negazionisti del clima in questo governo?
Bah, è un fritto misto dove ci sono pure ambientalisti. Più che altro a destra e non solo c’è la tendenza a cavarsela alla giornata trovando il nemico di turno, e in passato era spesso l’Europa, anziché assumersi le proprie responsabilità. Alla Meloni direi che chi vuole bene all’Italia punta a tenerla unita e a valorizzare i suoi lati migliori. Ma neanche i governi precedenti sono stati molto efficaci nella politica ambientale, che poi è la partita della vita.
Crede che l’avvento alla segreteria di Elly Schlein possa dare nuovo impulso all’agenda ambientalista del Pd?
Vorrei che il tema ambientale non fosse solo uno slogan ma la chiave per costruire un’economia più forte e radicata. E lei un programma di questo tipo ancora non ce l’ha. Faccio un esempio pratico: l’Enel sta costruendo a Catania il più grande impianto per la realizzazione di pannelli fotovoltaici d’Europa, capace di produrne da solo tanti quanti ne produrranno tutti gli altri paesi europei messi insieme. E la prima leader a capire l’importanza di questa struttura e a visitarla è stata Ursula von der Leyen, non un politico italiano. Io da esponente del Pd ci sarei andato.
La vedo critico sulla nostra classe politica.
Il problema è che la nostra classe politica non vede le capacità dell’Italia e le sue possibilità con l’economia green, anche quando si muovono pezzi hard della nostro apparato industriale.
Come mai un pezzo di opinione pubblica avversa la transizione ecologica temendo un boomerang economico secondo lei?
È un problema di percezione, in un Paese stanco e vecchio, abituato a valorizzare più i suoi difetti che le cose positive. Sul punto dico solo che un rapporto realizzato dalla nostra fondazione rivela che negli ultimi 5 anni più del 40% delle imprese manifatturiere italiane ha investito nell’economia green. E queste sono le imprese che innovano di più, esportano di più e danno più posti di lavoro. Non lo fanno per una sensibilità ambientalistica ma perché conviene.